donne chiesa mondo - n. 1 - luglio 2012

donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne La sorprendente vita di Dorothy Day Non chiamatemi santa di L UCETTA S CARAFFIA «N on chiamatemi santa. Non voglio essere allontanata così facilmente»: con queste parole Dorothy Day, negli ultimi giorni della sua vita, liquidava chi parla- va di lei in modo troppo agiografico. Invece forse santa sarà pro- clamata davvero: già Giovanni Paolo II le ha concesso il titolo di serva di Dio quando nel 2000 l’arcivescovo di New York ha av- viato la sua causa di beatificazione e canonizzazione. Una donna che ha abortito, convissuto e allevato da sola una figlia, che è finita in prigione diciassettenne perché chiedeva il voto per le donne, e poi per altri motivi, come anarchica e socia- lista prima, come pacifista poi, l’ultima volta a 75 anni. Dorothy Day, una cattolica americana vissuta fra il 1897 e il 1980, sicura- mente un personaggio singolare, è stata di recente oggetto di va- rie biografie: una di Jim Forest, seguace del movimento da lei fondato, il Catholic Worker, incentrata soprattutto sulle vicende varie e importanti della sua vita ( Dorothy Day. Una biografia , Jaca Book - Libreria Editrice Vaticana, 2011), l’altra più attenta ai suoi scritti, e quindi sulla sua spiritualità, scritta da Caterina Ciriello ( Dorothy Day. Le scelte dell’amore , Lateran University Press, 2011). E, ancor più recentemente, di un libro di Roberta Fossati che si sviluppa come una sorta di biografia intellettuale, Day. Fede e ra- dicalismo sociale (La Scuola, 2012), attraverso il quale si riscopre, grazie al pensiero della scrittrice americana, una verità spesso di- menticata, e cioè che il cristianesimo comporta un interesse pro- fondo per le sorti del mondo. Ma aveva cominciato la stessa Dorothy a parlare di sé, a rac- contare la sua vita avventurosa e molto americana in una auto- biografia ( The Long Loneliness ) pubblicata nel 1953 e da allora sempre ristampata e tradotta in molte lingue. Un vero successo editoriale, quindi, che racconta l’infanzia in una famiglia povera — il padre era un giornalista spesso disoccupato — che aveva per- so tutto nel terremoto di San Francisco e poi una giovinezza tra- scorsa subito fuori casa, a cercare di farsi strada nel mondo, fre- mente di passione per i poveri e i diseredati. Una passione che la porta in un primo tempo a lasciare la reli- gione per militare nel partito comunista, dove si impegna sia nel- la pratica politica che come giornalista. Come inviata del giorna- le socialista «The Call» perlustra i bassifondi di New York, vede con i suoi occhi la miseria e il degrado in cui vivono immigrati provenienti da ogni parte di Europa. Sono anni di militanza po- litica, in cui oltre a scrivere organizza manifestazioni, si batte per leggi più giuste, vive storie d’amore difficili, con uomini che ap- partengono al gruppo di intellettuali, anch’essi militanti, del Greenwich Village. È stata una giornalista atea, che non aveva bisogno di Dio. In- fermiera durante la prima guerra mondiale, dopo l’incontro con Peter Maurin, un utopista politico cattolico, fonda un giornale di battaglia, «The Catholic Worker», che successivamente diventerà Le parole colorate di Brigida La santa del mese raccontata da Ulla Birgitta Gudmundson S ulla mia libreria tengo uno stampo per i formaggi ereditato dai nonni. È quadrato, di legno, con incisa la data 6 maggio 1794 e le iniziali di chi lo ha realizza- to. Sul fondo, all’interno, c’è un disegno intricato, che serviva a decorare il formag- gio, decorazione che si sarebbe vista to- gliendo il formaggio dal piatto e capovol- gendolo. Piccoli fori consentivano al siero di colare via durante il processo di matu- razione. Il modo di fare il