donne chiesa mondo - n. 33 - marzo 2015

donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne Juan Sánchez e la macchia del sangue Il nonno marrano di Teresa di A NNA F OA T eresa Sánchez de Cepeda y Ahumada nacque ad Ávila nel 1515. La sua famiglia paterna veniva da Toledo, e suo non- no, Juan Sánchez, era un ricco mercante di lane e sete di famiglia conversa (cioè convertita dall’ebraismo alla fede cattolica) trasferitosi da Toledo ad Ávila all’inizio del Cinquecento. Ad Ávila la ricchezza della casa natale di Teresa dimostra come la fa- miglia avesse mantenuto appieno il suo precedente status econo- mico e sociale. Nel 1485 Juan Sánchez era stato processato dall’Inquisizione toledana sotto l’accusa di giudaizzare e condan- nato a vestire in processione per sei settimane il sanbenito, la ve- ste gialla dei condannati dall’Inquisizione. Il sanbenito era poi stato, come d’uso, appeso nella cattedrale, a segno perpetuo di infamia. Juan Sánchez aveva però cercato di togliersi di dosso questa macchia, che segnava indelebilmente il suo lignaggio, comprando un certificato di limpieza de sangre e trasferendosi ad Ávila per far dimenticare l’episodio. E c’era riuscito, dal momento che nessu- no della famiglia era più stato sottoposto a processo dall’Inquisi- zione, un’istituzione, quella spagnola, che non lasciava facilmen- te cadere la presa su quanti erano passati sotto la sua giurisdizio- ne e sui loro discendenti. Sia Toledo che Ávila fino al 1492, la data dell’espulsione degli ebrei dalla Spagna, erano caratterizzate da una forte presenza tanto ebraica che conversa . Ad Ávila, nel corso del Trecento la percentuale di popolazione ebraica si avvicinava al trenta per cento della popolazione complessiva. Le violenze e l’ondata di conversioni della fine del Trecento e del primo Quattrocento ave- vano disgregato il tessuto comunitario ebraico in gran parte del territorio spagnolo, tanto in Aragona che in Castiglia, e favorito un gran numero di conversioni, più o meno forzate. L’integrazio- ne dei convertiti nella società spagnola, molto ampia, era stata bloccata però a metà del Quattrocento dalle leggi di limpieza de sangre , norme che furono introdotte per la prima volta proprio a Toledo nel 1449 e che impedivano ai “nuovi cristiani”, cioè ai conversos e ai loro discendenti, l’accesso a università, ordini reli- giosi e militari, confraternite. Una vera e propria chiusura rispet- to all’integrazione dei conversos , che divise la società spagnola tra “vecchi” e “nuovi cristiani” sottoponendo questi ultimi al costan- te controllo inquisitoriale della loro ortodossia. Juan Sánchez, il nonno di Teresa, non era infatti solo un con- verso , cioè un discendente di ebrei convertiti. Era anche un mar- rano, cioè un converso condannato per essere ritornato alla fede Una moglie sterile Santa Cunegonda raccontata da Sylvie Barnay di S YLVIE B ARNAY U na coppia reale dell’anno Mille: Cunegonda ed Enrico II . Il loro incontro è forse dovuto agli slanci del cuore e dell’amore. Ma è prima di tutto il risultato delle strategie matrimo- niali dei grandi casati aristocratici di Ger- mania. Il giovane, promesso ad alti incari- chi, non è però destinato a regnare. È di fatto l’erede di un ramo cadetto e indocile della casa di Sassonia, figlio di Enrico l’Uccellatore e di sua moglie, santa Matil- de. Il suo matrimonio con Cunegonda, fi- glia di Sigfrido di Lussemburgo, membro della famiglia d’Ardenne tra il 996 e il 1000 non ha l’aria di un matrimonio im- portante. Ma la morte improvvisa del gio- vane Ottone III nel gennaio 1002 cambia il destino degli sposi. In assenza di eredi diretti, la scelta del nuovo sovrano spetta ai principi del regno. Con l’appoggio dell’episcopato, Enrico viene eletto il 7 giugno 1002 e consacrato. Si ritrova a “ca- po della Chiesa” — caput ecclesiae — “go- vernatore delle Chiese di Dio” — rector ec- clesiarum Dei , secondo la teologia della so- vranità carolingia. Enrico II è a capo della cristianità, incaricato di guidare il popolo