La Difesa della Razza - anno I - n.2 - 20 agosto 1938

L'espressione di quest'indigeno dice che il lavoro non è fatto per lui. c.: a'.:~: ? 1-:::ipei, !'hc:1 .• c ·:cl ,arr1t.:nlt ~ quasi viole:itemente muta•a L'uso stesso dell'aratro, nella sua antica forma, si è diffuso doli est e dal nord, forse simulta neamcn'c all'espan:.,1onc islamica fino al 1estremo limite meridionale del Sahara e al Capo orientale. Non ha tuttavia raggiunto il pae:;e dei fogri, neppure nelle regioni dove la presenza d1 bestiame, per esempio nell'est africano, avrebbe reso possibile la _,ua introduzione (5). ~ Entrando in contatto col bianco e specialmente sotto la sua direzione, il negro ha migliorato 1 sistemi di coltivazione e il loro rendimento economico. Sebbene una produzione indigena del lutto indipendente sia economicamente importante e meriti :otto un certo aspetto e per determinate colture di essere incoraggiata, lo sviluppo sistematico di una colonia rende desiderabile e in molti casi indispensabile la cooperazione del bianco. La capacità di produzione del lavoro indigeno in un'organizzazione e sotto una direzione costante è, secondo il rapporto annuale del Dipartimento d1 Agricoltura del Tanganica (6), n,ulhpla d1 quella dello stesso uomo che lavori da solo. Lo stesso rapporto indica che mentre a Bukoba, malgrado lo sforzo di più anni di educazione, le piantagioni d1 ccd!c indigeno sono sempre in miserevoli c.:ond12:o:1i,danno nel Chilimangiaro miglio. ri risu:ta i forse a causa della vicinanza di numerose piantagioni non indigene"· E' ovvio, ciononostante, che il bianco dovrebbe evitare la possibihta che i due si· :-;tc~:1i econom ·ci, quello dell'indigeno e qu,Jllo del colono sussistano contempora• 36 BibliotecaGino Bianco neamente nello stesso luogo e quindi entrino in conflitto. Fino al momento dell'arrivo dell'Europeo, :, lavoro salar.alo era scor.o:,ciuto al, Africano, per quanto il capo avesse il diritto d· richiedere ai sudditi, per vane ragioni, una certa somma di lavoro non retribuito. Il lavoro per gli stranieri era qualche cosa d1 nuovo dunque per l'Africano. Ciò nono- ~tante egli entrava volentieri al loro servizio. Quanto in proposito scrive il Westermann è assolutamente esatto (7). « Dovunque un Europeo si stabilisce diviene immediatamente il datore di lavoro di un certo numero d1 Africani. Il desiderio d1 poter com• perare alcuni beni che il bianco porla, di vedere del nuovo, di sapere cose sconosciute, l'esempio dei compagni di tribù, sono stati abbastanza forti da attirare centinma di migliaia d1 indigeni verso i centri creati doli uomo bianco. Se si considera la cosa nel suo assieme è ammirevole che il negro abbia risposto a questo richiamo e che abbia compmto sino ad oggi una così enor. me somma d1 lavoro. Fintanto che il lavoro al servizio del bianco non e per l'indigeno che un'occupazione secondaria e che il centro della sua esistenza rimane nella sua comunita d'origine, il movimento di masse verso un attiv!la p1t1 intensa può essere salu are. La situazione diviene p1u scabrosa quando I operaio perde il contatto con il suolo nativo, rompe i legami naturali che lo tengono attaccato al suo gruppo e diventa un lavoratore 1Solato. Questo sign1hca un cambiamento così radicale delle sue condizioni di vita che anche la maggior cura e gli sforzi più onesti richiedono moli! anni perchè s1 possa ottenere un reale a:;set o. Nel :md Africa la questione e di venuta più complicata