donne chiesa mondo - n. 12 - maggio 2013

donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne L’autoironia di Wisława Szymborska Il canto dell’imperfezione di S ILVIA G UIDI N on era facile convincerla a parlare della sua poesia; su questo biografi, amici, allievi e antichi colleghi concorda- no. Soprattutto dopo il 1996, l’anno in cui ricevette il premio Nobel per la letteratura. «Esistono farfalle impazienti di infilzarsi da sole su uno spillo?» replicava Wisława Szymborska a ogni tentativo di farle commentare le sue opere. «Non so che cosa sia la poesia. So solo — ripeteva nelle inter- viste la scrittrice polacca, scomparsa il 1 o febbraio 2012 — che bi- sogna essere capaci di stupore. Ma questo lo aveva già detto Montaigne. Non coltivo grande filosofia, bensì modesta poesia. Gli esistenzialisti sono seri in modo monumentale e monotono, e non amano scherzare (...) Nell’eccessiva serietà vedo sempre qualcosa che fa un po’ ridere». Il senso dell’umorismo può benissimo convivere con un’acuta cognizione del dolore e del disagio costante di dover accettare se stessi con tutti i propri limiti ed errori. Rita e il suo impossibile volo La santa del mese raccontata da Lucetta Scaraffia R ita è il nome della mia nonna materna, di origini contadine astigiane, che ha sempre colti- vato uno stretto legame devo- zionale con la sua santa: anzi, il suo nome anagrafico era Maddalena ma sua madre, la mia bisnonna, doveva essere ben attenta alle novità se già nel 1902 deci- deva di ribattezzarla Rita, anche se il gran- de santuario torinese che lanciò la devozio- ne alla santa nella regione sarebbe stato costruito solo nel 1925. In questo cambiamento di nome sta la storia dell’affermarsi di una devozione mo- derna: a una santa evangelica, che ha poi dato luogo a una tradizione leggendaria, si sostituisce una santa vissuta nella storia, che propone un modello di comportamen- to concreto e domestico per donne sposate e madri. La canonizzazione di Rita, infatti, avvenuta nel fatidico 1900, si rivolgeva pro- prio a loro, donne più coinvolte in proble- mi domestici che in pensieri religiosi, biso- gnose di aiuti concreti e immediati. Ma Rita era vissuta a cavallo fra il XIV e il XV secolo a Cascia, un comune umbro allora di una certa importanza per l’allevamento del bestiame e la transuman- za. Di Rita abbiamo come traccia sicura il corpo, conservato già al momento della morte in un sarcofago dipinto, un codice in cui alcuni notai hanno trascritto i mira- coli a lei attribuiti, e il ricordo orale con- servato e tramandato nei luoghi in cui si è svolta la sua breve ma avventurosa vi- cenda. O almeno supponiamo che sia stata tale, perché non possiamo ricostruirla che attra- verso una biografia molto più tarda, scritta da un agostiniano, Cavallucci, nel 1610, in preparazione del processo che l’avrebbe di- chiarata beata nel 1628. Cavallucci cerca di fare ordine nelle leggende che circolavano nel contado, e soprattutto di farla rientrare nel modello di santità controriformistico: Rita sarebbe stata una giovane obbligata al matrimonio nonostante la vocazione al mo- nastero, con un marito violento e dei figli simili al padre. Dopo anni di preghiere sarebbe riuscita a convertire il marito, coinvolto nelle faide locali, che però venne subito ucciso: ella prega allora che i figli muoiano piuttosto che venire coinvolti nella vendetta del pa- dre. Morti anche i figli, Rita vorrebbe la- sciare la natia Roccaporena, un villaggio vicino a Cascia, per entrare nel monastero dedicato a santa Maria Maddalena, ma le viene impedito per ragioni di lotte intesti- ne. Ma, in modo miracoloso, Rita riesce a entrare comunque nel monastero, dove ver- rà accettata e vivrà — compiendo prodigi come la fioritura di rose in inverno, e rice- vendo una stigmata sulla fronte — fino alla morte, ormai in odore di santità. Il monastero da allora prende il nome di Ri- ta: anche qui, una Maddalena diventa Rita. L’autore secentesco sorvola — qui è pro- prio il caso di dirlo — su un particolare in- quietante della leggenda, ricordato invece dai testimoni del processo di beatificazio- ne: Rita sarebbe volata, di notte, nel mo- nastero ben chiuso che non la voleva, dalla Rocca di Roccaporena, dove si era ritirata a pregare e dove esiste ancora una cappel- letta che conserva la pietra dove avrebbe lasciato le sue orme. Un volo notturno da un luogo selvag- gio, pare in compagnia di un uomo vestito di pelli, da lei prontamente riconosciuto come san Giovanni Battista, era considera- to in quegli anni un evento decisamente inquietante: c’erano donne che venivano condannate al rogo come streghe per mol- to meno. Ma la beatificazione di Rita era appoggiata, a Roma, dal cardinale Poli, originario di un villaggio vicino a Cascia, molto potente alla corte di Urbano VIII , e si riuscì a nasconderlo. Il volo miracoloso venne poi reinserito nella biografia in una nuova versione ottocentesca, e contribuirà in modo definitivo a rafforzare la devozio- ne a questa santa, così potente da essere denominata «santa degli impossibili». Grazie a questo volo miracoloso, infatti, Rita diventa una santa dalla potenza straordinaria, non addetta a un settore particolare: si può occupare — e con suc- cesso — di ogni problema. Rita è divenuta così una delle sante più seguite, più