donne chiesa mondo - n. 6 - novembre 2012

women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo women L’OSSERVATORE ROMANO novembre 2012 numero 6 Inserto mensile a cura di R ITANNA A RMENI e L UCETTA S CARAFFIA , in redazione G IULIA G ALEOTTI www.osservatoreromano.va donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne chiesa mondo Lo specchio delle anime semplici La difficile e appassionante vicenda di Margherita Porete di L UISA M URARO D i Margherita, soprannominata Porete, ignoriamo quando nac- que e dove, sappiamo soltanto che era del nord della Francia, forse di Valenciennes; ignoriamo tutto della sua famiglia e della formazione, qualcuno suppone che forse si formò in un beghinaggio di quella regione. Le cronache parlano di lei come di una beghina, una delle innumerevoli beghine di quei tempi, donne né religiose né sposate che, spesso in comunità, conducevano una vita che alcuni giudicavano santa ma altri troppo autonoma, dedicata alla preghiera, al lavoro, alla cura dei malati. C’è ragione di pensare, tuttavia, che Margherita non fosse una tipica beghina. Insomma di lei conosciamo poco. Ma que- sto poco è molto: sono le circostanze della sua tragica morte più il libro da lei scritto, un ca- polavoro della letteratura mistica in lingua volgare e uno dei primi grandi testi in prosa della lingua francese (stranamente poco consi- derato nella cultura francese). La figura di Margherita viene alla luce della storia documentata in occasione del suo pro- cesso condotto dall’inquisitore di Parigi e ter- minato con la morte sul rogo, il 1° giugno 1310. Fu un fatto clamoroso, superato soltanto nell’emozione pubblica dal contemporaneo processo dei Templari. In Francia regnava al- lora Filippo il Bello e l’inquisitore, frate Gu- glielmo di Parigi, era il suo confessore. Margherita fu condannata per aver conti- nuato a diffondere il suo libro, già giudicato eretico anni prima; lo giudicarono tale nel 1310 anche ventuno teologi convocati dall’inquisi- tore parigino. A ciò bisogna aggiungere l’ag- gravante che lei non prestò il dovuto giura- mento e non poté quindi essere interrogata. Restò dunque in un silenzio che è difficile da interpretare; qualcuno l’ha motivato con l’in- degnità di frate Guglielmo, un uomo corrotto dal potere. Né gli atti del processo né le cronache che parlano della sua morte, riportano il titolo del libro. Questa circostanza ne favorì, di fatto, la diffusione, il libro non essendo più associato a una condanna di eresia. Solo in tempi recenti, grazie a una studiosa non accademica, Roma- na Guarnieri, abbiamo riconosciuto nella be- ghina bruciata a Parigi nel 1310 l’autrice di quel libro che, mai stampato, ma copiato e tradotto, continuò a circolare per l’Europa af- fascinando anime a caccia di Dio. S’intitola Lo specchio delle anime semplici ed è, al tempo stesso, guida e racconto di una ri- cerca mistica personale ma condivisa e orien- tata da una misteriosa società spirituale, quella delle Dames nient connues : le signore che nes- suno conosce. Di esso si pensa, non senza buoni argomenti, che sia stato letto da Mae- stro Eckhart, lasciando il segno nei celebri Sermoni in lingua tedesca. In effetti, le rispon- denze sono molte e impressionanti. Oggi il capolavoro di Margherita conosce un vero successo editoriale in Europa e negli Stati Uniti, con un vasto contorno di tradu- zioni, commenti e studi. La prima edizione è apparsa nel 1965, curata da Romana Guarnieri per le Edizioni di storia e letteratura. Lo tro- viamo anche nella «Continuatio medievalis» del Corpus Christianorum in una edizione cura- ta dal gesuita Paul Verdeyen. Lo specchio appare ancor oggi un testo che può affascinare ma difficile da intendere. Così lo giudicarono, dal primo momento, alcuni uomini di Chiesa contemporanei di Margheri- ta fra i quali un magister della Sorbona (e quindi collega di Eckhart): è ispirato da Dio, riconobbero, e arriva dove nessuno finora è arrivato, ma è per pochi, gli altri ne sarebbero traviati. Questi giudizi allarmati ma favorevoli, lei o chi per lei li riportò in appendice allo Specchio sperando forse che l’avrebbero tutela- to. È abbastanza chiaro, a questo punto, che Lo specchio delle anime semplici è un’opera che procede sul filo; è un blade runner , detto nel linguaggio di oggi. Volendo stabilire in che cosa esso sia affila- to e rischioso, come percepirono i contempo- ranei, bisogna avere più di un’avvertenza. Bi- sogna infatti sapere che il testo originale è an- dato perduto e che noi leggiamo Lo specchio in una copia di due secoli dopo. C’è ragione di considerare questa versione tardiva come ad- domesticata. In poche parole: il libro non è, come si è detto in buona fede, un’esaltazione del desiderio e della volontà dell’amore ma, al contrario, insegna a oltrepassarli per attingere con Dio un rapporto in cui pratica delle virtù, sacramenti e precetti non hanno più significa- to. Le “anime semplici” del titolo sono anime desideranti e dunque impedite di entrare nel paese della libertà. In questo entrano le anime annientate, che nessuno conosce così come nessuno può conoscere Dio. Che cosa ciò si- gnifichi non si può riassumere e non è facile intendere, ma è fuori dubbio che ciò riguardi, nell’intendimento dell’autrice, l’intera vita del- la Chiesa. Il linguaggio di Margherita non conosce il termine “mistica” che noi applichiamo alla sua opera, con il rischio di misconoscerla. La no- stra cultura dissocia la mistica da ogni prova di realtà e da ogni impegno nel qui e ora. Che invece sono ben presenti nell’opera dei mistici, come sa chi ne ha conoscenza diretta, e ben presenti anche in Margherita. Questo non vuol dire soltanto che il suo insegnamento, formulato per giunta nella lingua comune, po- teva incidere fortemente nella società del suo tempo. Vuol dire anche che la ricerca spiritua- le poteva fare scoperte che noi chiameremmo scientifiche, cioè sperimentali e verificabili, ri- guardanti la realtà umana (non separabile, al- lora, dalle verità rivelate). Mi avvicino così al filo tagliente del libro di Margherita. Il suo itinerario non mira a fare uno con Dio, come insegnavano la mistica antica e cristiana. Lei o, meglio, le misteriose Dame che nessuno co- nosce, hanno scoperto che questo traguardo è sbarrato ma proprio in questo punto si è aper- ta davanti a loro un’altra strada. La cui figura centrale è la caduta. Per capire meglio, si pen- si al Paradiso di Dante, che di Margherita è un contemporaneo. Il movimento dell’anima annientata non è un ascendere ma un precipi- tare in basso, nel niente, ed è in questo preci- pizio che la raggiunge la potenza divina. Detto in parole nostre, non distanti dalle sue, Margherita ha scoperto che l’essere uma- no non è propriamente limitato, l’essere uma- no è propriamente ed essenzialmente mancan- te. Forse noi oggi, nonostante la nostra rozza civiltà spirituale, siamo in condizione di co- minciare a capire questo punto. Forse, ci può aiutare che ciò di cui rende conto Margherita è un’esperienza femminile. di P HILIPPA M. H ITCHEN N on era difficile individuar- la nell’aula del Sinodo, es- sendo l’unica donna con collarino ecclesiastico tra file e file di cardinali e vescovi con i loro zucchetti rossi e viola. Con i suoi corti capelli neri, gli orecchini e i vestiti eleganti, Sarah Frances Da- vis è un vescovo della Chiesa me- todista episcopale africana. All’assemblea sinodale sulla nuova evangelizzazione (tenutosi dal 7 al 28 ottobre 2012) ha rap- presentato, in qualità di vice pre- sidente, il Consiglio Metodista Mondiale, tra i cosiddetti “delega- ti fraterni” provenienti da quattor- dici diverse Chiese cristiane e co- munità ecclesiali. Mentre di tanto in tanto