donne chiesa mondo - n. 30 - dicembre 2014

donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne Ancora troppo alta nel mondo la mortalità materna Nove mesi di immenso valore di C HIARA B ENEDETTO * A ncora oggi, nel mondo, in un anno muoiono 300.000 don- ne (quasi una al minuto) per cause legate alla gravidanza e al parto, e un milione di bambini (due al minuto) nel primo giorno di vita. Inoltre, circa il trenta per cento delle donne partorisce senza assistenza da parte di personale qualificato. Il rischio di morire per cause legate alla gravidanza varia in base all’area geografica: nei Paesi in via di sviluppo, nel 2013, il tasso di mortalità materna è stato quattordici volte maggiore ri- spetto a quello dei Paesi sviluppati (230 contro 16 per centomila nati vivi). Anche nell’ambito dei Paesi sviluppati esistono discre- panze: in Europa, ad esempio, la mortalità materna in alcune na- zioni è stata dieci volte maggiore rispetto ad altre. Con la diffu- sione di una “cultura della prevenzione” la maggior parte di que- ste morti potrebbe essere evitata. Per questo motivo l’European Board and College of Obstetrics and Gynaecology (Ebcog), che rappresenta i ginecologi e ostetri- ci di trenta Paesi europei, ha recentemente presentato al Parla- mento europeo gli standard di cura per la salute della donna in Europa che — grazie a specifici indicatori — potranno essere uti- lizzati come importanti strumenti di controllo di qualità dei cen- tri di cura. Si è, inoltre, mobilitato per sensibilizzare tutti coloro che potrebbero contribuire a migliorare questa situazione insieme alle altre principali organizzazioni scientifiche internazionali di ostetricia e ginecologia del mondo, come la International Federa- tion of Gynecology and Obstetrics (Figo), l’American Congress of Obstetrics and Gynecology (Acog), il Royal College of Obste- trics and Gynaecology (Rcog) e l’International Federation of Pe- diatric and Adolescent Gynecology (Figij). Si calcola che, informando in modo adeguato i futuri genitori e dando la possibilità a tutte le donne di accedere a servizi sani- tari che aiutino a prepararsi alla gravidanza e ad affrontarla in si- curezza, si potrebbero prevenire il 70 per cento delle morti ma- terne e il 44 per cento delle morti neonatali. Tutte le donne dovrebbero essere informate sulle misure pre- ventive volte a salvaguardare la fertilità e il buon esito della gra- vidanza. Quando parliamo di prevenzione, vogliamo dire adotta- re uno stile di vita sano — alimentazione equilibrata, attività fisi- ca e adeguati momenti di riposo — per mantenere un peso cor- poreo ottimale e favorire il benessere psico-fisico, evitare fumo, droghe, eccessivo consumo di bevande alcoliche, eseguire in tem- pi utili vaccinazioni nei confronti di malattie che, qualora con- tratte in gravidanza, potrebbero essere dannose per il feto (come ad esempio rosolia e varicella). Vuol dire anche proteggersi nei confronti delle malattie sessualmente trasmissibili e, soprattutto, ricordare che la fascia di età tra venti e trent’anni è quella in cui la gravidanza ha di per sé meno rischi sia per la madre che per il feto. Infatti, nelle adolescenti, la gravidanza rappresenta la prima causa di morte e i rischi per il neonato sono maggiori. D’altra parte, con l’avanzare degli anni, diminuisce progressivamente la fertilità e aumenta il rischio di complicanze gravi nel corso della gestazione. È anche opportuno intervallare le gravidanze di al- meno due anni, per ridurre il rischio di mortalità neonatale. Così come è importante che la gravida venga seguita periodicamente da professionisti qualificati, per prevenire e curare l’insorgere di eventuali disturbi. La gravidanza comporta una serie di importanti modificazioni dell’organismo materno per cui necessita di controlli specialistici da parte di professionisti qualificati e di esami periodici mirati a valutare lo stato di salute della madre e del feto. In particolare, qualora la donna soffra di patologie preesistenti alla gravidanza, può essere necessario sostituire o sospendere terapie mediche che potrebbero avere effetti negativi sul feto e/o consigliare di intra- prendere la gravidanza in momenti di remissione o controllo otti- male della malattia, in modo da ridurre i rischi materni e fetali. È anche consigliato assumere acido folico, ferro ed eventuali altri micronutrienti (vitamine e minerali) già da prima del concepi- mento. In particolare, l’uso preconcezionale di acido folico ridu- ce del 50 per cento i difetti del tubo neurale del feto (come ad esempio la spina bifida). Ma troppe donne al mondo non solo non riescono a ottempe- rare a queste condizioni, ma addirittura non riescono a evitare la- vori pesanti e fatiche insostenibili, violenze e stress. È evidente che in queste condizioni si trovano le madri dei Paesi dove la mortalità è più elevata: sarebbe compito delle istituzioni interna- zionali prendere provvedimenti al fine di migliorare queste situa- zioni, perché è solo così che la salute delle donne e al tempo stesso quella dei neonati può essere veramente tutelata. La mater- nità non deve diventare per troppe donne un momento di peri- colo da vivere con timore, ma essere considerato un valore per tutti gli esseri umani, oggetto di protezione e di tutela, deve esse- re riconosciuto come uno dei momenti centrali dell’esistenza umana nel mondo. *Presidente European Board and College of Obstetrics and Gynaecology Fiore d’inverno Lucinda M. Vardey racconta la venerabile Benedetta Bianchi Porro A Sirmione, sul lago di Garda, nella chiesa di