invocate, perché le devote no- vecentesche, donne appena emigrate nelle città operaie, che dovevano gestire rappor- ti che stavano diventando sempre più dif- ficili con mariti e figli, nel volo trionfale al Lucetta Scaraffia insegna storia contemporanea all’università di Roma La Sapienza. È membro del Comitato nazionale di bioetica e consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Tra i suoi libri: Per una storia dell’eugenetica (con Oddone Camerana, 2013); Due in una carne (con Margherita Pelaja, 2008); Francesca Cabrini. Tra la terra e il cielo (2003); Rinnegati (2002); Il giubileo (1999); Donne e fede (con Gabriella Zarri, 1994); La santa degli impossibili. Vicende e significati della devozione a santa Rita (1990). Yves Klein, «Ex voto dedicato a santa Rita» (1961) Nel cambio di nome di mia nonna sta la storia dell’affermarsi di una devozione moderna A una santa evangelica si sostituisce una santa vissuta nella storia «Esistono farfalle impazienti di infilzarsi da sole su uno spillo?» replicava a ogni tentativo di farle commentare le sue opere «Non so cosa sia la poesia So solo che bisogna essere capaci di stupore» «Nulla due volte accade / né accadrà. Per tal ragione / nascia- mo senza esperienza, / moriamo senza assuefazione» scrive in Nulla due volte , pubblicata nel 1957, oggi divenuta una canzone popolare in Polonia. «Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno / e ognuna. / So che finché vivo niente mi giustifica, / perché io stessa mi so- no d’ostacolo. / Non avermene, lingua / se prendo in prestito / parole patetiche, / e poi fatico per farle sembrare leggere» conti- nua sullo stesso tema in Sotto una piccola stella . «Io — un’adolescente?» scrive nella poesia omonima, in cui non dissimula l’imbarazzo di rivedere se stessa giovane, superfi- ciale, conformista e ottusamente ideologica, come molti dei suoi coetanei. «Se ora, d’improvviso, si presentasse qui, / lontana? / Versare una lacrima, / baciarla sulla fronte / per la sola ragione/ che la nostra data di nascita è la stessa? / Siamo così diverse, / i nostri pensieri e parole così differenti. / Lei sa poco — / ma con un’ostinazione degna di miglior causa. / Io so molto di più — / ma non in modo certo. / (...) Per commiato nulla, un sorriso ab- bozzato / e nessuna commozione». «Non è facile fare i conti con la propria coscienza. Fare i conti con la coscienza di qualcun altro — scrive in una delle prose mi- nori poi raccolte in Lektury nadobowiązkowe (in Italia Letture facol- tative , Adephi, 2006), ricordando il clamore suscitato dalla pub- blicazione dei diari di Thomas Mann in Germania — è invece assai più semplice e ci rafforza nella convinzione di essere mi- gliori». Misurare la sua maggiore o minore distanza dai regimi totali- tari che hanno tragicamente segnato la vita del suo Paese — come molti hanno fatto e continuano a fare — porta a scoprire inaspet- tati paradossi. Le stesse Lektury nadobowiązkowe ad esempio, sono nate da una misura punitiva. Avendo restituito nel 1966 la tessera del Pzpr (il Partito operaio unificato polacco) la direzione della rivista «Życie Literackie» ritenne impossibile affidarle un incarico di redazione e le chiese di scrivere recensioni. «La cosa finì bene. Non fui più costretta — dirà anni più tardi Wisława Szymborska ad Anna Bikont e Joanna Szczęsna — a starmene seduta tutto il giorno alla scrivania e leggere chili di te- sti per lo più mediocri. Potevo scrivere a piede libero». E recensire fatti piccoli e grandi, pubblici o privati, dagli in- contri sempre un po’ intimiditi col grande poeta Czesław Miłosz alla miracolosa bellezza della voce di Ella Fitzgerald. Persino raccontare la fine della vita, con una commozione ac- curatamente nascosta sotto un tono colloquiale e complice, sem- pre più certa che nel labirinto dell’esistenza «non siamo noi a cercare l’uscita. È l’uscita che cerca noi». «Non c’è vita — scrive in Sulla morte, senza esagerare — che almeno per un attimo / non sia immortale. / La morte / è sem- pre in ritardo di quell’attimo. / Invano scuote la maniglia / d’una porta invisibile. / A nessuno può sottrarre / il tempo rag- giunto». Whielki Krasnal, «Wisława Szymborska» (2010) monastero chiuso avevano la rivelazione del potere nascosto nelle donne sofferenti e oppresse, vedevano e chiedevano un possibile rovesciamento della loro situa- zione. A metà del Novecento alle donne si ag- giunge, come devoto della santa degli im- possibili, uno degli artisti più importanti e creativi dell’età contemporanea, Yves Klein, che si reca in pellegrinaggio al suo santuario per recarle un ex-voto da lui creato, con il quale le dedica tutta la sua opera. È curioso sapere che non solo Klein è inventore di un particolare tono di blu, che utilizza per moltissime sue opere, chia- mato blu Klein, ma che lui stesso ha tenta- to un volo, dalla finestra — per fortuna non troppo alta — della sua casa parigina, volo immortalato da una celebre fotogra- fia. Rita si rivela così una santa veramente complessa: attira la devozione delle donne più deboli, ed è al centro di un culto veramente popolare, ma viene scelta come fonte di ispirazione da uno degli artisti contemporanei più sofisticati e famosi. Veramente una santa degli impossibili!

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