Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951

"186 DOCUMENTI molto bene, ciascuno a modo suo, che l'idea, l'essenza, l'intelligibile e l'in– tellezione stessa che li comprende, presuppongono un altro da cui dipen– dono: ma essi hanno visto non meno chiaramente che questo altro trova nell'Idea e nell'essenza intelligibile la sua manifestazione prima e più im– mediata. Non ci sarebbe qui nulla di cambiato, salvo il modo di concepire il principio stesso di cui l'essenza e l'Idea sono le manifesta,zioni. L'Esistere, che noi poniamo all'origine ·di tutto, non è esso stesso un'Idea, e neanche nel senso che prende questo termine quando lo si applica agli oggetti dati nell'esperienza, una essenza. Se si vuole assolutamente che esso ne sia una, egli certamente non ne ha. In compenso, poiché non possiamo concepire l'Essere che partendo dagli: esseri che noi conosciamo, non pare che possiamo concepirlo altrimenti che come intelligibile e se l'intelligibilità non ha senso -che in funzione di un intelletto, come intelligente. L'esistere di ogni essere gli è più intimo della sua intelligibilità, ma tutto avviene come se ogni atto di esistere racchiudesse necessariamente questa determinazione complemen– tare, l'essenza intelligibile che esso attualizza nella sintesi da cui scaturisce l'essere. Non è qui il luogo di domandarci quale può essere il rapporto tra 1e essenze r l'Esistere supremo, ma si può per lo meno prevedere a quale conclusione dovrebbe probabilmente condurre la discussione di questo pro– 'blema teologico, dunque metaontologico. Se l'Esistere è prima di tutto, deve essere altro dalle essenze stesse. Non si possono dunque concepire le Idee divine che come le condizioni ideali di :mi di esistere che sono possibili in virtù dell'Esistere puro. È così almeno che ci si presenta il rapporto tra l'es– senza e l'esistenza negli unici esseri che noi conosciamo empiricamente. L'in– telligibile appare dunque nell'essere concreto come la determinazione neces– sariamente richiesta affinché un atto finito di esistere si distingua dall'Esi– stere. Queste determinazioni intelligibili, siano esse attuali o semplicemente possibili, l'Esistere stesso le trascende tutte e, poiché esse sono infinite di numero, non si concepisce che possano esaurirlo. Per esso, la parola « tutte >> non ha senso; ma il problema che ci poniamo non si porrebbe neppure, se alcune delle essenze possibili non fossero state di fatto attualizzate; infatti tutte quelle che lo sono ci si presentano come l'unione, nell'essere, d'un atto d'esistere e dell'essenza intelligibile che lo determina. L'intelligibilità si pre– -senta dunque come il limite stesso dell'esistere finito. Quando col pensiero ·si sopprima questo limite, non si potrà concepire che un atto puro di esi– ·stere che sarà l'Esistere stesso; quando invece si accettino gli esseri così come ·sono dati, li si vedrà disporsi gerarchicamente secondo la loro più o meno BibliotecaGino Bianco

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