Sant’Anna è esposta la foto di una elegante giovane donna sorridente, che porta alle orecchie le boccole che andavano di moda negli anni Sessanta del Novecento. I suoi occhi scuri non guardano verso la macchina fotografica, ma sembrano fissare qualcosa che va ben oltre la comprensione razionale, ovvero le gioie dell’amore sperimentato percorrendo la via dolorosa sotto il peso di una croce molto gravosa. Le complicazioni al momento della sua nascita avrebbero già indicato un futuro di sofferenza. Preoccupata per la sua vita, la madre promise al Signore che se fosse so- pravvissuta l’avrebbe offerta al suo solo servizio. A soli tre mesi, Benedetta — nata nel 1936 — contrasse la poliomielite, che la lasciò con una claudicazione permanente. Fu questa la prima delle sue molteplici af- flizioni fisiche. Dovendo indossare uno scomodo busto in metallo, lottò contro l’autocommiserazione, scrivendo nel suo diario che tutto ciò che chiedeva era di es- sere “normale” come tutti gli altri. In quella che potrebbe esser percepita come una profezia, aggiunse: «Vorrei diventare qualcuno d’importante», annotando poi le sue lacrime e la sua melanconia interiore. Giovane donna sempre determinata a vincere le crescenti difficoltà fisiche, s’iscrisse all’università di Milano per stu- diare fisica, ma poi tornò al suo primo amore, la medicina. Il suo sogno era di- ventare medico. Nonostante l’avanzante perdita dell’udito superò tutti gli esami tranne l’ultimo. Il corpo di Benedetta non era in grado di mantenere il passo con la sua determinazione, ed ella iniziò lenta- mente a smettere ogni attività. Nonostante i sospetti che la sua crescente paralisi e sordità fossero di origine psicosomatica, si autodiagnosticò correttamente la malattia di Von Recklinghausen, patologia genetica progressiva che attacca il sistema nervoso. Malgrado i molteplici interventi chirurgici fu costretta sulla sedia a rotelle e, infine, confinata alla propria stanza. Benedetta si mantenne in contatto con gli amici scrivendo lettere, fino a quando non riuscì più a tenere in mano una penna, anche se a quel punto l’impatto della sua personalità e la grandezza della sua fede avevano già iniziato a diventare contagiosi. Amici ed estranei cominciarono ad affollare la sua stanza, sperimentando la pace guari- trice e la serenità del suo spirito. Accoglie- va tutti con amorevole calore, sincerità e amicizia. Influenzata dall’esempio e dagli insegnamenti di santa Teresa di Lisieux e dalla semplicità e povertà di san Francesco, ricorse anche alle epistole di san Paolo per trovarvi un incoraggiamento ad accettare la forza dalla debolezza. Iniziò a esprimere una gratitudine che andava ben al di là della comune com- prensione, scrivendo «che cosa meraviglio- sa è la vita (…); e la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio per que- sto». Senza la propria sofferenza — spiegò a un’amica — non sarebbe stata capace di riconoscere le sofferenze altrui, osservando quanto sarebbe stato ingiusto dedicare il suo tempo a consolare solo se stessa. Nonostante alla fine avesse perso tutti i sensi — gli ultimi furono il gusto e la vista — Benedetta continuò a servire e a guarire gli altri. Assistita in casa dalla madre, co- municava per mezzo del linguaggio dei segni (con una mano) e trasmetteva al mondo i suoi messaggi. Sebbene cieca, era capace di vedere nell’anima di coloro che andavano a trovarla, capendo ancor prima di loro stessi ciò di cui avevano bisogno. Scoprì che il silenzio è il mezzo con cui Dio parla all’anima, e in quel silenzio to- tale dei sensi, crebbe nella sua intimità con Gesù. «Bisogna dare Dio agli altri: senza carità, niente conta» scrisse nel dia- rio. Dopo aver perso la vista sussurrò: «Quant’è difficile, mio Dio, dare con gioia. Sono nel giardino del Monte degli Ulivi». Al termine di un pellegrinaggio a Lour- des disse: «Non ho bisogno di una cura. Ho la fede e questo basta. Sono venuta per gli altri». E tale affermazione alimentò le sue intenzioni di essere piccola e di da- re un amore straordinario nelle cose quoti- diane della sua giornata. «Chiunque si av- vicini di più a Gesù nel dolore — suggerì a un giovane visitatore — diventerà più gentile, chiunque si allontana diventa più crudele senza esserne consapevole». La pazienza, diceva Benedetta, era «l’arma con cui Cristo ha vinto le tene- bre». A un sacerdote in visita spiegò: «Vi- vendo dobbiamo far conoscere a lui, e a lui soltanto, il senso della nostra vita, che talvolta egli può lasciarci intravedere». Ci- tando il Magnificat , riconobbe che «grandi cose ha fatto Dio in me, l’anima mia ma- gnifica il Signore». Dopo aver sognato una rosa bianca nel- la tomba di famiglia, Benedetta predisse la sua morte imminente. La mattina in cui morì, la madre scoprì che in giardino era sbocciata una tenera rosa bianca. Il padre osservò che il suo volto deformato e stan- co per la lunga sofferenza era tornato bel- lo come quando era giovane. Era il 1964. Dichiarata venerabile da Giovanni Paolo II , Benedetta Bianchi Porro riposa in un sarcofago nell’abbazia di Sant’Andrea, a Dovadola nei pressi di Forlì. La causa del- la sua beatificazione continua. Nata nel 1949 a Londra, Lucinda M. Vardey è autrice di numerosi libri, tra i quali The flowering of the soul: a book of prayers by women (1999). È stata custode di un’associazione laica di recente formazione a Toronto, in Canada, chiamata The Contemplative Women of St. Anne, che si dedica alla preghiera e allo studio delle sante e delle mistiche della Chiesa.

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