La Differenza della Razza - anno I - n.3 - 5settembre 1938

polellliea Oa pochi anni, grazie al risveglio operalo dal Fascismo nelle coscienze, andiamo riconoscendo noi stessi, la nostra vera missione storica, il vero volto della nostra cultura. Abbiamo tolto di mezzo, sul piano interno e internazionale, molti degli equivoci che gravavano paurosamente sulla vita del nostro paese. Alcuni dei fondamentali problemi che ogni popolo deve affrontare sono stati da noi aff rontnti e risolti in modo tale da metterci decisamente all'avanguardia. Ma perchè il nostro repentino balzo in avanti si tra· duca in un duraturo miglioramento di tutte le nostre posizioni. perchè divenga realtà quella rivoluzione continua che è nei voti del Fascismo, occorre rimuovere ,enza indugio i noi} pochi equivoci che tuttora, nel campo della cultura, ci legano inesorabilmente all'ltalietta in tutti gli altri campi da noi stessi sorpassata. derisa o dimenticata addirittura. Il razzismo può costituire il fattore decisivo di questo chiarimento di noi a noi medesimi. Il razzismo, infatti. ci fa sentire, prescindendo da ogni vana retorica, da ogni pedantesco ossequio trad1zionaBiblotecaGino Bianco lista, i vincoli che ci legano al nostro passato. Il razzismo ci richiama alla tradizione, ma ad una tradizione che pulsa col sangue nelle nostre vene, ad una tra· dizione che non è nostalgia, o ricordo, ma Yita, ad una tradizione che - secondo il detto mussoliniano - è al tempo stesso « rispetto del passato e ansia dell'avveuirc ». li prllblema della nostra cultura è appunto questo: ritrovare il senso della vera Indizione italiana, quel senso che l'enorme maggioranza dei libri scolastici e delle cosiddette opere scientifiche, da cirCli un secolo a questa parte. tradiscono coa !ma idiozia e una tenacia degne veran,rnte di miglior causa. Ci siamo rassegnati a sapere di noi quello che gli altri bar.no creduto bene che sapessimo. C'è voiul<,, receutemente, un libro documen· lato ( e in maniera molto approssimativa) pcrchè ci accorgessimo che la Francia ci è stata sempre e odiosamente nemica (molti testi scolastici ispirano ancora ai ragazzi italiani i più teneri sensi di gratitudine verso Napoleone III). Abbiamo buttato a mare secoli interi della nostra cultura \, edi prima metà <lei Settecento/ in omaggio ad una critica straniera no, sai se più malevola o ignara. Abbiamo accettato un Vico confezionato su misura all'estero. Abbiamo pressochè rinnegato Alfieri, perchè ai letterati francesi la sua figura è parsa incomoda. Ci siamo fatti sommergere, attraverso l'europeismo, l'inlernazionalismo, il decadentismo, e quanli altri « ismi » hanno bussato alla nostra porta, dalla marea della cultura senza patria. Ne fa fede il dilagare, i11 questi ultimi anni, del romanzo ebraico ::iclle nostre librerie e nei noslri saloui. Il più grave, senza dubbio, tra gli equivoci che pesano sulla nostra cultura, è quello che concerne la romanità. Agli stranieri, specialmente ai cosiddetti no· stri fratelli latinj, conviene, per evidenti ragioni, annacquare il più possibile il concetto di romanità, allargandone i confini a Lai punto da far rientrare in esso. in un grigiore uniforme. Lulla la vita ciel mondo antico. Si tratta di un tentativo di accaparramento molto logico. da parte di chi non può rivendicare propne tradizioni se non facendo man bassa nelle tra27

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