donne chiesa mondo - n. 47 - giugno 2016

DONNE CHIESA MONDO 24 DONNE CHIESA MONDO 25 con il suo tono quieto, convinta che il movimento delle Madri sia «nato da una camminata silenziosa che si è trasformata nel grido più forte di tutti i tempi». «È vero che la battaglia contro il tempo, con- tro il passare degli anni, contro il corpo che invecchia e non ti appar- tiene più è la più dura da combattere, ma nonostante tutto siamo an- cora delle madri!». Mirta non si è mai arresa e non intende farlo ora. Si lamenta per «i piedi che tante madri si sono consumate camminando nella Piaz- za, ma oggi andiamo avanti, alcune in sedia a rotelle e altre con un evidente declino fisico, ma andiamo avanti». Il sequestro di sua fi- glia, Ana María, avvenuto il 28 agosto 1976, fu il punto di rottura che spinse una madre «lontana dalla politica e occupata a badare al- la famiglia» a dedicare la sua vita a una ricerca condivisa. Le madri resero sociale la maternità. Fu solo per amore, un amore infinito, che «passammo dalla lotta per il figlio di una alla lotta per i figli di tut- te», costruendo a poco a poco una coscienza di genere fondata sul passaggio dalla maternità biologica a quella associativa. I figli recla- mati oltrepassavano il legame con i propri genitori perché venivano considerati figli scomparsi di una determinata comunità sociale e po- litica. Mirta sostiene che queste madri, che oggi hanno un’età com- In Argentina le madri di Plaza de Mayo resero sociale la maternità Fu solo per amore che «passammo dalla lotta per il figlio di una alla lotta per i figli di tutte» Costruendo una coscienza di genere fondata sul passaggio dalla maternità biologica a quella associativa presa tra gli 85 e i 95 anni, a differenza di quarant’anni fa, sono state «partorite dai propri figli». Quale dolore più grande per una madre — aggiunge Mirta — che perdere il proprio figlio? Forse quello di ve- derlo sparire, nel nulla, senza sapere che cosa gli è successo e dove giace il suo corpo. «Dobbiamo ancora recuperare 350 nipoti seque- strati, ma vedo la lotta con rinnovata speranza. Finché saremo in vi- ta, noi madri e nonne continueremo a lottare. Inoltre, adesso i nostri nipoti ci aiutano a portare avanti l’organizzazione, che non smette di crescere. Stiamo aprendo una rete in Francia». Mirta è piena di ener- gia e ottimismo. A pagina 23, le madri di Plaza de Mayo nel quarantesimo anniversario del colpo di stato militare (24 marzo 2016) Qui sopra, una foto delle manifestazioni del 1979 quelli di Mirta, chiedevano loro di arrendersi. Era troppo pericoloso. Un’auto parcheggiata troppo a lungo davanti alla porta di casa, un rumore, tutto le spaventava. Ma insistevano. La dittatura uccise la prima leader delle madri, Azucena Villaflor, il cui cadavere fu rinve- nuto nel Río de la Plata. Fu vittima dei cosiddetti voli della morte. Il terrore era la norma, ma non smisero di ritrovarsi ogni giovedì in piazza. All’inizio stavano ferme, ma glielo proibirono, quindi co- minciarono a marciare in cerchio. «All’epoca nessuno ci aiutava, c’era molta paura. Con la democrazia [1983] hanno cominciato a sostener- ci di più. La gente accorreva ogni giovedì. Molti erano curiosi, vole- vano sapere che cos’era successo in quegli anni terribili», racconta Mirta. Come tutte le mattine, anche oggi che ha 92 anni comincia la giornata con la lettura dei quotidiani, come parte di un impegno che, assicura, «è sia del corpo sia dell’anima». La giornata prosegue con letture e discussioni, perché «ci sono madri e nonne che hanno opi- nioni diverse», e alla fine, alle cinque di pomeriggio, torna a casa con un autobus attrezzato per disabili «per sbrigare, se riesco, alcune faccende di casa». Si sorprende quando le viene chiesto se continuerà a marciare con le Madri attorno alla Piramide di Plaza de Mayo, co- me 40 anni fa. «Non me lo chiedere nemmeno» scherza. «Ogni aspetto della mia vita ha a che fare con l’andare in piazza» afferma

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