La Difesa della Razza - anno I - n.6 - 20 ottobre 1938

a separazione del popolo italiano da- ~ i ebrei avrà le sue conseguenze nel1'arle. L'influenza d'Israele vi si è fatta sentire fin da quando il movimento europeista, incanalato per la prima volta ne e La Voce>, distrusse ciò che ancora ri· maneva presso di noi d'una coscienza nazionale in questo campo. Prima vi era una nostra parziale dipendenza dalla Francia; poi neppure questa è bastala. Si è raggiunto così il maggiore disorientamento mai avuto. E' staio il contrapposto della situazione-di quattro secoli prima. Allora la preminenza durava perchè il nostro popolo, più dotato come razza, aveva saputo tenere questa attività rigorosamente distinta. ... Ecco quanto poteva dire Michelangelo, nei dialoghi di Francesco d'Olanda: e Le open che si fanno in Italia sono quasi le sole che possiamo chiamare pitture. E' per questo che chiamiamo ila· liana la buona pittura; e se in un'altra 54 BiblotecaGino Bianco I terra si facesse l'uguale, le daremmo il nome di quella terra o provincia. Non v'ha nulla di più nobile e di più devoto della buona pittura perchè ·nulla evoca e sussiste in egual modo la devozione negli spiriti elevati come la difficoltà della perfezione, e l'unisce a Dio; perchè una buona pittura non è altra cosa se non una copia della perfezione di Dio, ed una rimembranza della pittura divina; una musica ed una melodia che solo l'intelletto può percepire non senza diflicol· tà. E questa pittura è così vera, che po• rhissimi giungono ad eseguirla e a raggiungerla >. e E dico di più (e chi ciò noterà lo terrà in gran conto) che di tutti i paesi che il sole e la terra illuminano, non si può dipingere bene che in Italia. Ed è cosa quasi impossibile far bene se non qui, ci fossero pure nelle altre contrade migliori ingegni che dei nostri, se ve ne possono esistere; e questo per le ragioni che vi dirò >. e Pnndete un grande pittore di un'altra nazione, ditegli di dipingere quello l'he gli aggrada o delle cose di cui non AJRl'J E DJEFOR~ _" ... l'internaz i on a I i s mo ', d ' I s r a e I e " IL GRAN CONSIGLIO si possa parlar male, come Santi e Pro• feti. Ciò che più gli piace e che sa fur meglio, lo faccia; prendete poi un cat• tivo scolaro italiano e chiedetegli di trac· ciare uno schizzo, o di dipingere ciò che volete, e lo faccia. Troverete, se ve ne intenderete, che lo schizzo di quell'allievo ha più sostanza in quanto ad arte che il òipinto del maestro, e quel ch'ei avrà cercato di fare varrà più di quel che l'altro avrà fatto >. e Domandate poi ad un grande maestro che non sia italiano, che per ingan· nare me o Francesco d'Olanda cerchi di contraffare o d'imitare un'opera, che sembri italiana, e se non può essere dcli~ migliori, sia mediocre o cattiva: ed io vi certifico che sull'i!ltante si riconoscerà che quell'opera non fu fatta in ltaliu. nì: da mano italiana>. e Così affermo che nessuna nazione nè gente potrà appropriarsi od imitare il modo di dipingere italiano, che sùbito non sia riconosciuto per straniero, qua• lunque sforzo e lavoro abbia fatto>. e E se per miracolo alcun d'essi riuscisse a dipingere bene, lutto l'iò che si . potrebbe rlire, anche se non imitasse l'l· talia, sarebbe soltanto che dipinge come un Italiano >. e Così che non si chiama italiano qua• lunque pittura fatta in Italia, ma qua· lunque pittura buona e artistica; e giacchè in Italia si fanno le buone opere di _pittura più rispettosamente e maestrevolmenle che in qualunque altro paese, noi chiamiamo italiana la buona pittura; la quale, pur se si facesse in Fiandra od in lspagna (che più a noi s'accosta) a con· dizioni che sia buona, sarà pittura ila•

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==