formaggio nella Sve- zia rurale non è molto cambiato tra il XIV e il XVIII secolo. Quindi l’immagine che Brigida (1303-1373), unica santa svedese ca- nonizzata dalla Chiesa cattolica, aveva in mente quando ha fatto fare a Cristo il pa- ragone tra l’anima e un formaggio e tra il corpo e uno stampo per i formaggi non può essere stata molto diversa da quella che vedo adesso mentre scrivo. Santa Brigida è stata derisa per questo paragone molto terra terra. Tuttavia è un’immagine dalla grande forza esplicati- va. Come il formaggio nel suo stampo, l’anima umana deve trascorrere un certo tempo a maturare nel corpo, liberandosi gradatamente delle impurità, come il for- maggio si libera del siero. Il fine ultimo, però, è quello che il formaggio lasci lo stampo, maturo e perfetto. Brigida è la prima grande scrittrice in lingua svedese. La sua creazione — il con- vento di Vadstena — è stato per duecento anni il centro culturale del Nord Europa. Ebba Witt-Brattström, femminista e do- cente di letteratura, afferma che lo svedese scritto, di fatto, è nato dalle attività di tra- duzione dell’ordine brigidino. L’immagine del formaggio utilizzato dalla santa è solo una tra le tante, tutte molto colorite. Para- gona i Papi alle farfalle e agli uccellini ap- pena nati, un vescovo a un tafano, una badessa a una vacca grassa, re e regine a scimmie, serpenti e torsoli di mela. Riesce però anche a evocare l’eleganza di corte. La Vergine, patrona e principale interlocu- trice di Brigida nelle sue Rivelazioni , è maestosa, sontuosamente vestita di una tu- nica d’oro, con un mantello blu cielo e una corona con «sette gigli e sette pietre». Erich Auerbach, autore del classico let- terario Mimesis , sottolinea che questo mo- vimento tra stile alto e basso, tra sublimitas e humilitas , è, di fatto, il contributo che il cristianesimo ha dato alla letteratura occi- dentale. Una dimensione che si basa sull’incarnazione di Cristo, la sua sofferen- za, la sua morte ignominiosa e la sua glo- riosa risurrezione. È iniziato nel XII seco- lo, ma indica Dante e l’epoca moderna. Santa Brigida corrispondeva ai requisiti che deve avere una scrittrice secondo Vir- ginia Woolf: una stanza tutta per sé e un reddito di cinquecento sterline annue. Era un’aristocratica, imparentata con la casa reale svedese. La sua famiglia era immen- samente ricca. Crebbe e visse da sposata in case splendide. Al suo arrivo a Roma nel 1350 le fu offerto il palazzo di un car- dinale e, successivamente, un altro a piaz- za Farnese, l’attuale Casa Santa Brigida, dove si vede ancora la stanza in cui dormì e scrisse. Naturalmente, però, il fine di santa Brigida non è letterario. La sua mis- sione è profetica. Lungi dal seguire il con- siglio di tacere che san Paolo rivolge alle donne, intende mettere chierici e principi sulla retta via (le sue origini e la sua posi- zione in ciò si rivelano utili). È profonda- mente umile dinanzi a Dio, ma è implaca- bile nella sua critica ai grandi del mondo. Birgher Berg, compianto docente di latino all’università di Lund, la paragona a un’agente di polizia con un mandato d’ar- resto, fiduciosa che l’autorità, non la sua, ma quella del suo principale, verrà rispet- tata. Erano tempi turbolenti. Nella Svezia di santa Brigida i principi si uccidevano tra loro. La peste imperversava in Europa. Imperatori e re lottavano per il potere. Il Papa era praticamente prigioniero dei francesi ad Avignone. Brigida si fa carico dei conflitti politici dell’epoca. Cerca di mediare per la pace tra l’Inghilterra e la Francia. Cerca d’influenzare la successione in Svezia. Suggerisce a Clemente VI e Ur- bano V di ritornare a Roma. Il suo fine, però, è la salvezza delle anime. La sua eredità duratura è l’umanizzazione del cri- stianesimo