donne chiesa mondo - n. 56 - aprile 2017
DONNE CHIESA MONDO 12 DONNE CHIESA MONDO 13 terno, come d’altronde ogni amore, per una donna è difficile su tale argomento esprimersi liberamente quando i propri sentimenti sono penosamente contrari alla vulgata retorica; e questa afonia è solitudi- ne. E se poi la maternità avviene in situazione di affetti precari, cosa non rara, senza l’aiuto di un partner responsabile, solidale nella cura e non latitante, l’esperienza di madre è penosa e dolorosa. E la con- sapevolezza ormai diffusa che il proprio bambino crescerà e si svilup- perà in modo buono solo grazie al buon attaccamento a una madre accogliente, peggiora la situazione. È inaccettabile che la società lasci le madri nella solitudine senza aiuti, e che la futura salute della so- cietà sia così gravata quasi solo sulle loro spalle, senza i necessari so- stegni sociali: luoghi di incontro e dialogo, lunghi congedi per ma- ternità, lunga garanzia del posto di lavoro, nidi, e sostegno economi- Edward Hopper studi per «Morning Sun» (1952) A pagina 10 Felice Casorati «Cucitrice nella soffitta» (1931) Nella pagina successiva Leon Wyczołkowski «Donna che prega nella chiesa di Bochnia» (1910) Protettrice delle maltrattate La figura di Teresa Spinelli, da poco proclamata venerabile, è stata ricordata sabato 11 marzo durante un convegno dove Lucetta Scaraffia, nella sua relazione introduttiva, ha proposto che venga proclamata protettrice delle donne maltrattate e abusate. Teresa Spinelli, fondatrice della congregazione delle Serve di Gesù e Maria, nata proprio nello stesso anno della rivoluzione francese, ha avuto una vita difficile: sottoposta ad angherie dal marito, ha ottenuto la separazione e ha lavorato per mantenere la famiglia, impegnandosi a costruire scuole per le donne povere. Sostegno ai progetti concreti La festa della donna è fatta di nomi e D AL MONDO >> 15 dre oggetto del compianto amoroso. L’attenzione compassionevole di Gesù trovava sempre i più poveri, i più soli tra i soli: e per lui sono le donne, prime quelle incinte o che allattano. Nel disastro generale, a loro è riservato il doppio del terrore e del dolore: per l’altro e per se stesse, così indispensabili all’altro. Parole di un’attualità sconvol- gente: ogni giorno vediamo le spaventose tribolazioni delle popola- zioni in fuga, e che le donne sono ancora le più povere, oggetto di torture e umiliazioni supplementari, spesso incinte e allattanti, e con piccoli da salvare. Ma ciò che le catastrofi aumentano esponenzial- mente avviene già, nascosto, nella vita ordinaria. La maternità, fino a poco tempo fa considerata l’unica grandezza e dovere delle donne anche in occidente, loro unica identità e ruolo, è ancora avvolta di una retorica che le rende afone. E così le donne vivono in solitudine tutto ciò che comporta: il turbamento della per- dita della propria identità e libertà precedente, della responsabilità tremenda della vita di un altro, il risveglio dei propri vissuti di figlia, e la fatica di una cura senza esoneri. In una società che usa il lavoro per dividere la maggioranza delle persone in esuberi o semi-schiavi sottopagati ricattati dalla precarietà, le donne sono ancora le più svantaggiate. In Italia, la retorica sulla maternità non è accompagnata da nessun aiuto che la tuteli, e combi- nare lavoro e maternità spesso è impossibile. Sempre, un’impresa. Come generare creature che non possono mantenere se, al 95 per cento di probabilità, le madri perderanno il lavoro in caso di mater- nità? La riprova di ciò è il caso che è andato su tutti i giornali italia- ni: un datore di lavoro che assume una donna al nono mese di gravi- danza! È proprio l’eccezione che conferma la regola. E che fatica quando il lavoro c’è e i figli pure. E se il lavoro è di un certo tenore, e chiede viaggi e convegni, le donne sono sole più che mai nelle esi- genze contrapposte della carriera e della maternità. Questa solitudine è piena di dubbi e di scrupoli nel sentirsi, per forza di cose, mai ade- guate all’una e all’altra realtà: troppo poco tempo a casa, troppo po- ca disponibilità al lavoro rispetto ai colleghi maschi. E occorrerà che siano tre volte migliori di loro per procedere! Questo conflitto inte- riore che affligge ed estenua le donne che hanno un lavoro, e il cui prezzo sono sole a pagare, gli uomini non lo conoscono né poco né tanto. E la maternità in se stessa pure è una realtà che non va affatto da sé. Occorrerebbero spazi sociali di accoglienza, di ascolto e di con- fronto dove fosse possibile per ogni madre dire nella libertà la verità della propria fatica e del proprio sgomento. Sebbene le scienze uma- ne ci abbiano avvertiti delle contraddizioni di cui soffre l’amore ma-
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