Benedetto XVI incontra donne vescovo di altre denomina- zioni che visitano il Vaticano, Da- vis è stata la prima a partecipare a un sinodo da quando Paolo VI diede inizio alla pratica di invitare i leader cristiani del mondo per parlare di alcune delle questioni d’attualità più pressanti. Sarah Frances Davis è abituata a essere pioniera, avendo servito per sette anni come primo pastore donna di una grande chiesa meto- dista a San Antonio, in Texas, do- ve ha iniziato a sviluppare un mi- nistero incentrato sulla preghiera e sulla preparazione delle persone attraverso una formazione di qua- lità. Conosciuta come “il vescovo della preghiera”, ha organizzato e promosso numerosi incontri pub- blici di preghiera, compreso l’an- nuale Giornata della preghiera nel metodismo africano, celebrata il 13 aprile. «Penso che una persona capace di pregare sia anche capace di re- stare alla presenza di Dio» ci ha detto durante una pausa caffè nei primi giorni del Sinodo. «Sono emozionata — ha proseguito con il suo sorriso cordiale e la sua dolce parlata strascicata tipica del sud degli Stati Uniti — per il fatto che il Papa stia sottolineando l’impor- tanza non solo di conoscere Cri- sto, ma anche di avere con lui un rapporto personale. Se abbiamo questo rapporto, allora possiamo intrattenere un rapporto d’amore con i nostri fratelli e le nostre so- relle. Penso che per affrontare i mali e le sfide del mondo, dovre- mo trovarci là dove riusciamo a vedere gli altri come Cristo ci vede». A proposito delle sfide che il Consiglio Metodista Mondiale deve affrontare, Sarah Frances Davis ci ha detto di essere molto colpita dalle similitudini delle questioni discusse dai vescovi cat- tolici di tutti i continenti. «Sentia- mo sempre più parlare del fatto che dobbiamo andare incontro a quanti non conoscono o che non hanno il linguaggio o la memoria della fede che abbiamo noi. Non possiamo più accontentarci di ri- manere sulla soglia della nostra piccola tenda e pensare che tutti devono venire dove siamo noi. Dobbiamo uscire e riconoscere che le persone non sono dove sia- mo noi; ma se le amiamo abba- stanza, dedicheremo del tempo a raggiungerle in modo pertinente». Il Consiglio Metodista Mon- diale conta oltre ottanta milioni di membri appartenenti alle con- fessioni metodista, wesleyana, dell’unificazione e unita in oltre novanta Paesi. Dopo aver lavorato per quattro anni nell’Africa meri- dionale, attualmente Sarah Fran- ces Davis è vescovo presidente del sedicesimo distretto episcopale, una grande area che comprende i Caraibi e le Isole Sopravento, par- te dell’Europa, nonché la Guyana e il Suriname nell’America meri- dionale. «Nel 1971 — ha detto Davis ai Padri sinodali — la Conferenza Metodista Mondiale ha lanciato una nuova missione e dato un nuovo impulso all’evangelismo, nella ferma convinzione che “il grande mandato di Cristo (…) di insegnare e predicare il Vangelo e di fare discepoli sia il compito principale della Chiesa”». Oggi questo compito è più urgente che mai: «Il mondo è ferito, perso, di- stratto, smarrito, malato e caduto in disgrazia e ha un disperato bi- sogno di guarigione, di speranza e di salvezza. In un tempo come quello presente non c’è altro no- me da invocare che quello di Ge- sù». E l’impegno deve tenere con- to di tutte le esigenze fisiche, emozionali, economiche, sociali e spirituali delle persone. Deve sem- pre essere permeato dallo Spirito Santo. Ha inoltre ricordato ai vescovi che il successo della nuova evan- gelizzazione è strettamente colle- gato con la credibilità dell’evange- lizzatore. «Saranno gli evangeliz- zatori a essere messi sotto la lente d’ingrandimento, e non i processi, i programmi o i piani che scaturi- ranno da questo Sinodo. La gente vuole sapere che cosa ciò che gli evangelizzatori stanno proponen- do ha già operato nelle loro vite». di C