donne chiesa mondo - n. 64 - gennaio 2018

DONNE CHIESA MONDO 2 DONNE CHIESA MONDO 3 L’ INTERVISTA di M ARIELLA B ALDUZZI La via femminile alla ricerca scientifica L a professoressa Brisken è una brillante ricercatrice nel campo biome- dico, dove è riuscita ad affermarsi in prestigiosi istituti di ricerca ne- gli Stati Uniti, in Germania e in Svizzera, riconosciuta a livello inter- nazionale per i suoi lavori sul controllo endocrino dello sviluppo del- la ghiandola mammaria e sul ruolo degli ormoni e dei composti con attività ormonale nella carcinogenesi. L’obiettivo dei suoi studi è quello di comprendere i meccanismi cellulari e molecolari attraverso i quali l’esposizione a ormoni endogeni ed esogeni contribuisce all’in- sorgenza del tumore della mammella, in modo da poter prevenire e curare questa patologia. Professoressa Brisken, come spiega la difficoltà delle scienziate a progredire nella loro carriera fino ai livelli dirigenziali? Nella mia realtà lavorativa, le donne ai vertici delle istituzioni di ricerca scientifica sono effettivamente una minoranza, laddove il nu- mero di dottorati pressoché si equivale. Personalmente non credo, come spesso si dice, che ciò dipenda dal maggior coinvolgimento delle donne nelle problematiche personali e DONNE CHIESA MONDO Mensiledell’OsservatoreRomano direttoda L UCETTA S CARAFFIA In redazione G IULIA G ALEOTTI S ILVINA P ÉREZ Comitatodi redazione C ATHERINE A UBIN M ARIELLA B ALDUZZI E LENA B UIA R UTT A NNA F OA R ITA M BOSHU K ONGO M ARGHERITA P ELAJA Progettografico P IERO D I D OMENICANTONIO www.osservatoreromano.va dcm@ossrom.va perabbonamenti: donnechiesamondo@ossrom.va Ferdinand Hodler «Canzone da lontano» (1906) Il sapere scientifico è stato per lunghi secoli appannaggio quasi esclusivo degli uomini e sostanzialmente precluso alle donne . È solamente a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, da quan- do, cioè, si cominciò a concedere alle donne la possibilità di accedere all’istruzione superiore — basti pensare che solo nel 1867 l’École Po- lytechnique di Zurigo, in anticipo rispetto ad analoghe prestigiose istituzioni europee, consentì alle donne l’accesso ai suoi corsi — che il numero di scienziate nei paesi occidentali è diventato rilevante. La lotta delle donne per essere ammesse nelle università non a caso è contestuale a quella dell’emancipazione femminile: soltanto nel XX secolo si assiste infatti all’ingresso di un grande numero di donne nelle facoltà di scienze e di medicina. Si comprende quindi il motivo per cui le donne che si sono distinte nel passato fossero in grande maggioranza cultrici di discipline umanistiche e raramente scienziate. È infatti difficile progredire nel sapere scientifico senza una forte pre- parazione specifica e al di fuori delle istituzioni universitarie. La storia ci tramanda i nomi di poche decine di scienziate nell’an- tichità, solo una decina nel medioevo, soprattutto monache, quasi nessuna tra il 1400 e il 1500, 16 nel Seicento, 24 nel Settecento, 108 nell’Ottocento. Il contributo delle donne al progresso della scienza dal Novecento è stato invece notevole, sebbene non privo di ostacoli, e numerose sono le grandi scienziate il cui nome è legato a scoperte di fondamentale importanza nella fisica, nell’astrofisica, nell’informa- tica, nella medicina e nella biologia, ma più si sale nella gerarchia scientifica, più la percentuale delle donne diminuisce. In Europa, per esempio, il 60 per cento dei ricercatori in biologia è di sesso femmini- le, ma di questa maggioranza appena il 6 per cento arriva a dirigere i laboratori che contano. Ma quelle che hanno lasciato il loro segno, l’hanno lasciato sul serio, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche da quello umano, cosa che non tutti gli scienziati maschi han- no saputo fare. ( mariella balduzzi ) L’ EDITORIALE

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