La Difesa della Razza - anno I - n.5 - 5 ottobre 1938

Dal Le Continuiamo lo spoglio de) Talmud iniziato nel numero scorso di questa rivista. L'ebreo è creatura privilegiata, un giorno H mondo dovrà soggiacergU. Ciò a palio che egli resli fedele alla Legge. Lo studio della Legge sarà la sua occupazione preferita e necessario, dalla quale non dovrà esser distratto per nessuna ragione. Perciò nel frattempo le sue terre saranno coltivale dallo straniero: e Il rabl,ino Simon ben Yoèhoi dice: Se l'uomo lavora lo lerra al tempo della coltura, se sparge le sementi ol lempo della semina, se raccoglie al momento della mie. tituru, se poi batte i covoni e. H vaglia al momento propizio, che cosa ne sarà della Legge? (Quando IToverà egli il tempo per consacrarsi allo studio della Legge?) Bisogna dunque spiegare il versetto: Tu rientrerai il tuo grano, dicendo che, se Israele adempie la volontà di Dio, il la\'oro dei campi sarà fatto da altri, come è dello (Isaia, LXI, 5): Cli stranieri saranno là e faranno pascolare le tue greggi, ecc.> (Talmud di Babilonia, irat. Berakhoth IV, fgl. 35-h) E nel Talmud di Gerusalemme (Trat. Berakhoth I, 5) è riferita questa opinione dello stesso rabbino: « Se io mi fossi irovato sul Sinai al momento in cui la Legge !u data ad Israele, avrei domandato a Dio di dare all'uomo due bocche, una per ripetere la Legge, l'altra per parlare de1<li affari ordinari>. ibloteca Gino Bianco Ancora µiù esplicito t! al riguardo iJ trattato Jebamoth f. 63, in cui si legge: e Non c'è peggior· mestiere che quello dell'agricoltore. Se voi avete cento pezzi d'argento in commercio, potete tutti i giorni mangiar carne e bere vino; ma se impiegate i vostri cento pezzi nell'agricoltura, 11011 mangerete che sale ed erba >. Al disprezzo per l'agdcoltura, si aggiunge presso l'ebreo il piacere di sapersi nutrilo da altri: e Diceva il rabbino Ben-Zoma: Quante pene ha dovuto darsi l'uomo prima dj arrivare a mangiare un pezzo di pane! Egli ha dovuto la\·orare Jn terra, seminarla, estirpare le cattive erbe, scavare i fossi per raccogliere la pioggia, mietere il grano, ammassarlo in CO\'Oni,batterlo, vagliarlo, abburattarlo, macinarlo, farlo di.ssec• care, impastarlo mescolandolo coll'acqua, cuocerlo e :k>lo allora mangiarlo; mentre io, appena le,·ato la mattina, io trovo tutto ciò già pronto> (Talm. di Cerus., trat. Berakhoth, IX, 2). Non solo la rau.a dei cristiani (i pelleros.,a), e dei pagani in genere, è maledena da hraelc, ma tutte le altre, che vengono accomunate con ,gli storpi, i gobbi ed i lebbrosi: e Alla visla di un negro, di un pelle-rossa, di un individuo della razza gialla, di un gobbo o di un nano, si dice: Sia benedetlo Colui che cambia le creature. AlJa vista di uno storpio, di un cieco, di un lehliroso, si dice: Sia benedetlo il giudice giusto. Questo regola, tuttavia, non si applica che agli indiviJui ben portanti e dive• nuli deformi in conseguenza di un accidente. Ma a quelli che sono tali dolla nascita, si dice: Sia benedelto colui che deforma le creature>. (lbid. lrat. Berakho1h IX, 2). E ancora, nel Talmud di B,bilonia, trai. Berakhoth, III, I. 25-li: e In presenza di uno stra• niero nudo, insegna il rabbino Giuda, è vietato di recilare le preghiere. Non è come nei riguardi di un israelita?, gli fu domandato. No, perchè per quest'ultimo non c'è bisogno di dirlo, mentre che per lo slraniero, di cui è detto: La loro carne è come quella degli asini, (Ezech., XXIll, 20) si potrebbe concludere che la loro nudilà non essendo più considerabile che quella di una bestia, non dovrebbe dar luogo al divieto. Per• ciò bisogna avvertirlo espressamente, e dire che anche la loro nudità è interdetla >. Anche la vista degli idoli, cioè delle statue pagane, è interdelta. Tutlavia la Misna fa una reslrizione a quesla regola generale, specificando che sono inlerdetti soltanto gl'idoli che banno in mano un bastone, un uccello o una sfera. E la Chemara di Gerusalemme (Trai. Ahoda zara, III, 1) così ne spiega la ragione: e Il bastone è il segno della dominazione sul mondo. L'uccello è un segno importante, secondo il versetto (Isaia, X. 14): la polenza de; popoli fu al mio valore 15

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