RISTIAN M ARTINI G RIMALDI A gnes Han ha settant’anni, da trentuno svolge settimanalmente del volontariato in supporto a co- loro che per varie ragioni — disa- bili, persone sole, vedove, malati terminali — necessitano della presenza, fisica e psicologica, di qualcuno che li sappia ascoltare. Agnes ha scelto di battezzarsi in tarda età, a trentasei anni. Il marito e i figli l’hanno seguita in questa scelta di vita diven- tando cattolici a loro volta. Le donne della generazione di Agnes in Corea, hanno un grande potere all’interno della famiglia — sono loro a gestire l’econo- mia domestica — e sono molte le conversioni che seguono la stessa dinamica di trasmissio- ne intra-familiare. Agnes ha preso a partecipare a questo pro- getto di volontariato su consiglio di un’ami- ca: la sua è una generazione che non conosce i dinamismi della Rete, è ancora gente che si lascia guidare dal passaparola, quello lettera- le, non quello fatto di tweet. Le sue compa- gne e compagni, in senso lato, sono circa mezzo milione di persone: tante infatti sono coloro che fanno parte della Legione di Ma- ria. Un’associazione che nasce in Irlanda nel 1921 e arriva in Corea, grazie a Padre Harold Henry nel 1953, vale a dire sul finire della guerra. Quella guerra che in tre anni si calco- la abbia fatto, solo tra i civili, qualcosa come due milioni di morti, riuscendo a separare e isolare per sempre i coreani in due Stati di- stinti, contigui geograficamente ma lontanis- simi in tutto il resto. Maria Song — anche lei nella Legione — al pari di Agnes ha scelto il battesimo in tarda età, si è convertita insieme al marito dopo il matrimonio. «Per me — dice — la vicinanza con la Vergine è stata rivoluzionaria, sento la sua presenza come una madre, mi infonde un senso di serenità, di pace e accudimento spi- rituale che prima mi mancava». Le vie al cattolicesimo sembrano infinite, Angela Ho era protestante ma poco ispirata nella fede. Tutto è cambiato con la conver- sione: «Ho pregato perché si convertisse an- che mio marito». L’evento si è avverato l’an- no dopo. «Come ogni coreana — dice Angela — risento dell’influenza confuciana che porta grande rispetto per gli antenati, come prote- stante ne sentivo la mancanza, invece con il cattolicesimo ho riscoperto la preghiera per i morti, dunque posso continuare a nutrire quel filo che mi tiene legata alle radici fami- liari». La Legione è un organismo organizzato in senso piramidale. Ogni livello è identificato con nomi che evocano le antiche istituzioni romane. Alla base c’è il Praesidium, che è la cellula elementare di ogni parrocchia: di soli- to si tratta di una dozzina di persone. Poi viene la Curia e il Comitium che supervisio- na il lavoro delle Curiae, quindi la Regia nel- le diocesi più grandi. In queste diocesi esiste poi un consiglio nazionale chiamato Senatus. È il Senatus l’organo principale, ed è compo- sto da laici — come del resto tutta l’organiz- zazione — che provvedono a impartire le di- rettive agli organi inferiori. È dal Praesidium che si organizzano e si ripartono i volontari per intraprendere, sempre in squadre di due persone, le varie operazioni di volontariato nelle aree circostanti il proprio distretto. Una delle esperienza più toccanti che Agnes ricorda, è quella relativa alla collina Nanji-do, che negli anni Ottanta era una di- scarica a cielo aperto (oggi è una popolare zona di campeggio) con decine di famiglie che, non avendo altro mezzo di sostentamen- to, pescavano, tra i materiali di scarto, quegli oggetti ancora non interamente deteriorati da rivendere poi lungo le strade. Un Praesidium intero della parrocchia di Agnes si occupava della nutrizione, cura ed educazione degli ol- tre quaranta bambini — i figli della comunità nata intorno alla discarica — che altrimenti si sarebbero “persi” nella miseria più abbrutten- te della