donne chiesa mondo - n. 23 - maggio 2014

L’OSSERVATORE ROMANO maggio 2014 numero 23 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo Intorno al velo «Sotto gli occhi di Amerigo continuavano a passare fotografie e fotografie formato tessera, tutte ugualmente ripartite di spazi bianchi e neri, l’ogiva del viso incorniciata dalle bianche bende e dal trapezio del pettorale, il tutto iscritto nel triangolo nero del velo. E doveva dir questo: o il fotografo delle monache era un grande fotografo, o sono le monache che in fotografia riescono benissimo. Non soltanto per l’armonia di quell’illustre motivo figurativo che è l’abito monacale, ma perché i visi venivano fuori naturali, somiglianti, sereni. Amerigo s’accorse che questo controllo dei documenti delle suore diventava per lui una specie di riposo dello spirito». È l’intellettuale comunista Amerigo Ormea, al centro dello splendido e complesso romanzo di Italo Calvino, La giornata d’uno scrutatore (1963), a parlare. Prestando servizio al seggio del Cottolengo di Torino in occasione delle elezioni politiche del 1953, fra le tante scoperte di quella giornata, Amerigo scopre anche le suore, figure sempre viste ma mai veramente pensate. Anche questo numero di «donne chiesa mondo» vuole cercare di pensare nel profondo una presenza quasi scontata, quel «triangolo nero del velo» che copre il capo di tante donne. Abbiamo cercato di meditarlo nelle sue diverse declinazioni: nelle religiose, nelle donne cattoliche a messa, nelle ebree, nelle musulmane. Perché oggi per molte e molti di noi, il velo che cinge il capo femminile è — pur con tutte le differenze a seconda dei contesti — l’emblema di una sorta di schiavitù mentale, simbolo più o meno forte della sottomissione di un sesso all’altro. Ma davvero questa stoffa è solo la via per nascondere, per rinchiudere, per celare nell’umiltà, per segnare una sorta di proprietà privata e riservata, per separare o educare alla docilità? Non può, invece, anche essere un simbolo che dichiara una scelta libera e consapevole? È del resto il velo che spesso, nei secoli, ha accompagnato le raffigurazioni di Maria: per festeggiare il secondo compleanno di «donne chiesa mondo», nato nel maggio del 2012, rileggiamo dunque un verso delicato e toccante di Alda Merini. «Tutti gli uccelli abbassarono il velo / sul volto di Maria, / affinché non vedesse lo scempio della sua carne». ( g.g. ) Diadema regale La fondatrice dell’abbazia Mater Ecclesiae sul lago d’Orta ci spiega il velo monastico di A NNA M ARIA C ANOPI «R icevi il velo e il santo abito, segno della tua consacrazione, e non dimenticare mai che sei stata acqui- stata da Cristo per servire a lui solo e al suo Corpo che è la Chiesa». Con questa formula, nel giorno della professione per- petua e consacrazione, il vescovo conse- gna alla monaca il velo e l’abito corale. La neo-consacrata canta: Posuit signum in fa- ciem meam … «Il Signore ha posto un si- gillo sul mio volto, perché non ammetta altro sposo fuorché lui». La grande mistica santa Geltrude nei suoi Esercizi spirituali , in cui rinnova la sua consacrazione, così pregava preparandosi a ricevere spiritualmente il velo: «O mio diletto, fammi riposare all’ombra della tua carità… Lì riceverò dalla tua mano il velo della purezza che, grazie alla tua guida e alla tua direzione, porterò senza ombra di macchia davanti al tribunale della tua glo- ria, con il frutto centuplicato di una casti- tà che sia il più puro specchio dell’inno- cenza» ( Esercizi spirituali , III ). Il significato del velo è evidente. La monaca, consacrata nella verginità per es- sere esclusivamente sposa di Cristo, deve sottrarsi allo sguardo di altri possibili pre- tendenti e amanti. Essa vive quindi ritirata dal mondo, nel chiostro ( claustrum , da cui derivano i termini claustrale, clausura), per essere sempre sotto lo sguardo di Dio e a lui solo piacere per la purezza e l’in- tensità dell’amore. Il velo è, quindi, una specie di clausura nella clausura, poiché anche all’interno del monastero la monaca ha uno stile di vita e un modo di relazionarsi con le altre clau- strali molto riservato. Questa consuetudi- ne non ha però nulla di opprimente, anzi il velo è molto caro alla monaca e da lei devotamente portato; lo bacia ogni volta che lo mette e che lo depone. Esso, distogliendola dal divagare con gli occhi, la aiuta a tenere lo sguardo del cuore più direttamente rivolto a Dio, nella contemplazione del suo volto sempre desi- derato e cercato. Il velo è inoltre anche il segno del pudore che la nasconde, in cer- to senso, al suo stesso sposo. In questa lu- ce, i Padri hanno sempre letto il Cantico dei cantici : «Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella! Gli occhi tuoi sono co- lombe, dietro il tuo velo… Giardino chiu- so tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata» (4, 1.12). Questi splendidi versi esprimono l’am- mirazione e il commosso stupore dello no soprannaturale; il forte simbolismo del velo indica proprio la generosità e l’inten- sità con cui la claustrale fa dono di sé a Dio per tutti, rimanendo nascosta, per es- sere del tutto gratuita. Non posso dimenticare l’emozione pro- vata nel momento in cui il vescovo mi consegnò il velo benedetto: fu come se il cielo si curvasse su di me per avvolgermi nella sfera del sacro, nell’intimità del cuo- re di Cristo, a somiglianza della Vergine Madre Maria. Quando Papa Liberio, nel IV secolo, consacrò Marcellina, sorella del vescovo Ambrogio