attraverso Maria: non una gio- vane obbediente, ma un’avvocata forte, in- telligente e misericordiosa dell’umanità di- nanzi al tribunale di Cristo. I pubblici mi- nisteri sono diavoli; sempre logici, onesti e formati teologicamente. Pur se cattivi, so- no servitori di Cristo e gli obbediscono. Ottengono un processo giusto e talvolta conquistano un’anima. Ma non riescono a vedere che c’è qualcosa che va oltre la ra- gione e la legge, vale a dire la grazia e la misericordia. Brigida è stata canonizzata nel 1391. Nel 1999 Giovanni Paolo II l’ha eletta patrona d’Europa. Era impavida, straordinariamen- te capace, decisa a confrontarsi con la sto- ria. Forse era difficile andarci d’accordo, ma di sicuro si preoccupava delle persone sofferenti e nutriva un grande amore verso Dio e la Chiesa. Una mia amica cattolica, quando le ho chiesto la sua opinione su santa Brigida, mi ha detto: «L’ammiro im- mensamente. Vorrei che la Chiesa apprez- zasse le tante donne coraggiose e intelli- genti che, come santa Brigida, oggi giusta- mente amano e cercano una Chiesa viva». Ulla Gudmundson è ambasciatore di Svezia presso la Santa Sede dal 2008. In precedenza è stata direttore dell’ufficio per l’analisi delle politiche del Ministero degli Affari Esteri svedese, vice capo della delegazione svedese presso la Nato e primo corrispondente europeo della Svezia. Scrive per «Kyrkans Tidning», il giornale della Chiesa in Svezia. Tra gli altri, ha pubblicato Nato i närbild (“La Nato vista da vicino”) e Påven Benedictus, Kyran och världen (“Papa Benedetto, la Chiesa e il mondo”, premio Axel Munthe San Michele 2011). Lorenzo Lotto, «Storie di santa Brigida, Opere di carità in campagna» (Trescore, Oratorio Suardi, particolare, 1524) Santa Brigida corrispondeva ai requisiti di una scrittrice secondo Virginia Woolf Una stanza tutta per sé e un reddito di cinquecento sterline annue È stata una donna del nostro tempo da lei vissuto con inquietudine Una donna nuova che osava dire: «Se ho fatto qualche cosa nella mia vita è perché non mi sono mai vergognata di parlare di Dio» un vero e proprio movimento in difesa dei più deboli. Durante la Grande Depressione, Dorothy organizza case di accoglienza per chi rimane senza casa, e nelle sedi del Catholic Worker — alla sua morte saranno più di cento in tutti gli Stati Uniti — offre ci- bo, indumenti e amore a tutti. Con il tempo molti ebbero in queste case un posto dove mangiare, passare un po’ di tempo al caldo, talvolta dormire. Lei stessa vive povera fra i poveri, si ve- ste degli abiti ricevuti in beneficenza e mangia quello che passa la mensa. Nel 1927, a trent’anni, si converte ed entra nella Chiesa cattoli- ca, la Chiesa dei poveri e degli immigrati. Accanto alla sua vita di militante si sviluppa parallela una intensa ricerca spirituale, tormentata ma molto ricca, che la porterà anche a cercare di in- fluire sul concilio Vaticano II . Recatasi a Roma alla testa di un gruppo di donne, chiede — e in gran parte ottiene — una esplici- ta condanna della guerra da parte dei padri conciliari. La incon- trano Jacques Maritain durante il suo viaggio americano e poi madre Teresa di Calcutta, che dice di considerarla parte del suo ordine ad honorem . Insieme alla sua missione per i poveri, Doro- thy sente che sua missione è anche scrivere e vivere un’intensa vi- ta intellettuale: tiene un diario e collabora al suo giornale sino all’ultimo. Senza dubbio è stata una donna del nostro tempo, da lei vissuto con inquietudine, una donna nuova, che osava dire: «Se ho fatto qualche cosa nella mia vita è perché non mi sono mai vergognata di parlare di Dio». Dorothy Day mentre legge a sua figlia Tamar (1932, Archivi della Marquette University)

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