baraccopoli dove erano costretti a so- pravvivere. Ma la Legione di Maria non si occupa so- lamente dei casi di miseria materiale, bensì anche di quelle persone che, per ragioni ogni volta differenti e spesso imperscrutabili, sof- frono del male più sottile e più profondo: depressione, problemi mentali, casi che ruo- tano intorno all’avvilimento dello spirito. Come ci dice il vescovo ausiliare di Seoul monsignor Andrew Yeom Soo-jung, «sempre più persone scoprono la fede cattolica in Co- rea, oggi sono oltre il dieci per cento della popolazione, perché esiste un vuoto nelle persone, figlio della deriva di una società fre- netica, che le virtù cattoliche riescono invece a colmare; io dico sempre, venite e fate que- sta esperienza, provateci!». Anche il vescovo, in giovane età, prima di prendere i voti, si è esercitato nel volontaria- to della Legione di Maria. Pure lui cresciuto a ridosso della guerra, ha conosciuto le mise- rie e gli stenti della generazione postbellica. «Le donne in Corea — ci dice — sono il ses- santa per cento di tutti i cattolici, per ragioni storiche e culturali. La Corea è un Paese con una forte tradizione confuciana che vuole la società fortemente suddivisa in classi, e le donne sono nella posizione che più soffre la discriminazione, vengono dopo i padri/mariti e perfino dopo i figli. Il cristianesimo ha da- to loro modo di trovare la forza di reclamare pari dignità e uguaglianza con gli altri ele- menti della società così fortemente gerarchiz- zata. Per questo nella Legione di Maria le donne, che costituiscono il settanta per cento della forza di volontariato, e sono per lo più donne di mezza età, casalinghe e con figli or- mai grandi, riscoprono il senso del loro ruolo e del loro valore in una società che general- mente misura la dignità di ognuno con ben altri parametri di efficenza, e prestazione». La Legione di Maria svolge due incontri annuali nelle parrocchie che vedono riuniti tutti i volontari, i quali non hanno un loro codice di abbigliamento identitario, nessuna uniforme di sorta. Sono persone — a volte le- gate alla loro parrocchia, a volte no — che fanno questo nel loro tempo libero, o magari nel weekend. La Legione, inoltre, gode di as- soluta autonomia dal vescovo nella sua ge- stione, anche se questo mantiene un certo dialogo con l’associazione, anche perché gli incontri settimanali dei vari Praesidium si svolgono nei locali ausiliari di proprietà delle parrocchie. Padre Agostino Seo è il pastore della par- rocchia di Yeon Hee Dong (a Seoul), ed è spesso presente agli incontri settimanali. Du- rante queste riunioni i legionari leggono ognuno, sui loro diari personali, i resoconti delle attività avvenute durante la settimana, intrecciano le loro storie e le loro competen- ze, fanno tesoro e sinergia dell’esperienza al- trui. La riunione di solito comincia con una lunga preghiera. Sul lungo tavolo è disposta una statua della Madonna con due candele accese, e in fondo alla tavola c’è lo stendardo della Legione. È alla Madonna che le donne rivolgono i loro sguardi durante l’orazione introduttiva. La Legione di Maria non solo è un felice esempio nell’ispirare e nutrire valori cristiani quali la carità e la compassione, ma è anche un notevole esempio di democrazia. Tutti co- loro che fanno parte del Senatus vengono in- fatti eletti dagli stessi membri con voto a scrutinio segreto. Chi si incarica di prendere le decisione su come organizzare le varie operazioni di volontariato lo fa col consenso e la delega di tutta la comunità. La Legione si è identificata nel proprio stendardo, al cen- tro è sempre la Vergine, e sotto questa ogni parrocchia è libera di imprimere il proprio nome, perché, come puntualizza Agnes, «tra noi esiste la democrazia è vero, ma democra- zia e uguaglianza non significano uniformità, anzi, se c’è una cosa che ho imparato