Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
170 DOCUMENTI L'articolo di Paul Sweezy sul passaggio dal feudalesimo al capitalismo .solleva, in modo chiaro e stimolante, un certo numero di importanti que– stioni, discutere le quali non può che essere di beneficio sia alla compren– .sione di questa fase storica che alla comprensione del marxismo come me– todo storiografico. Mi sia permesso di dire fin dal principio che sono assai lieto che il suo contributo a questa discussione sia tale da stimolare in modo così notevole lo studio e la riflessione ulteriori. Con buona parte di ciò che egli dice io non mi trovo in disaccordo. In molti luoghi il suo dissenso da ciò che io dico deriva più che altro da diversità di accentuazione e di formulazione. Ma in uno o due luoghi mi pare che ci sia una diversità più profonda circa il metodo e l'analisi; e qui mi pare che la sua inter– pretazione possa condurre ad errori. 1) In primo luogo, non comprendo bene se Sweezy respinga la mia <lefinizione di feudalesimo oppure se la ritenga semplicemente incompleta. Questa definizione, com'egli dice, poggia sulla virtuale identificazione di feudalesimo e di servaggio - se con quest'ultimo termine si vuole indicare non semplicemente l'adempimento di servizi obbligatori, ma lo sfruttamento <lei produttore in virtù di dirette costri,zioni politico-giuridiche 1 • Se egli vuol dire che il feudalesimo definito in tal modo si riferisce a qualcosa di più vasto che non la forma medioevale dell'economia europea e abbraccia una gran quantità di tipi che (in un'analisi più dettagliata del feudalesimo) richiederebbero uno studio più accurato, io sono del tutto d'accordo con lui. Ma quando egli parla di « sistema di produzione >> sembra che voglia dire qualcosa di più di questo, sembra cioè che egli sottolinei la contrapposi– zione tra sistema di produzione e modo di produzione, nel senso in cui Marx usa quest'ultimo termine. Che cosa egli esattamente intenda con l'espressione sistema di produzione non mi è chiaro. Ma ciò che segue indica che il termine viene da lui adoperato per descrivere i rapporti che intercor– rono tra il produttore e il suo mercato. È anche manifesto che questi rap– porti di scambio (piuttosto che i rapporti di produzione) sono al centro dell'attenzione di Sweezy nella sua interpretazione del processo storico. (Per 1 Sweezy pensa che questo allargamento del termine sia poco soddisfacente perché degli elementi di costrizione politico-giuridica diretta sul lavoro si possono trovare in periodi tra di loro molto lontani della storia, compresi i temrpi moderni. Ma dove questi dementi predominano, essi, in base alla definizione, rendono feudale la forma di eco– nomia in questione; dove invece sono meramente accidentali e subordinati, la loro pre– senza non è sufficiente a far ciò più di quanto l'esistenza accidentale di lavoro salariato sia sufficiente a rendere capitalista una determinata società. Nella maggior parte dei casi ~<incongrui», a cui pensa Sweezy, il lavoro obbligatorio è puramente accidentale e non tipico. BibliotecaGino Bianco
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