donne chiesa mondo - n. 69 - giugno 2018
DONNE CHIESA MONDO 18 DONNE CHIESA MONDO 19 gente pensasse che fosse ubriaca. Questa donna era a sua volta una devota. Si chiamava Râbi‘a bint Ismâ‘îl, e come la più famosa Râbi‘a al-‘Adawiyya di Basra era affiliata alla stessa tribù. Anche suo marito era un famoso devoto, ma per volontà di lei la loro unione era casta. In questo caso il secondo matrimonio non viene sventato, ma il re- sponso della “piccola saggia” afferma la superiorità spirituale della moglie sul marito, e anche il primato del nucleo spirituale del Cora- no rispetto alle sue parti normative. strategia comunicativa adottata anche durante gli anni in cui Albright fu la prima donna della storia a guidare la diplomazia del suo paese. Bastava guardare il gioiello appuntato sul suo tailleur per capire lo stato d’animo del segretario di stato, e dell’amministrazione Clinton: tre scimmiette non vedo non sento non parlo dopo il rifiuto di Putin di riconoscere gli orrori commessi dai russi in Cecenia; una broche a forma d’ape dinnanzi i continui ostacoli posti da Arafat alla trattativa sul Medio oriente; un angelo d’oro per commemorare le 212 vittime degli attentati in Tanzania e Kenya. Del resto Read my pins: Stories from a Diplomat’s Jewel Box è il titolo del libro che la stessa Albright scrisse nel 2009, e dal canto loro le spille sono state oggetto di una mostra itinerante per anni. Nel 2017 la signora che Saddam Ussein definì «un serpente senza uguali» (definizione che non solo lusingò Albright ma le fece venire l’idea dei messaggi via gioiello) ha recentemente donato la sua collezione al United >> 23 >> 15 mio servizio, eppure questo potere non mi distrae da Lui». Il giorno in cui mi disse questo, seppi che rango aveva raggiunto questa donna. Mentre eravamo seduti lì, venne una donna che si rivolse a me. «Fratello — mi dis- se — ho saputo che mio marito, che ora si trova a Jerez de la Frontera, sta per sposarsi laggiù con un’altra don- na. Che te ne pare?». Le dissi: «Vuoi che ritorni?». «Sì», rispose. Mi voltai verso la vecchia e le dissi: «Madre, non hai sentito la richiesta di questa donna?». Disse: «E tu che vuoi, figlio mio?». Dissi: «Che sia immediatamen- te esaudito il suo desiderio, e il mio, che suo marito tor- ni». «Agli ordini!» disse lei. «Manderò subito la sura Aprente a prendere il marito di questa donna». La sura Aprente prese forma man mano che la recitava insieme a me. Conobbi il rango che aveva raggiunto quando vidi che con la sua recitazione suscitava la sura Aprente nella forma di un corpo aereo che poteva mandare dove vole- va. Dopo che le ebbe dato forma, sentii che le diceva: «O sura Aprente, va’ a Jerez e portami lo sposo di que- sta donna! Non lasciarlo finché non lo avrai riportato!». L’uomo partì da Jerez in quello stesso istante, arrivò nel- lo stretto tempo necessario a compiere il viaggio, e si ri- congiunse con sua moglie. Fatima si dilettava di suonare il tamburino e lo faceva con molta gioia. Quando gliene chiesi il motivo, rispose: «Sono in festa per Lui, perché si è preso cura di me, mi ha dato un posto fra i suoi amici, e mi ha presa al suo esclusivo servizio. Chi sono io perché questo gran Signo- re mi preferisca ai miei simili? Quanto è fiero il mio Compagno! È di una gelosia indescrivibile! Ogni volta che l’ho trascurato per procurarmi di che vivere con un lavoro, mi ha colpito con una sciagura nella cosa che mi teneva occupata». A questo riguardo, mi ha fatto vedere cose straordinarie. Ero costantemente al suo servizio con la mia persona. Le costruii con le mie mani una capanna di giunchi alta quanto lei, dove abitò fino alla sua morte. Mi diceva: «Io sono la tua madre divina, e Nur è la tua madre ter- rena». E quando mia madre veniva a farle visita, le dice- va: «Nur, lui è mio figlio e tuo padre. Onoralo e non di- spiacergli!». Ibn ‘Arabî, Le rivelazioni della Mecca , dal capitolo sull’amore ( bâb al-mahabba ) Fra le donne dotate di amore e di sapienza, ne ho cono- sciuta personalmente una, che ho servito come discepolo a Siviglia. Si chiamava Fatima, figlia di Ibn al-Muthanna il cordovano. Al tempo in cui sono stato al suo servizio aveva più di 95 anni, ma mi vergognavo di guardarla in volto perché, malgrado l’età, aveva le guance rosee e la fresca bellezza di una ragazza di quattordici anni nel pieno della sua grazia. Aveva uno stato spirituale con Dio. Mi preferiva a tutti gli altri discepoli che la frequenta- vano. Diceva: «Non ho mai visto nessuno come lui: quando viene da me, viene con tutto sé stesso, senza la- sciare fuori alcuna parte di sé. E quando se ne va, se ne va con tutto sé stesso, senza lasciare indietro alcuna par- te di sé». L’ho sentita dire spesso: «Mi sorprendo di chi dice di amare Dio ma è senza gioia. Quando Lui è l’oggetto della testimonianza, l’occhio lo contempla in ogni cosa, senza che Lui sparisca nemmeno per un batter di ciglia. Quelli che stanno sempre a piangere, come possono pre- tendere di amarlo? Non si vergognano? Se sono più vici- ni a Lui di chiunque altro — perché nessuno Gli è più vi- cino dell’amante che Lo contempla — di cosa piangono? Questa è davvero una grande stranezza!». Poi mi diceva: «Che dici, figlio mio, di quel che dico?». E io le rispon- devo: «È come dici tu, madre mia». Una volta disse: «Strano! Il mio Amato mi ha fatto dono della sura Aprente del Libro ( Fâtihat al-kitâb ): è al
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