La Difesa ddella Razza - anno II - n. 1 - 5 novembre 1938

a. loua contro i emiti si alza e si alzerà presto a motivi ben più alti di quelli del semplice odio e della semplice polizia politica, per assurgere a una vasta visione nuova, in cui due mondi sembreranno in tutta la loro vastità muoversi l'un contro l'altro, e due destini cozzarsi a sommo dei cieli. Solo allora sarà dato misurare tutta la grandezza della rinnovata idea della razza. Chè i semiti - questo mondo fantastico dell'oriente caldo, macabro ed ignoto che verso l'èra cristiana si affacci-ava per la prima volta alla soglia del mondo romano, e lo avvolgeva nei suoi cla.ngori e nelle sue miserie - sono un destino scritto forse da più di 4 millenni sotto la volta azzurra dei cieli mediterranei: e gli ariani - i romani e gli alleni - ono un altro destino : nè contro questo destino valgono le ondate assimila.trici, i tenta• tivi confusionari della moderna cultura, ove gli spiriti di tutti i popoli paiono fondere ciascuno tuUe le loro possibilità. All'origine occorre tornare, a quell'origine in cui i rom.ani, fedeli anpora alla pura voce ancestrale della loro terra, furono soltanto romani: e i greci furono soltanto greci; elleni dall'armoniosa mi,.suradella salute suprema del loro sangue incorrotto. All'origine il contrapposto è di un'evi.denza solare. Noi invitiamo tutti coloro che vogliono rendersi veramente conto della sostanza intima del problema ariano ed ebraico a non fermarsi ai sentimenti e ai risentimenti d'oggi. Ma a riprendere in mano le voci sacre della nostra gente, e confrontarle con le voci che una gente, straniera a noi del tutto per la dimensione stessa del suo sentire il divino e l'umarw, riuscì. a imporre al mondo come voce in assoluto divina. Prendete quei testi, che solo una malvagia bestemmia potè insegnare a con,.siderareprofani e quasi perversi, mentre in essi s'aduna quanto di divino seppe sognare sotto il gran sole mediterraneo la. stirpe dei nostri avi, e forse quanto di più dfoino 12 lA 4lì,1EN mai. si sognò in questo- terrestre angolo dell'universo: i nostri classici: Omero, Pindaro Virgilio, i tragici Greci. E prendete i testi acri d'Israele: la Bibbia antica, il Talmud, lo Zohar. olo ritornando a queste sacre origini della nostra e dell'altrui gente si può individuare il fuoco che cova sotto le ceneri nostre ed altrui. E quando avrete ripreso in mano questi testi antichi, e li avrete confrontati, l'abisso incolmabile vi si farà chiaro alla vista. I classici latini e greci hanno il divino dono dell'equilibrio interiore, che è come un perenne armonioso accordo con tutta l'armonia essen=iale dell'universo. La parola e il canto hanno un giro solenne e sereno, che non altro è ch,e armonia d'amore con tutti i mondi. Quegli uomini canta.van la propria pienezza, perchè erano in perfetto accordo con la natura propria, quasi gli elementi dei l<>rostessi organismi consi,.stesseroin perf eua armonia; quella consonanza armoni.ca dei loro corpi divini, che traeva dalla sete di vita ,:organale armonia cosmica delle membra, il divino canone. Tale fu l'anelito primordiale ariano. Una divina consuonanza e niente più. Tu,tto aveva valore, perchè era in questo equilibrio sereno dei mondi. C'è nell'olimpica tra cenden=a del comportamento antico rom.anodavanti a vincit,ori e a vinti, come nella giustizia romana, come nel canone architeUonico, quella solare sublimità, assorta nella divina armonia d:. Posidone e di Urania, onde alla fronte olimpia del guerriero dominatore si scoperchia in sorriso quanto di sole e di radiante energia ha la vita dell'universo. Nel classico ariano v'è questa consuonanza con la vita dei mondi; quella vera innocenza primordiale (propria degli animali e degli uomini non toa,chi da rotture interne) portata ai sublimi apogei, che è poi il segreto della perduta serenità classica. Prendete invece i testi ebraici: aprite; e al primo momento resterete colpiti da tanta fantasia in cui si scoperchiano cieli e abissi, si mu-0vono le nuvole, cadono la luna e le stelle, tremano le montagne e i mari, si piegano gli arcobaleni: tanto che vi pare che questa sia la pw. sublime ed alta poesia degli umani, e la più cosmica e potente: ma poi vi accorgete subito che questi moti.vi si ripetono continuamente, senza collegamenti logici, senza complessi sint,aUici, sen=a intimo bisogno, wme una serie rotolante di immagini a fondo perduto, che si susseguono se,i=a essenziale collegamento al giro logico delle idee. E allora vi avvedete che tutta questa fantasia assomiglia essen=ialmente al delirio febbrile: è un delirio di ùnmagini che circolano sen=a intima architettonil:a, a volo l'una dietro l'altra, e non hanno dimensione e non hanno spazio e non. hanrw confine: per cui, mentre vi pare di essere in una magnifica febbre, non acchiap• pate di fatto nulla, perchè tuuo vi sfugge in una confinatez=a informe ed essenzialmente vuota e melanconica. C'è molta triste=za e quasi spiritismo funereo nella disorganica visione del mondo del semita. Le sue immagini ,wn hanno corpo, e l'unica loro definitezza è il numero, enlità astratta di cui si fa gran sfoggio, ma con cui non ci si libera dal vuoto. Popolo perciò in.capace di qualsia,.siarte, ossia di dar corpo vero a immagini vive. Popolo astratto, debole nella sua forza creativa, che vive, di fronte all'ariano, in un perenne staro labile di allucinazione piatta, o di piattezza sen:::aallucinazione, essenzialmente incapace di amare gli organismi vivi, e di concepire organicamente l'universo. Questo popolo in tutta la sua storia si può dire che non !tct un eroe.

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