Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
CONSIDERAZIONI SULLA NATURA DELLA TEORIA DELLE AREE DEPRESSE 91 illustrazione casistica delle aree depresse, giunge a considerarne la na– -tura intrinseca, e ad illustrarne la dinamica, sotto l'aspetto economico. 2. La teoria economica delle aree depresse, quale si può trarre dal ,discorso di Rosenstein-Rodan e di Mandelbaum, consiste, sostanzial– mente, nelle seguenti proposizioni: - ciò che caratterizza economicamente un'area depressa (e da questo punto di vista è lo stesso per l'area sottosviluppata) è il ristagno ,.degli investimenti in presenza di fattori produttivi inutilizzati; i bassi investimenti anemizzano progressivamente tutto il ciclo economico: bassi redditi, bassi consumi, basso risparmio e quindi di nuovo bassi investimenti; - la deficienza di investimenti è causata da una insufficiente pro– ·spettiva di remunerazione dei capitali che venissero investiti. Il basso incentivo a investire, e quindi il deficiente flusso degli investimenti, non possono avere una ripresa automatica. Essi infatti non dipendono -da una flessione ciclica del mercato, ma dalla inesistenza, nell'area de– pressa, di un sistema di « economie esterne » 24 sufficiente 1) a mante- nere i costi e i rischi (ossia di nuovo i costi) in limiti di convenienza per l'imprenditore, dati i saggi correnti di remunerazione, e 2) a garan– tire all'impresa un mercato di rifornimento e di sbocco sufficientemente ·vasto e differenziato; - se la ripresa in senso ascensionale della spirale investimenti-red– dito-risparmio-investimenti non può prodursi automaticamente, ossia per forza interna del sistema, il risanamento e lo sviluppo dell'economia di 24 In proposito trascrivo dallo studio di A. Molinari cui più volte si è fatto riferi– mento, la traduzione di un brano di Mandelbaum: « .. .I vantaggi una volta acquisiti tendono a cumularsi e gli svantaggi a perpetuarsi; cosicché, in definitiva, le zone povere tendono a rimanere povere solo perché lo erano inizialmente. Tale fenomeno - o quanto meno un aspetto di esso - venne studiato da tempo, ad esempio, da Carey e List, e in seguito è stato riaffermato nel concetto di « economie esterne». Nei paesi altamente sviluppati, un'impresa o un'industria nuova, l:,eneficia di quei servizi più facili, che ogni evoluto sistema industriale offre - comu– nicazioni più facili, lavoratori più addestrati, mano d'opera e capitali più organizzati, e così via - e che permettono notevoli economie sui costi. Nelle aree meno progredite, invece, le nuove imprese, pur lasciando vantaggi iniziali alle imprese che verranno dopo, devono affrontare costi e rischi senza ricevere compenso alcuno dalle « economie ,esterne » esistenti. Le industrie incipienti ne potranno usufruire solo dopo un lungo periodo di sviluppo. Sviluppo che comunque in un mercato mondiale aperto, sarà difficile realizzare senza l'aiuto statale ». Sempre in tema di « economie esterne>> ricordo che Rosenstein-Rodan ha ulterior– mente sottolineato come esse siano necessarie non solo dal « lato dell'offerta>>, come facilitazioni alla produzione, ma anche « dal lato della domanda » come diversificazioni e integrazioni del mercato di sbocco. Biblioteca Gino Bianco
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