di Milano, nel momento in cui le impose sul capo il velo religioso, tutto il popolo che gremiva la basilica di San Pietro fe- ce da testimone applauden- do e proclamando: Amen! Amen! Il rito liturgico della ve- latio virginum è altamente suggestivo. Anticamente il velo era in uso anche di colore rosso, a si- gnificare che la vergine era stata riscattata dal sangue dello sposo, Cristo. Perciò in uno dei suoi bellissimi sermoni, sant’Am- brogio — che può essere definito “consa- cratore di vergini” — così descrive una donna consacrata: «Adorna di tutte le vir- tù, avvolta nel velo reso purpureo dal san- gue del suo Signore, ella avanza come una regina portando sempre nel suo corpo la morte di Cristo» ( De institutione virginis , 17.109). Alla verginità è anche giustamente attri- buito il carattere martiriale; essa è infatti considerata una forma di martirio, essendo una vita totalmente data; di conseguenza le viene riconosciuta anche la dignità rega- le e viene coronata dallo sposo, re dell’universo. Il velo viene così ad avere pure il significato di diadema regale. Vi può essere più alta dignità per la donna? Ma il velo stesso la tiene nell’umiltà. Nella basilica di San Simpli- ciano, a Milano, si trova un’iscrizione se- polcrale del V secolo che dice semplice- mente: Hic iacet Leuteria cum capite velato . Poetico verso che consegna alla memoria dei posteri una donna contraddistinta dal velo, segno della consacrazione a Cristo; segno di un’altissima nobiltà. Parlando del velo, non si può tralasciare di rivolgere l’attenzione alla Vergine Im- macolata, sempre raffigurata con il velo, e talvolta con un velo così ampio da avvol- gere anche il Bambino Gesù che tiene nel- le sue braccia. Intorno a lei è fiorita in ogni epoca la più bella poesia; a lei sono rivolte le più accorate invocazioni perché tenga il suo velo steso su tutti noi, su tutta l’umanità di cui è stata resa Madre. «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio — canta Dante — umi- le e alta più che creatura / termine fisso d’eterno consiglio / Tu sei colei che l’uma- na natura / nobilitasti sì che il suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura… / Qui sei a noi meridiana face / di caritate; e giuso intra i mortali, / sei di speranza fontana vivace. / Donna sei tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia e a te non ricorre, / sua disianza vuol volar senz’ali. / La tua benignità non pur soc- corre/ a chi domanda, ma molte fiate / li- beramente al domandar precorre» (Paradi- so XXXIII , 1-18). Velata, ma presente — così come la Ver- gine Maria — è la donna tutta dedita al Signore nella preghiera; essa non diventa un essere disincarnato e impassibile, lonta- no dalla gente comune, bensì una donna capace di amore oblativo e universale, pie- namente gratuito proprio perché vergine. Questo è il mistico significato del velo sul capo delle donne consacrate, nascoste dal mondo per essere nel cuore del mon- do e portare tutti gli uomini nel cuore di Cristo, unico sposo della Chiesa, dell’umanità che egli ha redento a prezzo del suo sangue, per renderla santa e im- macolata al suo cospetto; splendente di quella bellezza spirituale che deve essere custodita da ogni profanazione, dietro il sacro velo verginale. È una specie di clausura nella clausura Indica la generosità e l’intensità con cui la claustrale fa dono di sé a Dio per tutti rimanendo nascosta Per essere del tutto gratuita Non posso dimenticare l’emozione quando il vescovo mi consegnò il velo benedetto Fu come se il cielo si curvasse su di me per avvolgermi nel cuore di Cristo a somiglianza della Vergine La benedettina Anna Maria Canopi (1931) ha fondato l’abbazia Mater Ecclesiae nell’isola di San Giulio, sul lago d’Orta (Novara). Scrittrice feconda e profonda erudita, è autrice di molti libri sulla spiritualità monastica e cristiana. Ha collaborato all’edizione della Bibbia della Conferenza episcopale italiana e al Catechismo della Chiesa cattolica . Nel 1993 ha preparato il testo della Via Crucis di Giovanni Paolo II . Di Sebastiana Papa (1932-2002) sono invece le fotografie di questa pagina. donne chiesa mondo Monastero di Santa Chiara (Cortona, 1994) Monastero Monte Carmelo (Vetralla, 1995) sposo divino davanti alla promessa sposa tutta raccolta e rivestita di un umile e de- licato riserbo. È il mistero stesso dell’amo- re verginale a richiedere di essere delicata- mente custodito dietro un velo. Con san Paolo si può veramente esclamare che grande è «questo mistero» verginale e nuziale (cfr. Efesini , 5, 32). Certamente, alla menta- lità e alla sensibilità del nostro tempo riesce molto difficile comprendere e ammettere questa consue- tudine delle monache, tut- tavia le vocazioni alla vita claustrale non vengono meno, a testimonianza del valore della fede proprio nella nostra società così se- colarizzata e in gran parte anche scristianizzata. In realtà, la vocazione monastica, per disegno di Dio, giova a compensare il vuoto di fede che c’è nel mondo; essa, infatti, non è disprezzo e dimenticanza di esso, ma è una vita che esclude il compromesso con il mondano, con ciò che è corrotto, per dedi- carsi totalmente alla pre- ghiera e all’ascesi a benefi- cio di tutta l’umanità. La monaca vive quindi in modo sublime il mistero nuziale e materno sul pia- Monastero Santa Maria di Rosano (Pontassieve, 1967) «Vergine di Loreto» (Santuario della Santa Casa, Tresivio, particolare)

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