perchè il negro è appar5o come un competitore dell'oper010 bianco. Quando I md1geno ha lasc1ato la tribù ed è divenu·o abitante della città si sforza di raggiungere il livello del bianco aumentando i suoi guadagni e desidera ricevere lo ....tesso salano del bianco. Avviene allora il conflitto perche l'opin1one pubblica bianca, nell'Africa del sud, non tollera simili progressi da parte del 1md1geno Il bianco teme che questo metta in pericolo la sua situazione e l'integrità della civiltà europea m quel paese. Di qui la tendenza generale ad escludere, nell'Africa del sud, l indigeno dai ranghi dell'operaio qualificato.> Ma questo non è sufficiente per impedire il malcontento dell'indigeno e risolvere una questione sociale creata si può dire artificiosamente dalla convivenza di mano d'opera bianca e indigena per lo stesso lavoro nello stesso luogo. Questione tonto ptù difficile a risolversi in quanto il negro, staccato ormai delini- !1vamente dall'ambiente originario, non si adatterà mai più a tornare al tenore di vita precedente. D'altra parte la mano d'opera bianca non e nel sud Africa soltanto d1 passaggio per compiervi determinati lavori e tornare quin• di in patria, e non può essere quindi totalmente sostituita da quella indigena capace di assumere compiti di lavoratore qualificato. ILBIANCO IN AFRICA I bianchi pove:i, se.rive il Westermann, che si trovano nel Sud Africa corrono il ri5chio di scendere al rango degli indigeni e il loro problema e praticamente insolubile. Bisognerebbe da quest'esempio dedurre, che una colonizzazione con mano d'opera bianca a contatto con qt;ella di color è forse impossibile in Alr!ca? Certo e difficile, anche per europei di condizioni elevate che nvono in contatto costante con una razza che ha un tenore di vita inferiore mantenere 11proprio tenore elevato. E non è soltanto questo il pencolo i:. cui incorre il bianco m Africa Ma J'c.:.rqoru:nto che pure mento attento esame da parte dell'etnologo, in quanto effet tivamente è dal bianco che dipende l'avvenire dell'Africa, è stato soltanto sfiorato dal Westermann. E ciò appunto perchè egli crede, erroneamente, ad un possibile pros simo avvenire dell'Africa fondato esclusivamente, o almeno per la maggior parte, sulla razza nera. Allo stesso modo egli ha evitato un al tento esame del probl11ma dei meticci. Ma su questo tema convcrra ritornare ANTONIO PETRUCCI (I) D Wcstermann ,, No1rs è! a:anc:i on Afri que >► . Payot, Parigi (2) G1org10 Montanàon i: .1utore del vol ... mc, « Lo race )es races ~. edito pure dal Payot e s1 vanta di aver collaborato dal 1~8 ali Enc1cloped10 ltaho no e JX]rtlcotarmento olle voci ,, C1v1ltà, cromo trofeo, cut·uroh c1ch ccc (3) W1lloughby • « kocc Problems m tho New Africa,. (4) Chi :.cnvo rir-ordo d1 OVN 'roveto - olio Imo ciel 3ò o Chcren nello mom d1 m roqnz:,,t to cunoma .. n libro d1 letture «co os:iche m cui s1 parlavo del h1~.or91mcnto " delle ,o!te JAlr l't.nl •à 1tahana. Quale interesso potevo O'lere per 11 nogre'lo quèl racconto? Da alcune accorto 111 terrogazioni m1 nusc\ d1 stobìl1re che pur sar endo r,erlettomenle o memona q··anto :"I"'! 1bro era scritto il ragaz:ctto non riu:ic1vo a ~enricrs1 con'o d1 qt.:el che s1gnilicossc md1!'f>nfon:::o ,.d nito (~•) Wes•ormonn, op ci• ,. g 53 (6) Dar t:s-So!aam 1932, p 5 (7) pog 7'J (8) op cii pa9. 243 Un negro " istruito " impartisce ai compagni una lezione d'orologeria.

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