donne chiesa mondo - n. 67 - aprile 2018
DONNE CHIESA MONDO 18 DONNE CHIESA MONDO 19 zione dal 1939 al 1945 a un centinaio di chilometri a nord di Berlino, che inizialmente conteneva duemila donne, tutte prigioniere politiche tedesche e austriache, ma arrivò alla fine a contenerne oltre quaranta- cinquemila. Tranne che in alcuni momenti, in particolare nel periodo finale, le detenute erano in prevalenza politiche, asociali, zingare, donne accusate di avere avuto rapporti con ebrei inquinando la raz- za. Le ebree non superavano il 10 per cento. Il numero delle donne che vi perirono oscilla, a seconda degli storici, tra trenta e novanta- mila. Il numero delle donne che vi furono detenute complessivamen- te supera centomila. A partire dall’autunno 1944, quando le camere a gas di Auschwitz smisero di funzionare, il campo fu dotato di una, forse due, camere a gas e funzionò come campo di sterminio. Ravensbrück fu liberato dall’Armata rossa il 30 aprile 1945. Come capoblocco della baracca delle Testimoni di Geova, Grete portava al braccio una fascia verde che le consentiva una certa libertà di movimento. Milena, arrivata da poco e posta nel blocco delle nuove arrivate poteva fare una breve passeggiata al giorno, ed è gra- zie a questa circostanza che le due prigioniere cominciarono a vedersi ogni giorno, lungo la via stretta che divideva le baracche delle nuove arrivate dal muro del campo, alto e percorso dall’alta tensione, una via che Milena aveva soprannominato «il muro del pianto». Milena interrogò a lungo Grete sulla sua storia nella Russia di Stalin, sui suoi rapporti con il comunismo. Era una storia che la interessava molto come giornalista, ma anche personalmente perché anche lei, come Grete, era passata attraverso l’ideologia comunista e veniva ora boicottata dalle detenute politiche comuniste e considerata una tradi- trice. È questa, del permanere degli odi e delle scomuniche anche nei campi di concentramento, nelle prigioni, al confino, una storia tragi- ca che riguarda tutto l’universo comunista dell’epoca, nei tempi tre- mendi delle purghe di Stalin e dell’accordo tra Unione Sovietica e Germania, ma anche dopo. Non dimentichiamo che Stalin fece de- portare nel gulag la maggior parte dei soldati e degli ufficiali dell’Ar- mata rossa sopravvissuti ai lager perché “sospetti” di tradimento. Da questi lunghi discorsi dell’inizio della loro amicizia nasce un progetto, quello di scrivere un libro insieme una volta liberate dal la- ger, un libro sulle due esperienze di concentramento, il gulag e il la- ger. Lo avrebbero chiamato «L’era dei campi di concentramento». Doveva passare mezzo secolo perché questa prospettiva, da loro divi- nata, divenisse possibile. Inizia così la loro amicizia, destinata a du- rare fino alla morte di Milena, e divenuta per le due detenute una vera e propria ragione di vita nell’orrore del campo. «Quando erava- mo insieme — scrive Grete — Milena e io riuscivamo a tollerare l’in- sopportabile presente. Ma per la sua forza e la sua esclusività, la no- Era, Milena, una giornalista e scrittrice praghese, nata nel 1896. Quando morì a Ravensbrück aveva quarantasette anni. Margarete era di tre anni più giovane, era un’ebrea tedesca, comunista. Aveva spo- sato il figlio di Martin Buber (di qui il cognome Buber) da cui aveva avuto due figlie e da cui aveva divorziato nel 1929. Margarete era in questa fase della sua vita una comunista di ferro, anche le ragioni del suo distacco da Buber erano nell’allontanamento di lui dal partito comunista, e in nome della sua ideologia aveva perso le figlie, che erano state affidate alla suocera e che nel 1938 erano emigrate in Pa- lestina. Dopo il divorzio da Buber, Margarete aveva sposato un politico comunista, Heinz Neumann. Nel 1933 fuggirono in Spagna, poi in Svizzera, e infine in Unione Sovietica. Vivevano a Mosca nell’Hotel Lux, il luogo dove vivevano i comunisti stranieri. Qui nel 1937, nel clima ormai delle grandi purghe, Neumann fu arrestato dalla polizia e fucilato. L’anno successivo anche Margarete fu arrestata e condan- nata a cinque anni di gulag. Fu inviata in Kazakhstan, nel campo di Karaganda. Due anni dopo l’Unione sovietica, ormai stretta alla Ger- mania dal patto Ribbentrop-Molotov, consegnò ai nazisti tutti i tede- schi rifugiati, ebrei o comunisti che fossero. «Ci fermammo tenendo lo sguardo puntato sulla sponda opposta del ponte ferroviario che delimitava la frontiera tra la zona polacca occupata dai tedeschi e quella presidiata dai russi. Dall’altra parte un militare stava dirigen- dosi a passi lenti verso di noi. Quando si fece più vicino riconobbi il berretto delle SS » racconta Margarete Buber-Neumann. Fu così che sul ponte di Brest Litovsk fu consegnata ai nazisti che la spedirono a Ravensbrück, campo femminile aperto nel 1939. Milena Jesenska era una delle figure più note dell’intelligentzia praghese, una sorta di folletto pieno di vita, corteggiata e amata da molti, non solo da Kafka, con cui ebbe una storia infelice e appassio- nata. Entrò anche lei, come tanti altri intellettuali, nel Partito comu- nista, ma se ne distaccò presto e ne fu espulsa nel 1936. Fu una gior- nalista di successo, scriveva per la più prestigiosa rivista di politica e cultura, «Pritomnost». I suoi articoli del 1938-1939 ci offrono uno sguardo lucido sulle vicende della Cecoslovacchia, sul tradimento delle democrazie a Monaco, sull’invasione. Aveva una figlia, Jana Honza. Con l’invasione, Milena si buttò nella resistenza. Ma fu arre- stata nel novembre 1939. Un anno dopo fu inviata a Ravensbrück, dove entrò quindi come prigioniera politica. Ci sarebbe rimasta quat- tro anni, fino alla morte. Ed è quindi nel lager di Ravensbrück che queste due donne si in- contrarono. Era un campo di concentramento per sole donne in fun- inglese, che ammette in gara solo thriller in cui non compaiano donne «picchiate, molestate, sessualmente sfruttate, violentate o uccise». Della giuria del premio, fondato dalla scrittrice e sceneggiatrice Bridget Lawless, farà parte anche l’attrice e scrittrice Doon Mackichan, che ha realizzato per la Bbc un documentario sull’incremento di violenza sulle donne in tv. Il romanzo vincitore sarà proclamato il prossimo 25 novembre, in concomitanza con la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. «Sicuramente non sono la sola — ha dichiarato Lawless — a essere sempre più disgustata da queste rappresentazioni di violenza. Sono rappresentazioni che ampliano, esagerano e normalizzano ciò che accade alle donne nel mondo reale». Istruzione contro la tratta in Nepal Migliorare l’istruzione e l’occupazione di ragazze e donne è la >> 21 >> 15 Milena Jesenska e Margarete Buber-Neumann in un fotomontaggio sulle fotografie delle donne internate a Ravensbrück
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