La Difesa della Razza - anno I - n.2 - 20 agosto 1938

l" evoluzione e la razza {l~OU/\~Tt\~~I DI POLEMICHE ~E rrlf\ {1\/ILJA {f\JJOLl{f\n el 1809 usciva il libro « Filosofia zoologica » di Giovan Battista di Lamark. Vi si faceva, per la prima volta, il tentativo di spiegare l'enimma che l'incipiente incremento della geologia e della paleontologia poneva fino da quel tempo. Come mai, ci si era domandati, negli strati più profondi si · trovano solo resti di esseri pochissimo complessi, come i molluschi, nei superiori, di più complessi come i pesci, negli ultimi, dei mammiferi, e più recente di tutti, l'uomo? E perchè le alghe, sul fondo dei mari, embra fos ero le prime piante, e solo <li felci e òi conifere furono formate le prime foreste, mentre il fiore, questa splendida fo11D1azione,apparve solo tardi? La risposta che sembrava allora più naturale era l'evoluzione: da una specie sarebbe derivala l'altra, per un processo di sviluppo, di cui rimaneva da cercare la legge. Lamark credette di averla trovata in questa ipotesi: l'uso continuo <li alcuni organi e il poco uso di altri, che portano in ogni individuo alla ipertrofia dei primi e alla incipiente atrofia dei secondi, trasmetterebbero il loro effetto nei di cendenti, bastan<lo così a trasformare le specie. C'era, però, fino da allora, una facile obiezione. Anche a volere ammettere cmne vero l'assunto, del resto non dimostrato da nessun fatto, (mai è avvenuto, per esempio, che il figlio d'un lottatore erediti lo sviluppo dei muscoli acquistato, lottando, da suo padre) si poteva sempre dire: questa ipertrofia e questa atrofia presuppongono che l'organo esi la: ora col passaggio da una specie all'altra, dalla meno complessa alla più complessa, si dovrebbe ammettere la comparsa di organi, dei quali nella prima non è neppure la traccia. Questa sola ipotesi dunque non ba ta. Il Lamark tentò di aggiungerne un'altra: parlò di « un senso interno » che spingerebbe ad adattarsi alle nuove nece ità. 1a co ì egli cadeva interamente nel vago; nè era pos ibile inoltrarsi su questa strada. * * * La dottrina di Lamark ebb'e per parecchi decenni non molta considerazione nel mondo scientifico. ebbene divenisse già, insieme a tutta '1a dottrina dell'evoluzione, uno dei punti di appoggio di materialisti e socialisti, e desse incremento al progressismo massonico ed ateo, diffuso fino ai nostri giorni. Ma non avrebbe probabilmente avuto tutte queste conseguenze, se un libro, di risonanza vasta, riprendendola ed utilizzandola. non l'avesse legata alle sorti di un altro principio ben altrimenti fondato: quello della selezione naturale. Carlo Darwin infatti, nella sua « Origine della. pecie », uscita nel 1859. ritenne anche lui che una modificazione qualunque dell'individuo si trasmette nei figli; e aggiunse di suo che essa si per- <lerebbe, e nessuna specie in conseguenza potrebbe formarsi, se gli individui dotati di ta·le modificazione non si ri,produce - sero esclusivaimente fra loro. Questa verità, unita all'errore, diede a questo inopinatamente nuova forza. La scienza ne fu inceppata, ancora per parecchi decenni. Essa però anche prima l'era andata corrodendo al disotto; e solo coi suoi strati esteriori e brillanti impediva che il crollo divenisse apparente. BibliotecaGino Bianco Questo movimento non poteva non interessare la Chiesa: per due ragioni. Anzitutto era chiaro in sede puramente religiosa l'arbirio di togliere, in contraddizione coi fatti. le harriere tra le specie che sono invece forune originarie. create per un atto divino; mentre in sede polemica non poteva sf ug· girle il gros olano sfruttamento che dell'ipotesi dell'evoluzione andavano facendo le ette per i loro otterranei scopi. L'abbassamento dell'uomo alla scimmia e poi. con tutti gli esseri viventi, alla cruda materia, doveva servire come punto d'appoggio per una spiegazione del mondo esclusivamente economica. L'ebreo Carlo Marx vide 'Per il primo il grande aiuto che avrebbe potuto dargli il lamarkismo, come nucleo per così dire « teologico » del suo sistema. on importa che qut>· sto nucleo era falso: giovava molto la diffusione di cui godern. specialmente dopo Darwin; e la sua facile comunicabilità alle masse. Di questo s'accorse fino da quel momento la Ch1t• sa; e ben lungi dall'a,·versare la scienza, come tendenzi0samente fu <detto, cercò invece, quanto più potè, di accostarvisi. e avrebbe tratto, infatti, la verità; e avrebbe sconfitto gli avversari sul loro stesso terreno. Sorsero allora insigni figur~ di geologi, biologi. paleontologi, in ve te religiosa, o. e anche in veste laica. strettamente fedeli al cattolicesimo: dei qual i basti ricordare qui di sfuggita Pasteur. La battaglia fu opratutto imperniata su questi due punti: falsità del lamarki ·mo e insussistenza di ogni assurdo pa saggio dalla materia inorganica alla so tanza vivente. * * * Nel 1850 era stata fondata « La Civiltà Cattolica ». Ma su tale soggetto il suo orientamento fu fermo fino da principio. Le pecie o razze ben distinte l'una dall'altra. Le loro forme prede tinate e trasme:;se. In occasioni d'ogni genere, sia in sede teologica che scientifica, questo argomento ritorna. Per esempio in una recensione ad un libro del prof. Venturoli « Materialismo e Panteismo nelle Scienze naturali» (anno 1875 voi. VI, pag. 442) si rileva insistentemente il contrasto tra la scienza autentica fondJLa sui fatti, e le teorie tendenziose e distruttive che vorrebbero tenerne il luogo. Si nota che la prima è per l'eterogenia, mentre solo le seconde sono per la evoluzione. In due altre recensioni de) 1877 sui libri di due illustri scienziati, J ames e Hartmann, si citano favorevolmente, a tal proposito, le stesse idee. In generale è sorprendente l'intuito con cui, senza lasciarsi turbare dall'ondata, ancora in piena espansione, mossa da « L'origine della specie». si intravedeva <lai redattori di quella Rivista lo stato in cui era allora davvero la questione. Benchè essi probabilmente ignorassero le osservazioni già fatte da Vilmorin, un botanico geniale quanto, in quel tempo, sconosciuto. II quale, coltivando delle barbabietole, e studiando il modo di ottenerne. a scopo industriale, il massimo prodotto, aveva notato che non sempre due <di queste piante, ugualmente ricche di zucchero. generano dai loro semi discendenze dotate di uguali qualità. Che significa questo? Che non è vero quanto aveva affermato 31

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