La Differenza della Razza - anno I - n.3 - 5settembre 1938

RAZZISMEOPOSSE iente, meglio del razzismo. giustifica i possessi coloniali in Africa. Anche senza dar valore a qualsiasi altro dato, basta a provarlo l'atteggiamento nlluale degli Africani , erso la loro terra. Giova ripeterlo: ~si non dànno affidamento di riuscire mai a incivilirsi nel senso inteso da noi; quindi non capiranno mai quanto c'è da fare per sfrullare a vantaggio della umanità le immense risorse naturali che avrebbero a portata di mano. on è giusto che mentre il mondo ne abbisogna. quelle risorse giacciano inutilizzate per rispettare una simile situazione; e piuttosto esse conferiscono il diritto alle nazioni ci, ili di agire in Africa onde mellerle in valore per il benes· sere universale. Certo, que;to non autorizza a soprusi o ad atti inumani verso gli originari occupatori del suolo; all'opposto, è do,eroso farli partecipare ai benefici creati sul posto dal· l'impulso di cui son portatori i coloni. Ma è inutile nutrire illusioni e sprecare tempo, denaro ed energie, come tanti vorrebbero, in grandi cure redentrici. perchè resulterebbero spro· porzionate agli effeui. Gran parte della legislazione coloniale dovrebbe, anzi. senza indugio variarsi in rapporto a ciò che l'Africano realmente possiede in fatto di doti psichiche e di progresso verso la nostra civiltà. Intanto dobbiamo sgombrare la no~tra mente da- utopie come quella sul sorgere di stati negri indipendenti che un giorno dovrebbero sorprenderci creando· da sè eserciti di terra e di mare. tribunali, università e orfìcine. Chi lo sostiene evidentemente non ricorda che già l'Africa tentò di fondare potentati indigeni ma chi' l11lli scom· parvero per mancanza di civiltà propria. In vari libri miei cercai di dimostrare perchè tali creazioni non potranno sussistere mai e le ragioni naturali, ogni giorno più acute, vietanti in maniera recisa agli Africani di s,iluppure industrie o anche soltanto un'agricoltura estese poco ol· tre i loro immediati bi,ogni. Dissi pure da anni che sulle rane africane pesa un imperativo hiologico da cui rnn re.,e sempre meno atte non solo ad assimilare un!\ civiltà straniera un po· elevata, ma perfino a serbare la propria; clw è infondato, per· ciò, pretendere l'asce5a evolutiva di genti trascinate al tempo &tesso alla decadenza da invincibili cause congenite. Tanto dura verità non è smentita eia nessuno degli argomenti porlati dai contradditori: fra i vari. quello della mirabile stnillura di parecchie lingue africane a prova del notevole potere in· nato di logi.-:a degli indigeni. el fallo è, all'opposto. un altro indizio del regresso verificatosi negli Africani. Si ha appunto. fra ess~ l'esistenza di lingue a struttura spropor,ionatamenle superiore a quella da attendersi osservando la loro presente cultura. Benchè divenuti oggi incapaci a crearsi un istrumento tanto perfello come la lingua di cui si servono, riescouo però ad adoperarla con facilità e a mantenerla attraverso le gene· razioni. Valga un esempio: i egri della Guiana, fuggiti nel 1718 ai padroni, usano ancora nella loro comunità, insieme alle parlate originarie, il portoghese imparato in schiavitù. Niente radicò invece delle maniere europee cli cui vennero a conoscenza. mentre ricostruirono parecchio della cultura africana. Per usare un vecchio confronto dirò che le lingue africane appariscono talora una stonatura e quale ·un manto sfar,oso sopra un abito a brandelli. Esse provano non la mentalità attuale degli Africani, ma quanto i loro antenati li supera· vano. La memoria non comune di coteste genti. mentre permise cli tramandare per secoli le lingue del passato, le aiutò anche nell'insistere in speciali modi cli vita. Osservatrici come sono BiblotecaGino