donne chiesa mondo - n. 56 - aprile 2017

DONNE CHIESA MONDO 14 DONNE CHIESA MONDO 15 co se necessario. Quanto attento ascolto meriterebbero le madri; quante fatiche delle madri che, se trovassero nell’ascolto un aiuto, non dominerebbero come tiranni la vita dei piccoli. E le donne sarebbero meno sole se la parola pubblica dei media non s’accanisse sulla maternità usando parole di piombo con vergo- gnosa leggerezza. Ogni retorica sulla maternità, che la mistifichi cosi- ficandola o, al contrario, la svaluti e la banalizzi, è loro nemica. Il più triste esempio di parola pubblica irrispettosa delle donne è come viene trattato l’argomento bruciante e doloroso dell’aborto: si pensi a tutto ciò che viene urlato. Una realtà drammatica e intima come que- sta la si usa addirittura come propaganda politica. Non si rispetta la solitudine che accompagna l’angoscia della donna coinvolta, il tor- mento della contraddizione intima di tutta se stessa, il dramma deso- lato di una donna incinta che crede di non poter accogliere e crescere quel nuovo essere che si è annunciato dentro di lei. Pur conoscendo, ognuno, situazioni familiari affettivamente miserabili, non c’è lo sfor- zo rispettoso e silenzioso di immaginare ciò che induce a impedirsi di generare in tali condizioni per il nuovo essere: perché non basta partorirlo. Che la decisione sia imposta dal partner, dalla famiglia, dal rischio di perdere l’unico lavoro e l’unica entrata economica per sé e la prole, dall’alta probabilità di una malformazione grave del fe- to, o da un’impotenza affettiva propria o ambientale, è comunque una violenza che ci ferisce anima e corpo, incancellabile dalla nostra memoria affettiva, corporale e morale. E spesso il culmine della soli- tudine nella quale quasi sempre avviene questo dramma è l’assenza del partner a condividerne lo strazio. Ma nelle chiese di Dio dovrebbe esserci una coscienza del tutto diversa, una fedeltà fatta di corresponsabilità tra i genitori e una soli- darietà di fraternità nella comunità che dovrebbe preservare le donne dai peggiori drammi della maternità in solitudine. Poiché neppure il Signore Dio ha imposto la maternità a Maria, ma le ha chiesto il suo consenso fiducioso, uomini e donne dovrebbero chiedersi l’un l’altro il consenso previo a generare, visto che tentiamo di farci imitatori di Dio. E questo, con l’aiuto di leggi e servizi sociali che aiutino le don- ne e datori di lavoro che non le ricattino, renderebbe la maternità ben più desiderabile, possibile e umana, e del tutto rara la tragedia dell’aborto. E c’è la solitudine delle donne entrate nella malattia o debolezza dell’anzianità. Abituate a occuparsi degli altri e non di sé, se in fami- glia non scatta l’idea di occuparsi di loro, questa solitudine le rattri- sta convincendole di essere solo uno strumento per il bene altrui. storie. E l’Avsi ha voluto ricordare le donne che, nelle periferie sperdute del mondo, accendono sviluppo e contagiano speranza. La prima storia è quella di Claudine, una donna coraggiosa. Sei figli, un marito violento alle spalle e una grande forza d’animo. Al centro Meo dell’Avsi in Burundi, che si occupa di mamme e bambini, grazie a un percorso di accompagnamento e sostegno da parte di una psicologa, è riuscita a curare le ferite profonde che la violenza subita in famiglia le aveva lasciato e quindi a ripartire. Oggi, dopo un corso di alfabetizzazione, sa leggere e scrivere, ed è diventata socia di un’associazione di donne per attività di vendita di ortaggi. Claudine è divenuta un punto di riferimento per la sua comunità e l’Avsi chiede di sostenere lei e altri progetti per e con le donne L’esilio delle giovani nepalesi Nel Nepal occidentale esiste una tradizione >> 19 >> 12

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