dell1mpero riflette nel yc,Jto la nobiltll della l'CIDCI italiccs armala autoctona, assai più disposta a servire gli interessi della propria regione e della propria razza, che quelli sovrani di Roma Marco Aurelio, di famiglia italica ma imbevuto di grecismo, concesse individualmente la cittadinanza romana a moltissimi provinciali, favorendo il progressivo decentramento dei poteri. L'esercito era ormai composto in grandissima parte da barbari. Le cariche pubbliche erano facile preda dei provinciali. Rimaneva il corpo degli ufficiali italici, che nelle guerre combattute da Marco Aurelio dette prove mirabili di valore. etti mio Severo, imperatore nato in Africa, a Leptis, a malapena capace di parlare in latino, portato al trono da un'armata di rozzi provinciali, gli abitanti della regione traco-illirica, diede il colpo di grazia all'ufficialità italica, concedendo ai provinciali il privilegio di rivestire i gradi dell'esercito. Fu quella - come dice il Dc antis - la svolta decisiva della storia di Roma. acque e si accentuò rapidamente il contrasto fra i BibliotecaGino Bianco provinciali mal romanizzati dell'esercito, e i romani autentici, che si vedevano privati dellt loro più alte prerogative. L'imperatore, bisognoso d'imporsi con la forza, fece leva sull'c ercito e quindi sulla. provincia; gli italici, privati delle armi da lungo tempo, non ebbero la possibilità nè la capacità di reagire; e il declino .del senso della razza si accentuò spaventosamente. L'editto di Caracalla - figlio dell'africano Settimio evcro e nato in Gallia, a Lione - rappresenta la logica conclusione della politica sc,·eriana. provocarlo, peraltro, contribuirono anche - come si riscontra in tutti gli avvenimenti della storia - fattori contingenti. Secondo Dione Cassio ( e: Storia romana», 77, 9, S), Caracalla fu spinto a concedere la cittadinanza ai provinciali da motivi ficali, e precisamente dal desiderio di estendere ai 4: novi cives » l'imposta sull'eredità. Un altro movente dell'editto fu certamente il desiderio di guadagnarsi numerosi aderenti fra i provinciali, visto che l'opposizione degli italici erz. sempre più netta e paksc. Infine, Caracalla. voleva far dimenticare, con un atto di apparente clemenza, la tragica f inc del fratello Geta, da lui assassinato tra le braccia della madre. Come si vede, nessuno tra i motivi contingenti che dell'editto si possono addurre, risponde a un qualsiasi interesse dell'Impero romano; tutti, al contrario. o ne denunciano o sono destinati ad accentuarne la debolezza. Tale considerazione ha un valore ancora più grande, se si passa alle ragioni d·ordine più vasto. L'editto, abbiamo detto, rientra nella politica sevcriana, cioè in una politica che, per partire da provinciali e per appoggiarsi esclusivamente sui provinciali, ha come fine il livellamento assoluto delle moltitudine costituenti l'Impero. E', quella dei cvcri, l'età del sincretismo religioso e politico: Caracalla, che introdusse in Roma i culti cl' Iside e crapidc, è di tale sincretismo la personificazione kdelc. Africano di razza, celtico di co turni, non è per nessun verso un imperatore romano e non si può comportare come tale. Agisce come oggi agiscono, nei cosiddetti paesi democratici, i negatori del razzismo; fa di Roma il crogiuolo in cui tutte le genti possono impunemente mescolarsi; e in tal modo affretta il crollo della civiltà antica, che è civiltà della razza italica. Disconosce, da barbaro qual'è. i suoi stessi intere si, poichè concedendo in massa la cittadinanza ai provinciali, parificando nel diritto tutte le province, perde la possibilità di manovrarle l'una contro l'altra, di accattivarsele con singole concessioni, e fa sì che la foro autorità sormonti quella dell'Imperatore. Favorisce, privo com'è del senso della razza, il meticciato; facendo cittadini di Roma i meticci nati dal connuhio dei soldati romani con le « peregrine », ai quali fino a quel tempo, in forza della provvidenziale legge Minicia, la cittadinanza era stata negata. Provoca il declino economico dell'halia intera, la cui prosperità non poteva andar disgiunta da una posizione di assoluto predominio politico. Dà, in una parola, la vittoria alla barbarié interna, che, minando il senso della razza, minava le basi stesse dell'Impero; e apre il passo alla vittoria della barbarie esterna, che tarderà due secoli e mezzo a diventar definitiva soltanto in grazia della straordinaria forza di resistenza delle istituzioni civili e politiche create dalla razza di Roma. Questa fu l'opera rovinosa dell'imperatore Caracalla: nato a Lione, come si è detto, e così denominato per la sua ridicola manìa di vestire alla foggia dei Galli. Il mal francese, come si vede, è di antichissima data. GIORGIOALMIRANTE · BARBARIE INTERNA ED ESTERNA 29
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