donne chiesa mondo - n. 28 - ottobre 2014
L’OSSERVATORE ROMANO ottobre 2014 numero 28 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo Africa Avevamo progettato questo numero di «donne chiesa mondo» prima che giungesse la terribile notizia delle tre suore italiane, Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernardetta Boggian uccise nel loro convento a Kamenge nel Burundi. Volevamo in queste pagine dar conto — per quanto possibile — dell’abnegazione, del coraggio e dell’eroismo delle religiose che hanno scelto il grande continente africano (dove i cattolici sono una minoranza) per la loro testimonianza di fede. E qui vivono, lavorano, aiutano le popolazioni locali e persone di altre religioni in situazioni di difficoltà e di rischio inimmaginabili. Ce le racconta suor Elvira Tutolo con parole semplici e terribili da Berberati nella Repubblica Centroafricana. «Omicidi, torture, stupri anche su minorenni, matrimoni forzati. E, ancora, saccheggi di chiese, missioni, uffici case e delle poche imprese che c’erano. Anche il nostro centro culturale — denuncia — è stato preso di mira». Eppure resistono. Combattendo contro la malattia, la morte, l’ignoranza. Come Marie Stella Kouak, suora togolese, che affronta ogni giorno la disperazione e la speranza dei malati di Aids. Nei villaggi più sperduti, al termine di una strada battuta, si trova spesso una piccola missione, con due o tre suore, un cortile pulito, la macchinetta del caffè sul fornello e dei buoni biscotti, narra Alessandra Ferri, una psicologa che da vent’anni lavora in Africa con le suore e che testimonia nell’articolo inviatoci non solo delle difficoltà e della drammaticità della vita, ma anche dei risultati — piccoli e grandi — raggiunti dalle religiose. «Non lasciamo l’Africa da sola» ha detto di recente Papa Francesco ricordando la terribile epidemia di ebola che ha colpito tanti Paesi di un continente già gravemente ferito. Molte sono le religiose che sono già lì a testimoniare la loro fede e ad alleviare tante solitudini nel modo più semplice e concreto e, proprio per questo, eccezionale ed eroico, makobo na makobo che — ci informa suor Elvira — nella lingua locale significa mano nella mano, cuore nel cuore. ( r.a. ) Grido di dolore da Berberati Una religiosa racconta la sua Repubblica Centroafricana di E LVIRA T UTOLO C arissimi, le mie giornate sono diventate davvero anormali e alla sera sono distrutta. Da due giorni ho deciso di chiu- dermi in casa e di far dire la bugia che sto male e a qualcuno che insi- ste faccio dire che sono morta! La situazione è davvero grave qui a Berberati, centro della Repubblica Cen- troafricana, Paese in cui la ricchezza fatta di diamanti, oro e legname pregiato costi- tuisce una fortuna enorme per imprendito- ri stranieri e qualche piccolo gruppo di ricchi africani, ma lascia nella povertà la gran parte della popolazione locale. La si- tuazione è grave e la cosa che mi fa più rabbia è che le autorità proclamano alto e forte che a Berberati non ci sono problemi come a Bangui e nelle altre città e villaggi del Paese. Io con i papà Kizito, a nome della nostra ong Kizito — fraternità nata nel 2002 e ora riconosciuta come ong a scopo sociale che accoglie bambini, molti dei quali accusati di essere stregoni — fac- ciamo di tutto per scrivere e dichiarare la verità dei fatti. Omicidi, torture, stupri, anche sulle mi- norenni, matrimoni forzati. E ancora, sac- cheggi di chiese, missioni, uffici, case e delle poche imprese che c’erano. Anche il nostro centro culturale, che — tra le altre cose — ci permette la connessione a inter- sappiamo come fare per non deludere questi ragazzi che hanno fatto e subito tanta violenza e che desiderano dal pro- fondo del loro cuore ricostruire la loro vita. La situazione economica è ridotta ormai alla sopravvivenza. Le famiglie, anche quelle di coloro che sono venuti da lontano per trovare rifugio a Berberati, non hanno di che vivere. Non si trova più né carne né latte, né petrolio né carburante. Non ci sono più mezzi di trasporto. La Ecobank ha nuovamente chiuso. Sono venuti i Medici Senza Frontiere che si occupano solo in parte dell’ospeda- le. La ong Première urgence ha distribuito un po’ di riso e delle arachidi: ma non è la soluzione. Dovendo affrontare e sostenere questa situazione di enorme tensione dal dicem- bre 2012 e poi, soprattutto, dal marzo 