La Difesa della Razza - anno I - n.4 - 20 settembre 1938

T .I I j di «onore». In sscr. aryàma,r vale « amico, compagno», dryua « uomo venerabile. avolo», aryàvarla « che appartiene all'lndja brahmania », aryàla « condotta onorevole ». Il libro sacro degli ariani detrlndia, il « Rig-Veda », chiama Arya.1 quelli che parlano la lingua nella quale esso è scritto. L'antico nome dei Persi è Arlàioi; il grande re Dario, nella iscrizione di Bchistum, del no a. c., si qualifica « Ariano, dj razza ariana » e cruama il suo dio Ah11ra Mazda « il dio degli ariaru ». L. « Avesta », il libro sacro degli Iranici, parla dcll'Airya,rem Vuio « germe degli arianj » ; nomi propri persiani sono Ariobttrza•e, AriomilhrèJ, nomi sciti sono Ariau, A111aria,ri,Aria,rJe. Gli scrittori greci, parlano di un popolo della Persia chwnato Arioi e di paesi detti Aria e Arù111a. Con qualche modifica si ritrova il nome in pchlcvi Era11, io parsi Era,ri, nel persiano mod. Era11 e Iran; rlra11 odjerno non è che una forma del nome antichissimo. Prima che sir William Jones, e poi i linguisti tedeschi scopriSStto i legami di parentela tra le lingue europee, il sanscrito e lo zcnd, Plinio già scrive di una tribù di Arya.1 st.abilitasi tra l'Odcr e la Vi tota e Tacito parla degli Arii della Gcrmanja come di ·una delle tribù più bellicose. I Germani antichi si chiamano Aribaldo, AriberJo, ArioviJJo, Ariobi11do; l'antico nome dei Celto-Galli d'Irlanda è Er o Eri; oggi Erin. Erewn e il paese Eire. Non sono casi fortuiti. • • • La do11ri11adel/' aria11e1imo arriva tardi, per mettere le cose a posto : piuttosto le confonde. L'etnografia s'impadrorusce del nome Ary11 e se ne serve per applicarlo « alta rana bianca dagli istinti agricoli che sottomise le razze gialle e nere dell'India ». La filologia rivendica la parola e ne fa un uso meno felice pcrchè con Nsa denomina tutti i popoli che, senza rustinrione di razze, parlano un iruoma discendente, ascendente o collaterale della lingua degli Arya.s propriamente detti. Anche oggi, questo abuso è consacrato dall'uso cd Ario è sinonimo dj [,rdoe11ropeo. Primo il Joncs, alla .fine del sec. XVIII, con .il «Trattato della poesia orientale» e la «Grammatica persiana », inizia gli studi orientali moderni. Segue, venti anni dopo, nel 1808 lo Schlegcl con uno « Studio sulla saggezza e la lingua degli Indù ». Ma ecco nascere il termine /11doe11ropeo adoperato per la prima volta nel 1813 dal medico e fisico inglese lbomas Young, nella « Quarterly Rcview », e subito adottato in linguistic3 dal citato Franz Bopp, filologo dell'Uruvcrsità dj Berlino. Intanto i tedescru danno la loro fisionomia al vocabolo e J. von Klaproth. nelle sue due opere « Asia poliglotta » e « Viag. gio al Monte Caucaso e io Georgia » pubblicate a Parigi nel 1823, introduce il tenrune i11Jogermd11fro che definisce con gli estremi geografici l'India e la gcmunica Islanda: l'area occupata nel vecchio mondo dall'intera farruglia. Dobbiamo a Mu Miiller la volgarizzazione scientifica del termine ,1rii o ttria,ri. Nei suoi corsi di filologia comparata tenuti ad Oxford, fra il 1861 e il 1A63, egli affermò che il popolo di lingua sanscrita che invase l'India chiamavasi <r Ary3 », quindi dalle affinitl delle lingue ariane oc dedusse che « prima delle emigrazioni degli antenati degli indi e dei persiani verso il sud e prima che i fondatori delle colonie greche, romane, celtiche, teutoniche e !.lave si mettessero in marcia verso i lidi euro20 Biblioteca Gino Biancò pci, esisteva un piccolo cla11 dj ariani, installato probabilmente in cima alle montagne dcli' Asia centrale e parlante una lingua, la quale non era ancora il sanscrito, nè il greco, nè il tedesco, ffl3 conteneva i germi di tutte queste lingue•· Così, la dottrina della identità raua-lingU3 era affermata; ma un quarto di ccolo dopo doveva essere rinnegata dallo stesso Miiller il quale aggiungeva: « Gli Arya sono coloro che parlano lingue ariane, quale che si.a il colore