in que- sti trent’anni di volontariato, è che l’empatia più riuscita col prossimo è quella che nasce proprio nell’esaltazione reciproca delle diffe- renze, riscoprendo cioè la bellezza e il valore di ciò che non ci somiglia, e non banalmente e automaticamente compiacendoci per ciò che ci accomuna». Il romanzo Chi ti credi di essere? Le alternative sono due. Iniziare dalla prima pagina e proseguire, oppure scegliere arbitrariamente l’ordine con cui leggere i dieci racconti che compongono Chi ti credi di essere? , il romanzo che Alice Murno pubblicò nel 1978 (ora uscito in Italia per Einaudi). Protagonista della narrazione è il faticoso cammino della giovane Rose, percorso in cui il rapporto con la matrigna Flo ha avuto un ruolo cruciale («Quel che hanno fatto e detto lei e Flo, in effetti c’entra assai poco. Ciò che conta è il conflitto in sé e per quello ormai c’è ben poco da fare perché è inarrestabile, e arriverà dove deve arrivare»). Essendo la canadese Murno (classe 1931) la migliore scrittrice vivente di racconti — ambito tutt’altro che facile — il suo libro, senza che nulla si perda in termini narrativi, può essere ripercorso o come romanzo o, invece, come un insieme di racconti a sé stanti. Un’impresa che riesce a pochissimi. Sebbene la maggior parte delle sue storie sia ambientata in Ontario, Alice Murno ha una capacità di cogliere temi, stati d’animo e sfumature con una indubitabile patina di universalità. E ciò a partire da quello che, forse, è il suo capolavoro assoluto, il racconto The bear came over the mountain , su amore, identità e perdita con la malattia di Alzheimer. ( giulia galeotti ) Il film Oltre le colline Oltre le colline in un posto imprecisato della Romania c’è un monastero ortodosso, con un “padre”, una “madre” e alcune sorelle. Qui arriva Alina, giovane donna orfana e adottata, per ritrovare Voichita, che è cresciuta con lei nell’orfanotrofio, e partire insieme in Germania. Fra le due donne c’è un legame fortissimo, ma Voichita non vuole lasciare il monastero e l’amore per Dio, e Alina non sa rassegnarsi. È irrequieta, qualche volta violenta, prova il suicidio. Al “padre”, alla “madre” e alle “sorelle” pare indemoniata e cercano il rimedio per salvarla. Oltre le colline si ispira a un fatto effettivamente avvenuto in un monastero della Moldavia nel quale una giovane donna è morta in seguito a un esorcismo. Il regista Cristian Mungiu, lo stesso dello splendido Quattro mesi, tre settimane, due giorni , mette al centro del suo racconto due donne, la loro amicizia, il loro amore e una religione povera e superstiziosa. La religione chiusa in se stessa e ai propri riti, sopravvissuta al regime privo di libertà di Ceausescu. E poi la violenza che come spesso accade è cieca, inconsapevole, colpisce senza sapere di farlo. Quella che, alla fine, uccide atrocemente Alina. ( ritanna armeni ) C URE PALLIATIVE ANCHE PER I BIMBI INGUARIBILI A Roma dal 28 al 30 novembre, presso l’Acquario Comunale in piazza Fanti, si è tenuto il primo convegno europeo sulle cure palliative pediatriche, organizzato dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio, fondata e gestita da donne. Si tratta di un appuntamento veramente importante anche per richiamare l’attenzione del pubblico su un tema ignorato dai più. È infatti cruciale diffondere la consapevolezza che i bambini inguaribili e le loro famiglie hanno il diritto di accedere alle cure palliative pediatriche: come gli adulti, anche i piccini sono affetti dalle malattie che non lasciano scampo, con tutto ciò che questo comporta in termini clinici, psicologici, etici e spirituali. S COLARE MUSULMANE NELLE SCUOLE CATTOLICHE PAKISTANE Riaperta da alcuni mesi, la scuola cattolica femminile delle suore della Presentazione a Sangota, in Pakistan, conta oltre 200 iscritte ed è in via di completa ricostruzione: lo ha