donne chiesa mondo - n. 69 - giugno 2018
DONNE CHIESA MONDO 22 DONNE CHIESA MONDO 23 presso una delle porte della città, Bâb al-Fallâq, nella periferia sud. Se la sua agiografia ricorda i suoi pii ritiri a Jebel Zaghouan (a sud di Tunisi, lungo la via che la collega a Kairouan), in compagnia so- prattutto del discepolo più citato nei suoi Manâqib , ‘Uthmân al-Had- dâd, o ancora il suo vagare tra le tombe, a venirci mostrata è comun- que una santa che vive in mezzo agli uomini e ascolta le loro soffe- renze, e che frequenta i luoghi importanti del sufismo tunisino dell’epoca. Non sembra che abbia esercitato un’attività economica; sarebbe vissuta dei doni dei contemporanei, che ridistribuiva come elemosina ai più poveri. Non sappiamo se c’è stato un maestro sulla sua via; i suoi Manâqib la dotano tuttavia di una genealogia spirituale in cui figurano Junayd (morto nel 910), Jîlânî (morto nel 1165), Ibn al-Fârid (morto nel 1234-1235) e al-Shâdhilî (morto nel 1258), santi che ‘Â’isha ha “visto” durante le visioni, che l’hanno investita della loro via e le hanno trasmesso l’autorizzazione a esercitare il ruolo di guida spirituale. Si cerca forse di ricollegare una santa vivamente contestata in vita a dei santi più antichi e già consacrati? A ogni mo- do se la sua iniziazione a opera di Shâdhilî, il fondatore eponimo della via sufi Shâdhiliyya, così spesso asserita, è priva di consistenza storica, ‘Â’isha ha comunque avuto contatti con compagni del mae- stro, alcuni dei quali sono citati nella sua agiografia. Muore a set- tant’anni, nel 1267, e viene sepolta a Tunisi, nel cimitero, oggi scom- parso, di Sharaf (attuale piazza Gorjani), che domina la Sabkha Sijoumi. L’agiografia di ‘Â’isha è costellata di discorsi estatici, dove appare chiaramente la funzione cosmica ed escatologica attribuita alla santa, in un’epoca in cui la walâya (termine generico che designa la santità nell’islam) è più che mai, soprattutto con gli scritti d’Ibn ‘Arabî (morto nel 1240), l’erede della profezia e i santi gli eredi dei profeti, in particolare del profeta Muhammad. Nelle ardite parole di vanto che la sua agiografia le attribuisce, la santa dichiara di aver appreso il Corano da Dio stesso; nell’agiografia islamica molti santi vedono il testo rivelato “discendere” sul loro cuore, a immagine del Profeta, senza mai averlo appreso da un maestro. Allo stesso modo ‘Â’isha di- chiara di aver ricevuto dall’arcangelo Michele e da al-Khadir una be- vanda paradisiaca grazie alla quale le sono state concesse nove virtù: scienza, longanimità, certezza, raccoglimento, umiltà, benedizione, tenerezza del cuore, castità e preservazione (dal peccato). Maria, l’ar- chetipo coranico femminile della santità per eccellenza, è molto pre- sente nell’agiografia di ‘Â’isha, che rivendica un triplice legato maria- no, di gratificazione, di purificazione e di elezione. Come Maria, Dio l’ha scelta ed è stata visitata dallo Spirito di santità nel quale l’esegesi riconosce il misterioso iniziatore di Mosè (Corano 18,65). Quanto al- ‘Â ’isha al-Mannûbiyya (morta nel 1267), questa “rapita” in Dio e oggi santa più venerata in Tunisia, è figura paradossale di santità. In vita suscitò la riprovazione dei giuristi e rischiò di essere condannata per la sua trasgressione delle norme sociali, il suo celibato e la sua fre- quentazione degli uomini. Santificata dagli uni, vilipesa dagli altri, ‘Â’isha, a partire dal XIV secolo, avrebbe tuttavia conosciuto una no- torietà e poi un culto mai più smentiti fino ai giorni nostri; i due santuari ( zâwiya ) a lei dedicati (uno a Tunisi, l’altro a Manouba, dove era nata, a qualche chilometro a ovest di Tunisi), continuano ad atti- rare fedeli, devoti e gente di passaggio. Chiamata al-Sayyida (la Si- gnora), senza altro segno d’identità, ‘Â’isha è, a immagine dei santi “folli in Dio”, refrattaria a ogni tentativo di rinchiuderla in un rac- conto biografico, in una traiettoria di vita lineare e riconoscibile. Del resto, il personaggio storico ha poca consistenza. Questa santa, vene- rata sia dalla gente comune sia dalle élite del potere e del sapere, la conosciamo grazie a un’agiografia ( manâqib, letteralmente “qualità, virtù, azioni lodevoli”). L’anonimo autore del testo, redatto con ogni probabilità nel XIV secolo, era imâm della moschea di Manouba e, co- me molti autori di opere di manâqib, era ugualmente versato nelle scienze essoteriche ed esoteriche. Questa agiografia, il cui testo nel corso dei secoli ha conservato una certa stabilità, dal XIV secolo non ha mai smesso di essere ricopiata. Per il loro numero, per gli atti di donazione alla grande moschea al-Zaytūna, molti dei quali da parte dei Bey di Tunisi e dei più alti dignitari dello stato, per il loro carat- tere accurato e spesso unico della tradizione manoscritta relativa alla santa, le copie giunte fino a noi attestano la grande venerazione a lei attribuita. ‘Â’isha ha circa vent’anni quando gli Hafsidi cominciano a gover- nare per conto proprio l’Ifrîqiya e muore dieci anni prima della fine del regno di al-Mustansir (1249-1277), che assume ufficialmente il ti- tolo califfale e prolunga il periodo di pace, di sicurezza e di sviluppo economico inaugurato dal padre Abû Zakariyyâ’. Sul piano religioso, si affermano sempre più il sufismo e il malikismo. Nata attorno al 1198-1199 a Manouba, ‘Â’isha è ritenuta pazza e attira su di sé l’ira e lo scherno delle persone che la circondano. All’età di dodici anni ri- ceve la visione di al-Khadir (l’iniziatore dei santi e dei profeti, nel quale si riconosce in generale la figura coranica della sura 18,65.82), che le si presenta con i tratti di un giovane: «Tu sei iscritta sui miei registri da tremila anni», le dice. La bambina si spaventa. Per porre fine ai pettegolezzi, suo padre decide di darla in sposa a un suo cu- gino carnale; ‘Â’isha rifiuta e lascia il suo paese natale per stabilirsi a Tunisi, la capitale degli Hafsidi, in una sorta di caravanserraglio, States Diplomacy Center di Washington, il cui museo sarà completato a breve. Suor Anita della tribù Kacchi Kohli Dopo settant’anni di missione tra le popolazioni tribali stanziate in Sindh, una delle quattro province del Pakistan, la Chiesa cattolica accoglie la prima religiosa della tribù Kacchi Kohli. È la ventinovenne Anita Maryam Mansingh della congregazione della Presentazione della beata Vergine Maria. Nata a Tando Allahyar, piccola città vicino a Mirpur Khas, ed entrata tra le suore della Presentazione dopo aver acquisito la laurea in scienze dell’educazione, da anni suor Anita è impegnata nel campo dell’istruzione. Da tempo le religiose svolgono un ruolo delicatissimo a favore delle persone più vulnerabili della zona a prescindere da religione o etnia, ma sicuramente la nuova presenza di una religiosa appartenente a una delle popolazioni tribali locali potrà ancor più avvicinare scettici e critici. >> 19
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