La Difesa della Razza - anno I - n.4 - 20 settembre 1938

so I C.LI Tra gli ebrei che avevano gridato < aeò ~ pe: secoli nelle vie di Trastevere e del Ghetto, e il popolo di Roma, non correva buon sangue nel secolo scorso come non corre buon sangue oggi, del resto. Lasciamo da parte gli anni in cui a Roma erano alte al sole le insegne dell'Impero (e basterebbe ricordare le espressioni di Marziale al riguardo) e lasciamo da parte il < teterrima gens > e quel che dice Orazio per restare agli anni più prossimi a noi, quando nella Roma dei Papi, la satira era largamente praticata a spese di un vecchio tronco marmoreo di quella statua, diventata celebre in tutto il mondo: "Pasquino" . .. .. .. Al popolo romano, non era andato a genio il decreto del generale francese repubblicano Gouvion Sain t-Cyr del 9 luglio 1798 che parificava gli ebrei a tutti gli altri cittadini. I " Romani de Roma " si sentivano troppo "quiriti" alla fine del settecento per ammettere che " li giudei " fossero come loro e se le armi repubblicane francesi tenevano a posto, sia pure a malapena i malumori dei Romani scomparsi i berretti frigi, il Papa una delle prime cose che dovette fare, fu di rimettere le cose a posto. E questo Papa era quel Papa Chiaramonti, quel Pio VII che aveva a fianco uno dei più abili e intelligenti ministri della Chiesa, il Cardinale C.onzalvi, e che in luogo di far tabula rasa di quel che la Rivoluzione francese aveva dato al popolo, era del parere che si dovesse distinguere tra il buono e il cattivo, e che non si dovesse fare un fascio solo di tutto, ma che adagio e con giudizio si dovessero correggere le disposizioni troppo avanzate, modificare quelle non ammissibili con la dignità del Sovrano Pontefice, revocando radicalmente solo poche disposizioni. Tra queste poche disposizioni ci fu quella che pareggiava agli altri cittadini gli ebrei. Del resto una legge che rimettesse in Gh€:tto gli ebrei e li separasse dai non ebrei, da tempo il popolo romano l'aveva chiesta, attraverso quel sincero portavoce che era Pasquino. S'era trovata infatti al tronco informe di mastro Pasquino appesa questa scritta: Santo Padre e pastor benigno e pio E' legge antica più del CuloBBeo Che porti lo sciamanno ogni giudio E strilli sempre per le strade: "Aeo ". Se questo è vero Santo Padre mio E' tutto er ghetto diventato reo Perchè credete in verità 'di Dio Ch'è già sparito lo sciamanno ebreo. Bisogna pe' questo castigalli un poco Acciò l'om.ini tengan su il funghetto E le donne sul collo in altro loco. Che se mai non lo portin per dispetto Abbasta che voi dite " date logo " t: noi faremo er focaraccio in ghetto. BibliotecaGino Bianco Passarono anni tristi per Roma, che vide partire prigioniero il Papa, e lieti per il ritorno, sino a che venuto nel 1823 a n'1orte Papa Chiaramonti, il conclave elesse papa il Cardinale della Genga il quale pur tra i primi atti del suo Pontificato improntato alla più assoluta reazione verso ciò che ricordasse i tempi repubblicani o napoleonici, mostrò una eccessiva condiscendenza verso gli ebrei. consentendo tra l'altro ad essi di allargare il Ghetto, incorporando varie case attigue, di proprietà dei cristiani. Il Papa in quel tempo aveva anche disposto, per evitare le frequenti risse nelle o~terie, che il vino fosse venduto dall'oste al cliente che sostava per la strada e per questo fine mise ad ogni porta di osteria un basso cancelletto, cosi basso da consentire il passaggio dei bicchieri e dei boccali dal- !'oste al cliente. Allargare il ghetto e chiudere le osterie, due cose che i Romani non poterono mandar giù e Pasquino anche questa volta fu il portavoce del risentimento popolare. La soli!~ ignota mano vergò questo stornelle che fece il giro di tutta Roma: " Fior di mughetto " Papa Leone è diventato matto " Ha chiuso le osterie e allarga il ghetto. Pasquino parla ancora, in occasione della inaugurazione della nuova porta dell'ampliato Ghetto avvenuta nel 1825 proponendo questa epigrafe: < Ad haebreorum utilitatem et ad detrimentum Christianorum Leo XIII a fundamentis erexit " (A vantaggio degli ebrei ·e a svantaggio dei Cristiani, Leone XII eresse dalle fondamenta). E la satira continua ad imperversare contro Papa Leone che' sol per gli ebrei dimostrava una certa tenerezza. Acce·mando alla pena del cavalletto inflitta, con estremo rigore, ai disturbatori di pubblici spettacoli, nonchè alla malferma salute del Pontefice, ecco questi versi di Marforio, diretti a Pasquino: Ah Pasquin niun te l'ha detto? Li decreti senza eUettol Al teatro il cavalletto} Questo Papa sempre a letto! Dentro Roma allarga il Ghetto Alle scienze !'interdetto Anche al vino il cancelletto Questa è legge di Maometto Oh governo maledettoll Anche Papa Leone XII morl e gli successe Papa Castigliani con il nome di Pio VIII. Nel suo breve pontificato Pasquino poco o nulla dice. Solamente alla sua morte scrisse questo brevissimo epitaflio: < Nacque pianse, morì». Ma si risvegliò l'acuto umorismo d; Pasquino alla elezione di Gregorio XVI Ca ppellari (1831-1846) che non ebbe ri legno d: contrarre un prestito con i Rothschild (si èice pagando un interesse altissimo e altissime provvigioni). Pasquino, espressione dell'anima popolare romana. non approvava i contatti tra il Vicario di Cristo e il Banchiere ebreo. Il discendente dei deicidi, non poteva trattare con il capo di quella Chiesa che ogni giorno esaltava il sacrificio divino e cosi un giorno si lesse, appiccicata dalla solita ignota mano alla statua di Pasquino, queste sestina: "Papa Gregorio è assai spregiudicato "Un omo di talento e per la quale " Che quasi te direi eh' è liberale ".E si se tratta d'arricchi lo Stato " Lui non ce fa il sufistico perdio " Pija cuadrini puro da un giudio. * * * Pasquino, oggi tace. Sa che non occorre lo stimolo dell'arguzia popolare, a indurre lo Stato a premunirsi contro l'invadenza giudaica. Il buon senso istintivo del popolo, quello schietto, romano, l'ha sempre tenuto lontano dai "giudei". E Pasquino di questo istintivo buon senso, è stato lo spentaneo portavoce. G. P. 23

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