donne chiesa mondo - n. 46 - maggio 2016

DONNE CHIESA MONDO 32 DONNE CHIESA MONDO 33 ci andrò; ma se tu non verrai con me, io non mi muoverò”» (4, 8). L’esercito del generale cananeo è troppo numeroso perché Baraq possa batterlo e la sua fede troppo debole. La presenza della profe- tessa sul campo di battaglia potrebbe garantirgli l’appoggio delle al- tre tribù, ma il generale israelita osserva e valuta gli eventi da una prospettiva umana, mentre Debora si affida a quella divina. Il dub- bio di Baraq è legittimo, ma non tiene conto del fatto che a parlare è la profetessa di Jhwh e ciò costerà al generale la gloria della vittoria: «Bene, verrò con te, però non sarà tua la gloria sulla via per cui cammini, perché il Signore consegnerà Sisara nelle mani di una don- na» (4, 9), alludendo a qualcuna che non è ancora apparsa nella vi- cenda. Lui vuole conferme e certezze, lei sa affidarsi a Dio e pronun- cia una profezia in cui non spiega in che modo Dio metterà il nemi- co nelle mani di Baraq, non gli suggerisce una strategia, ma tutto ruota intorno alla forza della fede. Nello stesso tempo, nel campo nemico, Sisara si prepara ad andare incontro a Baraq sul monte Tabor, portando con sé un numeroso esercito armato di carri che, secondo una prospettiva umana, dovrà assicurargli la vittoria. A contrapporsi in questa battaglia non sono solo due generali, ma due prospettive , umana e divina : la prima è rappresentata dai due uomini che si apprestano alla guerra con dubbi e certezze basate su calcoli ragionevoli, su ciò che è uma- namente prevedibile; la seconda è rappresentata da De- bora, che si abbandona fiduciosa al volere divino. Non si tratta di una fiducia sconsiderata e affrettata: questa donna ci è stata presentata fin dall’inizio nell’esercizio delle sue funzioni di profetessa e di giudice, detentrice di un’autorità riconosciuta da tutti gli israeliti. Tutta la narrazione, in un certo senso, è l’esplicitazione delle sue qualità: una donna saggia e ispirata da Dio, unico vero protago- nista della vicenda. Lei non si chiede in che modo sarà possibile la vittoria, perché ha la certezza che Jhwh non abbandonerà Israele: completamente disarmata, armata solo della propria fede, guiderà Israele verso la vittoria . Proprio perché ispirata da Dio, saprà incitare Baraq a combattere al momento opportuno, assicurandogli la presenza del Si- gnore (4, 14) e il generale eseguirà l’ordine. La battaglia si svolge in modo inatteso: un temporale — segno della benevolenza divina per Israele — frena i carri di Sisara e crea scompiglio tra le file del suo esercito. Quelli che, secondo la logica umana, dovevano essere gli strumenti per la sua vittoria si trasformano in un ostacolo alla fuga (4, 15). Il canto descrive ed esalta il terremoto e la tempesta attraver- so i quali Jhwh manifesta la propria potenza: soltanto quando l’eser- Debora Tonelli, laica, ha studiato in Italia e in Germania, conseguendo il dottorato in Filosofia politica (Roma-Francoforte) e poi in Antico Testamento (Münster). È ricercatrice confermata presso la Fondazione Bruno Kessler (Trento) e svolge attività di docenza a Trento e a Roma. Le sue ricerche in Egitto veniva simboleggiato il faraone e che nella Bibbia rimanda alla terra promessa, dove «scorrono latte e miele». Nel canto le viene attribuito — unico caso nella Bibbia! — il titolo di “madre di Israele”: «mancavano capi valorosi in Israele, mancavano, finché non sei sorta tu, o Debora, non sei sorta tu, madre in Israele» (5, 7). Si tratta, qui, di una maternità spirituale, riconosciuta da tutto il popolo. In un unico versetto il narratore delinea una figura dalla statura imponente, che emerge sia per la propria singolarità (donna, di cui viene riferito il nome proprio) sia per le sue funzioni (giudice e pro- fetessa) sia per il suo ruolo di moglie, citato per ultimo, come a dire che non è questo l’aspetto determinante. Il testo prosegue mostrando Debora nell’esercizio delle sue funzioni: «seduta sotto la palma di Debora, tra Rama e Betel, sulle montagne di Efraim e gli israeliti sa- livano a lei per le vertenze giudiziarie» (4, 5). Il luogo nel quale De- bora esercita le sue funzioni contribuisce alla maestosità del perso- naggio: sotto la palma, simbolo di vittoria e di grazia ( Genesi , 35, 8). La staticità della sua condizione è solo apparente: è lei che governa il popolo, è lei il capo politico e religioso di Israele, è lei a guidare Israele verso la vittoria perché ispirata da Dio. Il racconto in prosa parla dell’oppressione di Israele da parte del re cananeo Iabin e del lamento di Israele, lamento che spinge Yhwh a suscitare in mezzo al popolo un nuovo giudice, la profetessa Debo- ra. È lei, parlando a nome del Signore, a far chiamare Baraq (“folgo- re”, “lampo”), capo dell’esercito di Israele, per andare in guerra con- tro Sisara: «Va’, fai venire da te sul monte Tabor diecimila uomini tra i membri di Neftali e di Zevulon. Io poi farò che Sisara, generale di Javin con i suoi carri e il suo esercito ti venga incontro presso il tor- rente Kishon e lo darò in tuo potere» (4, 6-7). Baraq non rifiuta l’in- carico ma dubita sul suo esito: «Baraq le rispose: “Se verrai con me, L’autrice La profetessa Debora nella «Sacra Bibbia a fumetti» (Edizioni San Paolo, 1997) vertono sull’origine biblica del pensiero politico moderno e sul rapporto tra fedi e violenza. Tra le sue pubblicazioni Il decalogo. Uno sguardo retrospettivo (Dehoniane, 2010), Immagini di violenza divina nell’Antico Testamento (Dehoniane, 2014).

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