verso la salvezza. Il 14 gennaio 1014, a Ro- ma, viene incoronato imperatore dal Papa. Al suo fianco, Cunegonda, consacrata re- gina il 10 agosto 1002 a Paderborn, viene incoronata imperatrice. Tutti e due hanno saputo condurre una politica ecclesiastica decisiva che testimonia la volontà di ac- compagnare la Chiesa nel suo desiderio di riforma e di rinnovamento. Secondo le fonti medievali, gli sposi si amavano ma la loro unione restava infe- conda: situazione che implicava, nel me- dioevo, il ripudio della donna sventurata e infelice. Enrico II si rifiutò di ripudiarla per prendere un’altra moglie. Non avendo figli, fece solennemente di Cristo il suo erede diretto in occasione dell’erezione della diocesi di Bamberga nel 1007. In contrasto con gli atteggiamenti più comu- ni, il suo comportamento, conforme da ogni punto di vista alle prescrizioni eccle- siastiche, gli valse l’ammirazione del mon- do cristiano. Enrico II morì nel 1024 e Cu- negonda, che si era ritirata nel monastero femminile di Kaufungen vicino Kassel, nel 1033. La santificazione della coppia imperiale fu poi opera della Chiesa di Bamberga per la quale Enrico II in vita aveva fonda- to collegiate e abbazie. La creazione della loro immagine agiografica, destinata a di- venire un modello di vita da imitare, inter- viene nel momento in cui la riforma — detta gregoriana — rifiuta la nozione di monarchia sacra e contesta l’intervento reale nelle nomine episcopali o nell’ammi- nistrazione dei benefici ecclesiastici. Per- tanto la questione diviene puramente poli- tica: i promotori della causa di canonizza- zione e i loro avversari si battono a colpi di pettegolezzi. La leggenda nera, soste- nuta per esempio dal cardinale Umberto di Silva Candida, non esita ad accusare Enrico II di furto di beni della Chiesa e a vedere nei suoi peccati la ragione della sterilità della coppia imperiale. La leggen- da bianca al contrario difende la legittimi- tà della santificazione: «Visse non come un imperatore ma come un essere spiritua- le». Il XIX secolo definirà l’unione spiri- tuale “matrimonio di san Giuseppe”, ri- prendendo la tradizione della castità degli sposi nata alla fine dell’ XI secolo. I mona- ci dell’abbazia di Montecassino, ambiente pro-imperiale, sono all’origine del raccon- to che sarà ripreso a Bamberga per testi- moniare la castità degli sposi nel matrimo- nio così come lo trasmette il cronista Fru- tolf di Michelsberg poco dopo il 1100. Il processo di canonizzazione ratifica la leg- genda bianca riportata dalla Vita sanctii Heinrici : «Non ebbe né attese figli secon- do la carne, poiché si sa con ogni certezza che non conobbe mai Cunegonda, che pa- reva avere per sposa ma che amò come una sorella». Un miracolo presto ne diede prova, secondo il principio dell’ordalia che regola la giustizia nell’ XI secolo: accusata di adulterio, la regina Cunegonda, costret- ta al supplizio di camminare sui vomeri infuocati di un aratro, li attraversò senza bruciarsi. La Vita sanctae Cunegondis fa della castità uno dei fondamenti principali della sua elevazione alla santità. Nel XVII secolo l’erudizione critica farà presto a tra- sformare il paradosso letterario che ha la propria origine nel testo biblico del roveto ardente che brucia senza bruciare per indi- care la santità divina in uno stupore che lo taglia da ogni significato spirituale. Nel 1786, il filosofo e matematico Leibniz scri- verà: «Sono stato sorpreso di notare que- ste parole “per la salvezza della regina e della stirpe reale”: il che mi è parso molto contrario all’opinione volgare, la quale ci fa credere che abbia conservato la vergini- tà con sua moglie santa Cunegonda». Docente presso l’università di Lorena, Sylvie Barnay è autrice di diverse monografie. Tra le altre, Le Ciel sur la Terre. Les apparitions de la Vierge au Moyen Âge (Cerf, 1999), La Vierge, femme au visage divin (Gallimard, 2000), Les saints, des êtres de chair et de ciel (Gallimard, 2004), La parole habitée. Les grandes voix du prophétisme (Points Sagesse, 