riferito all’Agenzia Fides suor Riffat Sadiq, già preside dell’istituto aperto nel 1962, costretto alla chiusura nel 2007 e distrutto due anni dopo dai talebani nel corso della campagna contro l’istruzione femminile. Nella primavera di quest’anno, la scuola è però rinata: in pochi mesi le iscrizioni sono lievitate. «Le ragazze sono quasi tutte musulmane, di famiglie tribali e molto povere. La popolazione locale è felice — ha proseguito la religiosa — ci sostiene e ci incoraggia molto per quest’opera. Credo questo sia un segno di speranza». Le suore della Presentazione (il cui carisma è l’istruzione) sono presenti nel subcontinente indiano da oltre un secolo, gestiscono nove scuole in tre province del Pakistan, garantendo l’istruzione per oltre 7.000 bambine e ragazze, perlopiù musulmane. S UOR G IUSTINA PER LE RAGAZZINE DELL ’A MAZZONIA Sono già dodici le denunce presentate nelle ultime settimane alle autorità di São Gabriel da Cachoeira, cittadina dell’Amazzonia brasiliana al confine con la Colombia, da ragazzine che hanno messo a verbale le loro dichiarazioni circa le violenze subite, da nove uomini adulti. Lo rivela il quotidiano «La Folha de São Paulo». Le bambine sono di etnia tariana, uanana, tucano e barè, vivono all’estrema periferia di São Gabriel da Cachoeira, dove il 90 per cento della popolazione è indigena. A guidare questa battaglia è una missionaria salesiana italiana, suor Giustina Zanato, che lavora a fianco dei più poveri e indifesi dell’Amazzonia dal 1984, in luoghi dove una bambina indigena di 10-12 anni vale pochi euro, a volte solo un pacchetto di caramelle o una maglietta. Ad approfittarne sono quasi sempre uomini adulti, bianchi, ricchi e potenti, sicuri di rimanere impuniti. La polizia, infatti, abitualmente archivia queste denunce, mentre le piccole vittime vengono minacciate. Alcune di loro sono state costrette a fuggire lontano. Dal 2008 la religiosa coordina il programma Menina Feliz, che assiste le bambine violentate e abbandonate, ed è anche presidente del Consiglio Comunale per la Difesa dei Bambini e degli Adolescenti. M INISTRO DEGLI ESTERI DONNA IN S OMALIA La Somalia volta pagina: nel nuovo Governo post transizione, il primo ministro Abdi Farah Shirdon (dopo lunghi negoziati) ha nominato, per la prima volta nel Paese, ministro degli Esteri una donna. Fauzia Yusuf Haji Adan, ha definito la sua nomina «storica sia per il Paese sia per le donne somale. Inizia un nuovo capitolo della nostra storia, che ci porterà al successo e alla prosperità». Secondo il corrispondente della Bbc, il primo ministro potrebbe avere problemi a far approvare le sue scelte dal Parlamento, perché alcuni clan tribali non si sentono sufficientemente rappresentati nel nuovo Esecutivo. L’avversario più ostico sarà il gruppo insurrezionale islamista Al-Shabaab, che nonostante abbia perso città chiave negli scorsi mesi, ha il totale controllo di vaste aree nella Somalia centrale e meridionale. C RESCERE TROPPO IN FRETTA Un recente dossier del «Our Sunday Visitor» si è focalizzato sul preoccupante fenomeno della sessualizzazione delle bambine, anche molto piccole, che si vestono e si atteggiano in modo provocatorio. «Sta cambiando il modo in cui le bambine percepiscono se stesse» ha detto a Emily Stimpson la pediatra americana Meg Meeker. Un allarme che ci riguarda tutti. I NUOVI SCHIAVI «Nei soli anni Ottanta sono stati ridotti in schiavitù dai trafficanti asiatici più donne e bambini di tutti gli schiavi africani nei 400 anni di storia della tratta negriera». Lo ha ricordato suor Maggi Kennedy, delle Soeurs Missionnaires de Notre-Dame d’Afrique, nella sua relazione La tratta degli esseri umani: un’epidemia silenziosa del XXI secolo , tenuta in occasione della presentazione della mostra fotografica «Spezziamo le catene, mostra anti schiavitù» (apertasi a Roma l’8 novembre) che