2013, non vi nascondo che sono un po’ stanca. Per questo chiedo scusa se non so- no stata più efficace nella descrizione dei fatti. Condividere la sofferenza della gente di qui senza poter fare di più e meglio, lo- gora tantissimo, anche se nel fondo del cuore sono serena. Insieme alle mie conso- relle (siamo due italiane e tre centro- africane) cerchiamo di fare del nostro me- glio, le famiglie Kizito — che fanno parte della omonima ong — continuano con co- raggio a testimoniare l’amore e l’acco- glienza. La morte è venuta a visitarci, abbiamo perduto tante persone care, abbiamo an- cora negli occhi immagini e situazioni che ci fanno gridare. Ma non disperiamo: Ma- boko na maboko , espressione della lingua locale che vuol dire mano nella mano, cuore nel cuore, tutto passa, solo l’amore resta. Vi abbraccio, suor Elvira Omicidi, torture, matrimoni forzati stupri anche sulle minorenni E ancora saccheggi di chiese, missioni, uffici case e delle poche imprese che c’erano Condividere la sofferenza della gente di qui senza poter fare di più e meglio logora tantissimo Anche se nel fondo del cuore sono serena Nata a Termoli nel 1949, a ventuno anni Elvira Tutolo entra nella congregazione delle Suore della carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Dopo gli studi in pedagogia, teologia e infermieristica, suor Elvira ha insegnato per diverso tempo. Per otto anni, a partire dal 1990, è stata in Ciad, ai confini con il deserto del Sahara, come coordinatrice pastorale per la formazione di catechisti e animatori Ceb. Dopo due anni in Camerun, dai primi di settembre 2001 si trova a Berberati. «Sono suora da più di vent’anni, suora per colpa del mare e dello sport», ci ha raccontato. «Da piccola, compresi che il mare e lo sport mi stavano indirizzando a intraprendere questa strada. Il mare sulla spiaggia di Sant’Antonio e la linea dell’orizzonte mi rivelavano un’esigenza d’infinito mentre lo sport, che a scuola praticavo molto, mi suggeriva di mettermi alla prova e di combattere. Poi giunse la scelta, una sorta di bivio che mi si apriva davanti. Decisi di abbracciare la fede per l’intera vita e ciò creò uno strappo, ricucito solo con il passare del tempo, con la mia famiglia. Avevo ventuno anni». donne chiesa mondo Maurus Michael Malikita, «Salone di bellezza» (2006, particolare) Kizito, in collaborazione con la lega dei diritti umani, abbiamo organizzato una marcia pacifica per chiedere di riaprire la banca. Purtroppo poche persone hanno partecipato perché, nonostante la scorta della polizia, avevano paura. Un memo- randum è stato comunque inviato a Ban- gui e dopo un mese la banca aveva riaper- to. Sono andata due volte a Bangui per denunciare i fatti, e chiedere aiuti. A seguito delle violenze e degli scontri che ormai si susseguono da mesi tra mu- sulmani e cristiani, Berberati si è svuotata, siamo rimaste solo noi suore e l’ong Kizi- to a occuparci di morti e feriti. Dopo dodici anni qui a Berberati — do- ve sono arrivata chiamata dal vescovo per lavorare con i giovani locali (tra le altre cose, ad esempio, accogliamo i bambini destinati al carcere, formandoli e dando loro una famiglia; abbiamo creato il Cen- tre culturel catholique, struttura della dio- cesi) — mi ero permessa di segnalare qual- cosa, ma quello che dicevo non è stato preso in considerazione. Davanti alle violenze continue di questi mesi, abbiamo cercato di lavorare con i giovani, accogliendoli in un centro di for- mazione agricola-pastorale che si trova a otto chilometri da Berberati. Ora però, che è passato del tempo, non riusciamo più a portare avanti questa impresa. Non La testimonianza net e il contatto con il mon- do, è stato peesantemente preso di mira. Sono moltissimi i feriti, tantissimi i giovani rimasti di- sabili per sempre, amputazio- ni di gambe o di braccia; tan- tissimi i bambini traumatizza- ti, fuggiti nella foresta per dieci giorni, da cui sono tor- nati con forme gravissime di paludismo e anemie. A causa di queste, nell’aprile dello scorso anno, abbiamo regi- strato una percentuale di cin- que-sei bambini che morivano ogni giorno. L’anno scolastico (2013-2014) non è esistito. A causa di questa situazio- ne di insicurezza e imprevedi- bilità la banca Ecobank è ri- masta chiusa per mesi crean- do grandissimo disagio nella popolazione. Noi della ong
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