della loro pelle e del loro sangue. Tutto quello che abbiamo affermato a loro riguardo, nel dar loro il nome di Ariani, è che la grammatica della loro lingua è ariana... A mio avviso l'etnologo che parli di razza ariana, di sangue ariano, di occhi o di capelli ariani si rende colpevole di un peccato altrettanto grave, quanto quello che commcttcrd>bc un linguista il qwale parlasse di un vocabolario dolicocefalo o d'una grammatica brachicefalica ». Il danno si ritorceva sulla stessa accusatrice: la linguistica; e lo studio delle rane Bauorilino di Persepoli tornava al suo giusto luogo, l'antropologia. E nessuno, int~to, s'accorgeva che dire « ariano » ormai interessava pii, i legami spirituali di t111t:1 una speciale vi ione del mondo, che quelli linguistici ed etnici di determinati popoli. • o o 11 dramma etn grafico della nostr:i penisola i svolge nella em rgente grande Valle Padana, dove due correnti di origine euro-asiatica, dette con nomi torici Etru co -Villanoviani ed A,io- / tttliri ( os ia, poi, Umbro - Sabello - Latini) di poco djversi antropologicamente, compiutovi uno stadio di elaborazione etnica pro eguono successivamente di qua e di là dell'Appennino a conquistare e rivolgere le sorti delle genti di lontana origine euro-africana. Le due correnti rappresentano lo stadio della no tra civiltà neolitica ed eneolitica ai primordi del metallo, più forse del rame che del bronzo, in confronto della paleolitica alla quale i erano fermati i predecessori Liguri. Questi stessi Liguri presentavano già caratteristiche vicine agli Arii. Anche nel nostro ca le infiltrazioni sono lente: svaniscono rn ì i fanta mi di un tumulto di ma se straniere invadenti la no tra Penisola. Nel patrimonio della lingua entrarono parola e cosa solo quando gli Ario-ltalici si furon posati e individuati nell edi a mezzodì degli Appennini. Gli arii iniziano una elaborazione etnica e civile, umbro - etru ca da un lato e umbro- abella dall'altro. finchè alla confluenza loro con gli elementi delle remote stirpi mediterranee già avviate alla civiltà. di tutte in ieme formano il nuo o organismo composito della civiltà Romana. I tipi regionali tra, ero tanta virtù di assimilazione eh si confu ero con i sopravvenienti e non si può parlar più di Aria-italici, nè di Liguri, d'Etruschi, di mbri, di Celti, di Greci, di Siculi e tanto meno di Iberi, di Libici. di Fenici (quest'ultimi addirittura scomparsi): si può solo parlare di Romani. L'Europa diventa Roma. Quando dal 111 all'VIII sec. si hanno le varie invasioni gemuniche; prima con gli stanziamenti barbarici netresercito romano, poi - alla caduta dell'Impero d'Occidente - con le stirpi degli Eruli, degli Sciri, dei Turcilingi. dei Goti e dei Longobardi, la no tra razza, ariana d'origine ( comune, del resto, a quella degl' invasori) e romana di evoluzione, non ubisce modificazioni antropiche nè psichiche: la civiltà degli invasori era inf crio re e la tessa parola « invasori » risulta impropria non es endosi mai superato il numero di 500 mila uomini. Anche per le successive conquiste (la Franca, la Sassone o Sveva) non i ebbero vere migrazioni di popoli. Altrettanto si può affermare per gli Arabi ( IX sec.) e i ormanni (Xl sec.) in Sicilia e nell'Italia Meridional<:. Anzi l'Italia dalle molte vite i rafforza: la \ razza romano-italica i sparge nel mondo da conquistatrice, donando ai popoli europei la sua civiltà. In segujto, gli pagnoli in Sardegna e in Sicilia e gli Angioini a apoli (come gli sparuti gruppi di Albane i in Sicilia e di lavi nelle regioni italiche orientali) non intaccano la compagine della no tra razza. Quando gli eserciti francesi. pagnoli, austriaci e tedeschi calano nuo amente nella no tr:i terr:i ricca sempre di sp~rito e non di forze. la razza anche alloni rimane intatta. Risorge, rivendicando le sue antiche virtù; e ne esce vittorio a. Anche oggi è questo il uo compito. FRANCESCO CALLARI

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