vuole ricordare la campagna antischiavista lanciata nel 1888 dal cardinale Charles Martial Allemand Lavigerie, fondatore dei Missionari d’Africa. Sfruttamento sessuale e non solo: gli esseri umani vengono infatti venduti anche per scopi più sinistri. «In Africa l’asportazione di parti del corpo — ha affermato suor Maggi — è una pratica comune soprattutto per compiere atti di stregoneria. Le ragazze giovani sono violentate come una “cura” contro l’Hiv/Aids o sono costrette a rimanere incinte e il bambino viene venduto al miglior offerente. Vi sono poi i bambini soldato, che rimangono traumatizzati e segnati per la vita. L’elenco non è certamente esaustivo». L’ ABITO RICICLATO Mossa strategica, sicuramente. Ma è comunque interessante che la neo-riconfermata first lady statunitense abbia accettato di entrare nell’iconografia della storia recente con una mise già vista. Alla festa per la rielezione di novembre, infatti, Michelle Obama ha indossato un abito già indossato nel 2009 e nel 2010. Un gesto fortemente simbolico con cui la Casa Bianca si è voluta mettere accanto ai cittadini schiacciati dalla crisi economica. Il saggio Illustrissimi «La gelosia non nobilita l’amore, ma lo umilia e lo corrompe». Così scriveva, nel marzo 1972, a Penelope il patriarca di Venezia. È il passaggio di una delle quaranta lettere che Albino Luciani indirizzò a celebri figure della storia e del mito nella rubrica tenuta per quattro anni sul «Messaggero di sant’Antonio» e ora ripubblicate in Illustrissimi. Lettere ai grandi del passato (Edizioni Messaggero Padova, 2012). Tra i destinatari, quattro donne con cui Luciani dialogò in familiarità di modi e modernità di contenuti. Oltre alla regina di Itaca, tre Terese. Luciani si sfoga con l’imperatrice Maria Teresa sul superamento del limite, non solo nel vestire o nei comportamenti, ma anche «nel cantare, nello scrivere, nel fotografare». Si rivolge alla santa di Avila: non però a quella del Bernini, ma alla «Teresa della vita pratica» che sperimenta le nostre difficoltà e sa «ridere e far ridere». E ribattezza l’autobiografia di Teresina di Lisieux (da lei definita «storia di un fiorellino di maggio») in «storia di una spranga d’acciaio». Illustri donne per un illustre futuro Papa, ancora da scoprire. ( giulia galeotti ) La nostra cultura dissocia la mistica da ogni impegno nel qui e ora Aspetto invece ben presente nell’opera dei mistici e in quella di questa donna Elena Calegari, «Begijnhof» (2011) Non possiamo rimanere sulla soglia della nostra tenda Al Sinodo sulla nuova evangelizzazione Sarah Davis ha rappresentato il Consiglio Metodista Mondiale «Penso che una persona capace di pregare sia anche capace di restare alla presenza di Dio» La legione di Maria Inchiesta sul modello assistenziale delle donne coreane Non è solo un felice esempio nell’ispirare e nutrire i valori cristiani quali la carità e la compassione È anche un fulgido esempio di democrazia Durante le riunioni si leggono i resoconti della settimana Si intrecciano storie e competenze facendo tesoro dell’esperienza altrui Scuola coreana ( XX secolo) Grandi novità Grandi novità per il nostro inserto. Il prossimo numero uscirà giovedì 20 dicembre, mentre da gennaio saremo in edicola il 2 di ogni mese. Da gennaio 2013, inoltre, sarà possibile abbonarsi all’inserto «donne, chiesa, mondo» al costo di 10 euro per gli 11 numeri annuali. È possibile anche la formula regalo, attraverso la cartolina con il disegno di Isabella Ducrot riprodotta qui affianco. A chi attiverà più di tre abbonamenti, in dono il numero speciale dell’«Osservatore Romano» dedicato ai centocinquanta anni della sua storia. Per sottoscrivere l’abbonamento, scrivere all’indirizzo mail ufficiodiffusione@ossrom.va o chiamare il numero 06 69899470 (fax 06 69882818).

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