donne chiesa mondo - n. 69 - giugno 2018

DONNE CHIESA MONDO 16 DONNE CHIESA MONDO 17 La madre spirituale di Ibn ‘Arabî di S AMUELA P AGANI C onosciamo Fatima bint Ibn al-Muthanna, santa donna vissuta a Sivi- glia fra il XII e il XIII secolo, solo grazie a un suo eccezionale disce- polo, il grande mistico Ibn ‘Arabî (morto nel 1240), che ha lasciato il ritratto di questa sua madre spirituale in tre dei suoi libri. In due di questi, Ibn ‘Arabî la ricorda fra i maestri che frequentò in Andalusia nella prima parte della sua vita. Il terzo è la sua opera maggiore, Le rivelazioni della Mecca , scritta dopo la sua partenza per l’oriente mu- sulmano. Nel capitolo sull’amore di questo libro, da cui è tratta la traduzione che segue, Ibn ‘Arabî ricorda molti celebri esempi letterari di uomini e donne rapiti dall’amore di Dio, tratti dalla letteratura agiografica. Fatima è però l’unica contemporanea di cui è evocata in questo contesto l’esperienza vissuta, un’esperienza strettamente in- trecciata con quella dello stesso autore. L’episodio, unico in questa versione, dell’incontro fra le sue due madri, quella spirituale e quella terrena, dà un’idea di quanto il rapporto con questa anziana maestra abbia contato nella sua formazione spirituale e nella sua vita affettiva. Fatima appare qui, a più di novant’anni, circondata da discepoli che la servono con devozione filiale e da donne che la consultano F ATIMA DI S IVIGLIA per le loro necessità. Come mostrano i ritratti paralleli che Ibn ‘Arabî ha dato di lei negli altri libri, in anni precedenti, la sua povertà e la sua condizione di donna «follemente innamorata di Dio» l’avevano esposta al disprezzo e l’avevano fatta considerare una “idiota”. Una volta, il muezzin della grande moschea di Siviglia era arrivato persi- no a picchiarla con il suo bastone la notte della festa del Sacrificio. Fatima si sdegnò contro di lui, ma pregò Dio di non punirlo. In se- guito, il muezzin incorse nell’ira del sultano, che però si accontentò di schiaffeggiarlo rinunciando a infliggergli una punizione più seve- ra. Fatima commentò: «Se non avessi interceduto perché la sua pena fosse alleviata, sarebbe stato ucciso». Lo straordinario «rango» di Fa- tima si manifesta, quando è ormai una “vecchia” (in arabo ‘ajûz , da una radice che esprime la debolezza e l’impotenza), nel suo potere di «dare forma» alla sura detta “aprente” ( Fâtiha ). Al di là dell’uso tau- maturgico della preghiera, questo prodigio adombra un ulteriore li- vello di significato. Come Ibn ‘Arabî spiega nel capitolo delle Rivela- zioni della Mecca sui segreti della sura Aprente, uno dei suoi nomi è «madre del libro» ( umm al-kitâb ), non soltanto perché è la preghiera che inaugura il Corano, ma perché è il simbolo della matrice da cui il libro ha origine nel mondo divino. La preghiera che sta al servizio di Fatima è la personificazione di una realtà trascendente, resa possi- bile dalla forza creatrice della recitazione della santa. La missione che Fatima affida alla preghiera, impedire al marito di una devota di prendere una seconda moglie, impedisce il compimento di un atto perfettamente legittimo dal punto di vista della legge islamica, ma ingiusto nella misura in cui causa divisione e sofferenza. L’intervento di una donna santa a favore di un’altra donna in una simile situazione ha un parallelo nel ritratto di Hukayma di Dama- sco, una santa vissuta nella prima metà del IX secolo. Come racconta il suo biografo Sulami (morto nel 1021), un giorno una discepola di Hukayma, il cui nome significa “piccola saggia”, o “piccola filosofa”, andò a trovarla e la trovò che leggeva il Corano. Appena entrò, la maestra la guardò e le disse: «Ho saputo che tuo marito ha deciso di prendere una seconda moglie». «È così», disse l’altra. Hukayma con- tinuò: «Se, come dicono, è un uomo di senno, come può accettare che il suo cuore si distolga da Dio impegnandosi con due mogli? Sei a conoscenza dell’interpretazione del versetto: “Il giorno quando a nulla serviranno ricchezze e figli e solo varrà chi avrà portato a Dio un cuore sincero” [ Corano 26,89]?». «No», rispose l’altra. «La sua in- terpretazione», continuò Hukayma, «è che incontrerà Dio quando nel suo cuore non ci sarà che Lui». La donna raccontò poi che dopo aver sentito queste parole si mise a camminare per i vicoli della città dondolandosi per la felicità, con un tale trasporto che temette che la

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