2012). Per noi ha già scritto santa Giovanna d’Arco (maggio 2012). Cunegonda, particolare della tomba di Enrico II di Tilman Riemenschneider (1460-1531) nel duomo di Bamberga «Conversos» con lo scapolare indossato dai penitenti in una stampa cinquecentesca Solo nel 1946 documenti scoperti a Valladolid e poi scomparsi misteriosamente fino agli anni Ottanta hanno restituito prove irrefutabili della sua origine ebraica dei padri. Un’accusa, questa, verosimilmente falsa, come molte altre del genere, come prova il percorso successivo di Juan Sán- chez, tutto volto a recuperare credibilità come “vecchio cristia- no”, ma che bastava a coprire d’infamia l’uomo e i suoi discen- denti. Ecco quindi il trasferimento ad Ávila, l’acquisto dei falsi certificati di purezza di sangue, il tentativo riuscito di far dimen- ticare i suoi trascorsi. Suo figlio Alonso, il padre di Teresa, sposò in seconde nozze Beatrice de Ahumada, di nobile stirpe di “vec- chi cristiani”. I numerosi fratelli di Teresa andarono nelle Ameri- che, come era abituale tra i discendenti di conversos . Suo fratello Rodrigo vi morì combattendo, tanto che Teresa lo considerava un martire della fede, mentre suo fratello Lorenzo divenne teso- riere reale a Quito, in Perù, e tornato in patria finanziò il con- vento fondato da Teresa a Siviglia. La macchia del sangue fu davvero sepolta dall’oblio, se solo nel 1946 dei documenti scoperti nell’Archivio di Vallalolid, poi scomparsi misteriosamente fino agli anni Ottanta, hanno restitui- to le prove irrefutabili dell’origine ebraica della santa. Rimane aperta la questione di quanto la discendenza ebraica fosse nota in famiglia e conosciuta dalla stessa Teresa, anche se gli studi sulle sue opere tendono a mettere in luce, dietro il velo del silen- zio più rigido su questa questione, assenze e presenze tanto te- matiche che linguistiche tali da farne presupporre la consapevo- lezza da parte della santa. Molti studi recenti hanno sottolineato il ruolo dell’appartenenza ebraica nel suo percorso intellettuale e religioso: dal bel libro di Rosa Rossi, agli studi di Teófanes Egi- do López, a quelli di Cristiana Dobner. Il tema è ormai molto presente nella storiografia su Teresa. Vorrei però far menzione di un’interpretazione più generale della forte presenza di conversos nel rinnovamento religioso del Cinquecento spagnolo avanzata da Yosef Hayim Yerushalmi, se- condo cui l’afflusso di conversos nel più ampio filone del cattoli- cesimo spagnolo avrebbe avuto un ruolo determinante sul rinno- vamento teologico e mistico, quasi i figli degli ebrei convertiti avessero voluto, divenendo interpreti di primo piano della tra- sformazione religiosa, introdurre nel mondo in cui entravano inusitati spessori culturali e novità rilevanti, pur entro i confini dell’ortodossia. La canonizzazione dell’imperatore Enrico II e di sua moglie Cunegonda fa così infine parte del cambiamento delle mentalità che emergono all’indomani della Riforma gregoriana. Sicuramente era proprio di un imperatore dell’anno Mille perpetuare la stirpe. Più che l’idea di un matrimonio non consumato, l’ipotesi più verosimile è quella della sterilità di Cunegonda. Ma Enrico II colpì i suoi contemporanei per il suo incredibile rifiuto di ri- pudiare una sposa sterile e di far di Cristo il suo unico erede. Fondava così un atteggiamento dinastico di ri- spetto delle norme matrimoniali ecclesiastiche. Mentre la teoria della monarchia cristiana cambiava radical- mente natura, riducendo in particolare la funzione del monarca a quella di un servitore della sfera spirituale — avendo la Sede romana riconquistato la sua indi- pendenza dopo il 1050 — il modello coniugale di Enri- co II e di sua moglie favorirà il completamento della causa. Di fronte a una monarchia laica accusata dai chieri- ci gregoriani di essere nel peccato, diventava al contra- rio un modello di re virtuoso in grado di continuare a proclamare una forma di santità più forte di ogni teoria.

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