La Difesa della Razza - anno I - n.2 - 20 agosto 1938

CONCETTI FO-NDAMENTALI t troppo nota e frequwte la constawione inoppug~abile nella stessa famiglia di uh infermo (sia nella. generazione attuale, che in quella preceSULL'EREDIT ARI ETÀ dente ed anche più lontano) di malattie identiche o per lo meno simili perchè si possa nega· re l'influenza dell'ereditarietit in molte forme morbose. Si potrebbe anzi dire che con l'estendersi e l'approfondirsi ·di simili osservazioni noi potremmo stabilire, pm o meno pre- .cisamente, il gravame ereditario <di un fanciullo, traendo da ciò conclusioni ed applicazioni pratiche rnO'lto facili ad immagmars1. L'estendersi di tali osservazioni farà anzitutto risaltare in maniera, direi. quasi sorprendente, la frequenza di ripe~izioni d1 molte infermità, non solo nelle singole famiglie ma anche nelle div-e.rse razze. Si può già infatti stabilire, il che è di enorme importanza, un determinismo ereditario di vario grado .non solo rispetto al'l'indiv1duo ma anche rispetto alla ra2za. Cliè-cosa va ora inteso per ereditarietà? Noi dobbiamo inten- -dere con tale concetto la ripetizione dei caratteri dei genitori nei figh e nei figli dei figli, mediante la trasmissione del materiale ereditario contenuto nell'uovo e nella ce11ula seminale. Non bisogna però confondere sotto tal riguardo i caratteri congeniti, cioè già presenti alla nascita, con i caratteri ereditari1. Mentre infatti molti dei caratteri congeniti possono essere ereditarii, ciò nondimeno molti -di essi possono dipendere unicamente da influenze che .agiscono durante la vita intrauterina indipendentemente da ogni carattere d1 ereditarietà, anche se -spesso non è possibile differenziare con assoluta precisione tra quanto è :presente alla nascita ciò che deve essere considerato come ereditato e ciò che non lo è. Occorre però all'inverso chiarire come molti dei caratteri ereditarii possono essere presenti alla nascita solo ad uno stato che potremmo dire potenziale, maturandosi invece e rendendosi manifesti solamente più tardi. Per tale ragione, per definire una malattia ereditaria non è necessario che essa appaia nel periodo fetale e nemmeno nell'età infantile. Le scadenze ere- ·ditarie non si hanno infatti solo nella prima infanzia, ma continuano per tutta Ìa vita, pur diminuendo di numero man mano che ci si allontana dal .momento del coocepimento. E' certo che il determinismo ereditario latente può essere reso manifesto da u_na malattia o da un grave inddente anche durante tutta la vita adulta. Viene ora il fatto di domandarsi, sono effettivamente ereditarie le malattie? E' questo un quesito fondamentale e che non deve apparire coone superfluo dopo quanto abbiamo· ora ·esposto, in quanto in maniera non sempre sincera e solo apparentemente casuare si tende da alcuni a generaHzzare nella realtà dei fatti quello che non è che un criterio puramente scientifico e nello stesso campo scientifico artatamente limitato ad una precisione di linguaggio. Se vogliamo infatti intendere come malattia una abnorme rea~1one dell'organismo a stimoli che ohrepassano i poteri Biblioteca Gino Bianco • "A''°"" ~e,, ~ 4W ~ M,O,W ~~~~'~" regolatori, vedremo come sotto tale punto di vista le malattie non sono ereditabili, in quanto perchè ciò avvenga sarebbe necessaria la presenza della malattia stessa ne) germe, il che solo eccezionalmente si verifica, specie nell'uomo. Quella che però è sicuramente trasmissibile è proprio )a capacità di reazione verso i diversi stimoli, e cioè la conditio sine qua non perchè una malattia si manifesti. Ta•le ragionamento ci conduce quindi ad un concetto dal quale deriva che tutte le malattie hanno un determinismo ereditario di vario grado e valore, eccetto forse quelle prodotte da fattc;,ri del tutto e ·ogeni nell'età adulta, ed anche queste se vogliamo nel loro decorso e ne~la loro sintomatologia rispondono alJ'oscura esigenza del determinismo ereditario. Da ciò deriva che la denominazione per molte malattie òi eredo-fainiliari, da parecchi criticata in base al concetto che la malattia non, è ereditabile tal quale nei la osserviamo negli ascendenti, deve essere accettata, in quanto essa sta a stabilire quello che a noi maggiormente interessa, cioè i:) / atto e ci sta aò ammonire delle eventuali misure da prendere per evitare il loro ripetersi, mettendo così il vario manifestarsi di tali stati morbosi non solo in balia del caso e delle leggi naturali, ma anche nelle mani dell'uomo. lo direi a tal riguardo che la necessità per lo svilupparsi di una determinata malattia di una particolare capacità di reazione organica che rientra nella eredità dei singoli individui, per lo meno in gran parte, ci fa intendere come forse non vi sia malattia nella quale l'ereditarietà non giuoca un suo ruolo, più o meno importante, ma mai del tutto trascurabile. Da simili ragionmnenti tanto evidenti quanto inoppugnabili, risulta che nell'opera che si fa presso ogni nazione per quella che è l'igiene, la sanità <lella razza, -molta maggiore importanza bisognerebbe dare al concetto dell'ereditarietà. Così anche i rapporti tra individui sia della stessa· razza che, e principalmente, di razze diverse non debbono essere regolati solo -in base allo stato sanitario attuatle <dei singoli elementi, ma anche in base .alla capacità morbigena potenziale degli individui stessi, che costituisce il loro gravame ereditario, il quale va maggiormente vagliato in base allo studio della costituzione e della predisposizione ad ammalarsi sia del ceppo familiare, sia del complesso razziale al quale tali individui appartengono. Questo mostra coone lo studio dei fattori biologici ereditarii sia neH'individuo, sia nelle razze vada oggi maggioranente esteso, specie in Italia dove esso è coltivato solo da singole persone e con scarsi mezzi. • Dott. LEONE FRANZI Assistente nella Clinira Pedùttri((t dtllr1 R. Uni1·,rsi1J di Milano

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