donne chiesa mondo - n. 73 - novembre 2018

DONNE CHIESA MONDO 38 DONNE CHIESA MONDO 39 L UCA 21, 1-4 Oggi il vangelo ci insegna a riconoscere Gesù come il racconto di Dio, non solo dalle parole e dai gesti ma anche dallo sguardo. E noi ricono- sciamo in lui lo sguardo del Signore Dio narra- to fin dall’inizio nella Bibbia, quello sguardo che, seme e frutto della sua compassione, diede inizio e ancora accompagna la storia della sal- vezza. Come Dio udì il sangue di Abele, la sete di Ismaele nel deserto, il dolore degli stranieri a Sodoma e il grido della dura schiavitù di Israele in Egitto senza mai distogliere lo sguardo dal dolore che ascoltava, sempre Dio ode e guarda ciò che noi non vogliamo udire né vedere. Le persone povere e sofferenti, in tutte le loro de- clinazioni antiche e nuove, che la Bibbia riassu- me con l’espressione «lo straniero, l’orfano e la vedova», sono la macroscopica evidenza della storia che noi non vogliamo vedere. Noi che temiamo tremendamente la povertà e l’esclusione come caparra e ombra della nostra M EDITAZIONE La beatitudine degli invisibili a cura delle sorelle di Bose Fausto Podavini «The Black Side Of South Africa» viene attribuito il compito di educare altre donne, affinché possano riprodurre l’ideale delle matres familiae , nonché la cura dei figli. In questo senso, esse esercitano una certa funzione magisteriale nella Chiesa, evidentemente non in veste ufficiale ma sul piano del consi- glio e della sapienza che scaturiscono dalla esperienza di una vita santa. Infatti, secondo Tit0 2, 3-5, le donne anziane devono insegnare alle giovani «ad amare i loro mariti e i loro figli, ad essere prudenti, caste, dedite ai loro doveri domestici, sottomesse ai propri mariti, perché la parola di Dio non venga screditata». Le vedove, dunque, sono modelli di comportamento per le donne sposate e anche per le vedove giovani che devono educare i figli finché si sposano nuova- mente. Che le vedove avessero una funzione evangelizzatrice si evin- ce da un frammento della Didascalia apostolorum, un antico trattato cristiano risalente alla prima metà del III secolo. Da una delle norme riportate nel testo, si intuisce che negli incontri con i pagani le vedo- ve e altri laici insegnavano questioni dottrinali, per esempio, riferite all’unità di Dio. Altre questioni erano, invece, riservate ai pastori del- la Chiesa: «Sulla punizione o sul riposo, sul regno del nome di Cri- sto, e sulla distribuzione, né una vedova né un laico parli» (capitolo 14, 3.5). Accanto alle vedove di condotta irreprensibile, c’erano anche quel- le che, dimenticando la promessa di vivere in castità, si comportava- no in modo promiscuo: «La vedova che si abbandona ai piaceri, an- che se vive, è già morta» ( 1 Timoteo 5, 6). Si sottintende che è morta dal punto di vista della fede, perché le sue passioni la allontanano dal Signore e la conducono «dietro a Satana» ( 1 Timoteo 5, 15). In queste condizioni, è meglio che si sposi. Così la pensava Paolo: «È meglio sposarsi che ardere di concupiscenza» ( 1 Corinzi 7, 9). Logica- mente le vedove giovani erano più a rischio di quelle che avevano raggiunto una certa età. L’autore costata che esse «si comportavano in modo lascivo» ( katastreniàsosin ) perché desideravano risposarsi (cfr. 1 Timoteo 5, 11) e, abbandonando la loro fede, adottavano uno stile di vita contrario alla dottrina di Cristo. Oziose, pettegole e cu- riose, le vedove giovani non facevano onore all’ordine delle vedove. Il nostro brano termina con la seguente raccomandazione: «Se qualche donna credente ha con sé (a casa sua) delle vedove, provve- da al loro sostentamento e il peso non ricada sulla Chiesa, affinché questa possa venire incontro a quelle che sono veramente vedove» ( 1 Timoteo 5, 16). Tutto fa pensare all’iniziativa privata di qualche cristia- na, forse anch’essa vedova, in favore delle vedove che sono nel biso- gno e non hanno chi si occupi di loro. Sarebbe questo un modo di aiutare la Chiesa, la quale non poteva far fronte al sostentamento di tutte le vedove. La carità resta sempre al primo posto.

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