donne chiesa mondo - n. 52 - dicembre 2016

DONNE CHIESA MONDO 2 DONNE CHIESA MONDO 3 L’ INTERVISTA di V INCENZO F ACCIOLI P INTOZZI Da migranti a vittime della tratta Una donna madre di tre figli da anni combatte nelle Filippine contro le nuove schiavitù E migrare sembra, per moltissime donne del continente asiatico, l’unica speranza per vivere una vita dignitosa. Ma troppo spesso l’emigrazio- ne diventa un inferno: il viaggio verso un futuro migliore si scontra infatti con la realtà della tratta degli esseri umani. Dopo una vita di atrocità subite e testimoniate, lottare per salva- guardare la dignità del prossimo potrebbe apparire un’utopia. Anni di lavoro minorile, di carcere duro per motivi politici, di soprusi e di violenza sarebbero stati per molti motivo per chiudersi in un angolo e pretendere dalla vita il saldo del conto. Cecilia Flores-Oebanda non l’ha fatto: madre di tre figli, moglie e sopravvissuta al regime dei Marcos, da anni lavora per salvare le vittime del traffico di esseri umani nelle Filippine. Uno degli snodi geograficamente fondamenta- li di questo orribile commercio, che trasforma le aspirazioni di chi cerca una vita migliore — in maggioranza donne — in un inferno di abusi e di silenzi complici, di corruzione e di sopraffazione. Per contrastare la compravendita dei suoi connazionali, Flores- Oebanda ha creato nel 1991 la fondazione Visayan Forum. «Il primo impegno, quello più importante e più pressante, è quello dell’azione preventiva: noi cerchiamo in ogni modo — dice — di intercettare le DONNE CHIESA MONDO Mensiledell’OsservatoreRomano acuradi L UCETTA S CARAFFIA In redazione G IULIA G ALEOTTI S ILVINA P ÉREZ Comitatodi redazione C ATHERINE A UBIN M ARIELLA B ALDUZZI A NNA F OA R ITA M BOSHU K ONGO M ARGHERITA P ELAJA Progettografico P IERO D I D OMENICANTONIO www.osservatoreromano.va dcm@ossrom.va perabbonamenti: donnechiesamondo@ossrom.va Donne in fuga Ci stiamo abituando a vedere i corpi dei bambini naufraghi, immobi- li: è questa l’immagine più dura, più disumana, più intollerabile per tutti coloro che hanno a cuore il valore della vita. Abbiamo toccato il fondo ma la risalita non è ancora iniziata. I nuovi dati 2016 sulle tragedie in mare non lasciano spazio a incertezze o speranze: almeno 600 bambini e 3800 adulti avrebbero già perso la vita o risulterebbe- ro dispersi nel Mediterraneo, che si conferma il cimitero dei disperati in fuga da guerre e povertà nel sud del mondo. Ma questo non è un processo solo europeo. C’è un altro confine, fra Stati Uniti e Messi- co, dove ogni anno centinaia di persone muoiono nel tentativo di at- traversarlo. Quasi sempre partono dall’America centrale per raggiun- gere un familiare negli Stati Uniti. Molti non ce la fanno, uccisi da- gli stenti o venduti ai trafficanti di esseri umani. È esattamente a tutti loro, e in particolare alle donne che emigrano, doppiamente vittime, che abbiamo voluto dedicare questo numero di «donne chiesa mon- do», l’ultimo di quest’anno: alle persone in fuga che, spostandosi in massa, modificano la geografia dei confini e la geopolitica mondiale, scompongono gli equilibri e ci costringono a ripensare i nostri valori più profondi. Il filo che lega le storie di donne che proponiamo ri- guarda la solitudine del percorso, dove velocemente dalla speranza della partenza si entra in un vero e proprio calvario in nome della vi- ta futura. Abbandonate a se stesse, intrappolate alle porte dell’Euro- pa o dell’America o in fuga dai paesi asiatici, queste migranti sono vittime impotenti di violenze continue. Loro malgrado, queste donne sono protagoniste di uno dei capitoli della terza guerra mondiale evocata dal Papa. Diciamolo dunque. Ammettiamolo. Non ci illudia- mo più: possiamo anche alzar muri sempre più alti, ma gli sposta- menti di persone proseguiranno. Non si tornerà indietro. E comincia- mo a pensare a nuove politiche, a interventi di integrazione seri, a una pastorale migrante che accompagni lungo tutto il percorso don- ne e bambini. In una parola, le persone “scartate”. ( silvina pérez ) L’ EDITORIALE Lewis Hine «Immigrati italiani a Ellis Island» (1905)

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