Bianco per natura. cli animali, piante e indizi vari, riescono a trarre profitto da parlicolari cl1e sfuggono all'attenzione dei Bianchi perchè allralli da interessi diversi. Di conseguenza il Bianco è inferiore al ero nella , ila di foresta: donde il oenso cli disagio e la tendenza del primo a supplire con l'intelligenza ove altre doti non bastano, e la piena soddisfazione del secondo a parità di condizioni. Differenze innate del genere contribuirono for&e a spingere le razze sulla via ciel progresso. o , iceversa a mantenerle in stasi sema desiderio di uscirne. Per le accennate e tante altre ragioni apparisce illogico la· sciare l'Africa agli Africani: abbandoneremmo, così, un im· menso deposito di ricchezze in cui sarebbe invt'ce colpevole non attingere a fondo .. i pensi che non poche delle cose usate da noi si ottengono solo, o soprattutto dall'Africa. Fra le più pregiate. poi, molte 5ono quasi esclusività africana. Così i diamanti che brillano nelle vetrine dei gioiellieri provengono in gran parte dal suolo cli Kumberley; e l'oro. in quantità da non credersi, esce ogni anno dai filoni del Rand a Johannes· burg. La gomma e gli oli vegetali con cui tanto sapone è fab1,ricato. costituiscono pure abbondanti prodotti dell'Africa. Lo zucchero, il caffè. il cotone e i legni preziosi vi prosperano a meraviglia, mentre bestiame in gran numero pascola nelle sue sterminate praterie. Dà manufatti 111 entità trascurabile, ma le materie prime già fornite da e,sa hanno importanza tale da inAuire sul benessere di qualsiasi nazione: questo. seppure molto e molto resti ancora eia fare! In quanto a commerci, la sola Colonia del Capo ha un mo· vimento annuo di importazioni r- cli esportazioni sui 17 mi· liard1 cli lire italiane; l'Africa Orientale Inglese, benchè ap· pena ai primordi del suo rendimento agricolo e minerario. ,upera i tre miliardi. Per altre colonie africane le cifre non sono dissimili. Dia riò idea della portata economica, sociale e politica della situazione africana e del dovere nostro cli fa. vorirne gli sviluppi. Possiamo farlo senza hisogno di ricorrere alle sfrontate menzogne, care negli ambienti ufficiali di certi paesi. Difatti, una volta riconosciuta cd affermata l'impossibilità pale.se degli Africani al progresso. è il caJo cli disfarsi della vecchia retorica a sfondo altruistico. copertina cli sentimenti e principi non umanitari come quelli arumnziati. ma egoistici. Di una maggiore, anzi piena sincerità se ne avvantaggeranno molto i programmi coloniali e in ultima analisi il rendimento delle colonie. Fino ad ora, il bandire la necessità dell'andata in Africa dei Bianchi per redimere e incivilire i egri fu una sublime affermazione. ma stando alla successione degli eventi essa fu pari acl una mistificazione. In Africa il Bianco vide una terra di fertilità prodigiosa e cli ricchezze da favola tra· scurate dai Negri, per cui pensò di carpirle. Nessun mezzo fu risparmiato per raggiunger lo scopo: intere regioni furono spopolate quando gli indigeni resistettero. aree vaste vennero occupale cacciandone o riducendone servi i primitivi abitanti. Ma latLie, sventure e miserie mai conosciute in precedenza divennero gli apporti principali di cui i Bianchi gratificarono i egri nel presunto aiutarli ad ascendere verso la civiltà, men· tre i secondi erano il migliore ausilio ai primi nel raggiungi· mento delle loro mire. Così, ognuna delle antiche imprese co· loniali si risolse in Africa in una spogliazione, talora inumana, degli indigeni. Per convincersene basta rivedere la storia della prima occupazione portoghese delle coste oceidentali del con· linente; le atrocità degli Olandesi e degli Inglesi e la provo·

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