donne chiesa mondo - n. 46 - maggio 2016

DONNE CHIESA MONDO 38 DONNE CHIESA MONDO 39 e l’albero che le sta di fronte, dalla chioma ro- tonda e il tronco intrecciato, ricorda modelli islamici. Anche il mitico Senmurv (l’uccello sas- sanide che vive sull’albero di tutti i semi) e il cavaliere dall’aspetto arabo che sconfigge il ser- pente sono figure uniche nella storia della mi- niatura spagnola ma attestate in avori di Cordo- ba e fra i personaggi fantastici dipinti sul soffit- to della cappella palatina di Palermo nel XII se- colo. Altrove, En, o i suoi ispiratori, committen- ti e colleghi mostrano una competenza che si spinge oltre i testi canonici: è attestato, per esempio, solo nei Vangeli apocrifi l’episodio re- lativo al tentato suicidio di Erode incluso fra i soggetti dedicati alla vita di Cristo, che in quel momento (975) costituiscono il più vasto ciclo di immagini su quel tema mai elaborato in Spa- gna, antecedente addirittura dell’arte romanica. Straordinaria soprattutto la Crocefissione , dalla vivacissima policromia, completa di tituli (le di- dascalie che consentono di identificare ogni per- sonaggio) e una rara rappresentazione del se- polcro. La Maestà di Cristo invece è basata su modelli carolingi, già presenti in altri Beati pre- cedenti. Una simile ricchezza teologica e culturale fa naturalmente pensare che En fosse una monaca, una consorella scelta da Emeterius perché lo aiutasse in questa grande impresa in onore di Dio. Miniare un Beato , infatti, era un lavoro co- stoso, difficile e lungo: quello di cui stiamo par- lando è uno dei più belli in assoluto, con ben 284 fogli di pergamena e 115 immagini, molte a piena pagina, dipinte a tempera con una ric- chezza cromatica unica, maggiore di tutti gli al- tri codici miniati in Spagna nel X secolo. Però il monastero di Tábara, dove all’epoca risiedevano circa 600 monaci, non aveva una se- zione femminile. Da dove veniva, dunque, la dotata pittrice? Forse da un altro monastero si- tuato nelle Asturie, come quello di Santa María la Real de Piesca, chiamata proprio per una fa- ma di “artista” già conseguita ma di cui non re- sta traccia; oppure, come ipotizza John Wil- liams, il massimo esperto e studioso della mi- niatura spagnola medievale, En avrebbe potuto essere una nobildonna locale, di Leon forse, o gallega, magari vedova o rimasta senza eredi, che aveva deciso di dedicarsi a quel libro pre- zioso non solo come artista ed esecutrice ma an- che come “sponsor”, assicurando all’abate di Tábara i cospicui mezzi economici necessari per renderlo degno e splendente. Un’opera merito- ria agli occhi di Dio, di cui En poteva ben pro- clamarsi “aiutante” perché col suo lavoro aveva contribuito a glorificarlo e a divulgarne la Pa- rola mentre, quel fatidico 6 di luglio, sabato, dell’anno 975, quando scribi e pittori conclusero le lo- ro fatiche, la storia dell’arte ac- quisì la sua prima interprete e protagonista. M ARCO 9, 38-50 G esù dice ai suoi discepoli parole gravi sulla necessità di non esse- re di scandalo, di impedimento né ai piccoli che credono in lui, né a chi agisce a favore degli es- seri umani nel suo nome, e neppure a se stessi. Se nel vangelo che precede immediatamente il nostro emergeva che il non voler ascoltare, ca- pire, ricordare l’annuncio fatto da Gesù della sua Passione, lasciava subito lo spazio alla ten- tazione mondana di sapere chi tra i discepoli fosse il più grande, oggi lo stesso oblio lascia lo spazio a un’altra tentazione: quella di sovrasti- mare l’appartenenza ecclesiale, il “noi” dei di- scepoli, nei confronti degli altri, diventando così impedimento, persino per chi agisce bene nel nome e per amore di Gesù. Quando il discepolo Giovanni gli riferisce che avevano impedito a un tale di scacciare i demoni nel suo nome solo perché non li segui- va, Gesù risponde: No! Non glielo impedite! M EDITAZIONE Accettare la lotta a cura delle sorelle di Bose Marc Chagall, «Lotta di Giacobbe e l’angelo» (Museo Biblico Marc Chagall, Nizza) Nella pagina seguente: Léon-Joseph-Florentin Bonnat «Lotta di Giacobbe e l’angelo» (1876 circa)

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