donne chiesa mondo - n. 67 - aprile 2018
DONNE CHIESA MONDO 28 DONNE CHIESA MONDO 29 degnamente degna di te. Umile, serva, tutte quelle cose e quelle consuetudini. Ma ho lottato forte, per meritarmi questa vestina usata. È il 24 agosto 1555. La data della mia vera nascita. 7. Estasi Ed ecco, infine, quello che volevo. Essere morta in vita. Essere altrove. 8. Fama Obbedisco anche quando sono in estasi. Monsignor Giovanbattista Campeggio, vescovo di Maiorca, viene a chiedermi consiglio. E poi il suo successore, Diego de Arnedo. Sono una semplice suora. Sono un’autodidatta. Non un granché di donna. Non sono che un tuo trami- te, l’infimo altoparlante della voce di Dio. Ob- bedisco sempre. Vado alla grata anche se non voglio. Non volevo la fama, volevo Dio. Cos’è mai la fama presso gli uomini, per chi vuole co- lui che è tutto? Ma gli uomini hanno bisogno delle sue paro- le, che lui ha la bontà di spendere attraverso questo mio corpo inutile, utile solo a essere por- tatore dell’acqua benedetta della sua voce. Poi- ché lui parla nel silenzio — e ci vuole silenzio, per ascoltarlo. Noi consorelle, qui, abbiamo il privilegio del silenzio, il lusso del silenzio. Non c’è quasi più il corpo. C’è l’infinito dell’amore. Punto. 9. Miracoli Sommando tempo a silenzio, divento mio malgrado miracolosa. Non voglio che si sappia, ma si viene a sapere: le estasi durano tanto che non posso più nasconderle. Giorni interi, poi giorni e giorni. Vedo gli angeli e faccio profezie. Quando combatto contro la legione infernale ri- porto ferite. I santi mi guariscono. Potrebbero non farlo. Guardo il mondo, Gesù, e non vedo il mon- do, vedo te ovunque. Come un’innamorata se- parata dallo sposo si circonda dell’immagine di lui, getta la faccia negli abiti di lui, per respirare ancora il suo profumo, così perdutamente getto la faccia in me, cerco il profumo dell’infinito amore, cerco dentro di me quello che non fini- sce: nel buio profondo, nel silenzio assoluto, nel nulla a capofitto che è in un essere umano. Che m’importa del mondo. Desidero che tutte le creature abbiano fiducia nelle proprie risorse, desidero che affidino la propria salvezza alle proprie stesse mani. Perché so, io lo so, che tu sai farti piccolo co- me le nostre mani. 10. Finalmente Muoio. Me ne vado da questa prigione. L’autrice Maria Grazia Calandrone è poetessa, scrittrice, drammaturga, autrice e conduttrice Rai, scrive per il «Corriere della Sera» ed è regista de «I volontari», documentario sull’accoglienza ai migranti per «Corriere TV ». Tiene laboratori di poesia in scuole, carceri. Tra gli ultimi libri: Serie fossile (Crocetti, 2015; premi Marazza e Tassoni, rosa Viareggio), Gli Scomparsi. Storie da “Chi l’ha visto?” (Pordenonelegge, 2016; premio Dessì), Il bene morale (Crocetti, 2017) e Per voce sola , raccolta di monologhi teatrali, disegni e fotografie, con cd di Sonia Bergamasco ed EstTrio (ChiPiùNeArt, 2016). Sue sillogi compaiono in antologie e riviste di numerosi paesi (www.mariagraziacalandrone.it ). P AOLO E LE DONNE Lidia: guida della prima Chiesa domestica a Filippi di M ARIA P ASCUZZI
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