Cultura e realtà - anno I - n. 3-4 - marzo 1951
LETTURE 127 I zione, le soluzioni filosofiche non son altro che le riflessioni del senso co- mune, rese metO'di'chee rigorose. Ma questi filosofi non avranno più la ten– tazione di trascender l'esperienza, in quanto ora sapranno quanto sian im– perfette le facoltà che adoperano, i loro stretti confini e le lor imprecise operazioni. Quando non riusciamo a darci una soddisfacente r~gione sul perché crediamo, dopo cento esperienze, che una pietra (abbandonata a sé) deve cadere, potremo mai trovare una soluzione soddisfacente sull'origine dei mondi e su l'essere e l'eremo divenire della natura? 8 Questo ridurre i limiti delle nostre ricerche è davvero, sotto ogm aspet– to, così ragionevole, che per raccomandarcelo basterà un rapidissimo sguardo aHe nostre naturali capacità conoscitive in confronto coi loro oggetti. Allora scopriremo quali sono gli obbietti veri e propri della ricerca scientifica. A mio parere, vi è un solo oggetto delle scienze astratte, ossia della dimostrazione (logica e deduttiva), ed è la quantità e il numero. Ogni ten– tativo di estendere oltre questi limiti (della misura quantitativa) questa, for– ma più perfetta di conoscenza, è pura e illusoria sofistica. Qui, mentre gli elementi quantitativi e numerici son tutti simili, sono i loro rapporti che diventano intricati e involuti: ed è quanto mai interessante, nonché pro– fittevole, scoprire, con una serie di termini medii, le uguaglianze e disugua– glianze attraverso le differenze di forma. Per tutte le altre idee (non quanti– tative), essendo ciascuna chiaramente distinguibile e non uguagliabile con le altre, tutto il nostro esame si riduce a osservare le loro diversità e, per mezzo della riflessione diretta, ad a:ffermare che una cosa non è un'altra. Se poi nasce qualche difficoltà in queste soluzioni, deriva intieramente dal significato non ben determinato delle parole, che si corregge con definizioni più esatte. Che il quadrato dell'ipotenusa sia uguale ai quadrati degli a,ltri due lati, non si può sapere, anche avendo definito questi termini esattissima– mente, senza una serie di ragionamenti e ricerche. Ma per convincerci della verità di questa, proposizione: « dove non c'è proprietà .non ci può essev ingiustizia », basta definire i termini e spiegare che l'ingiustizia sta neila violazione di una proprietà. La prima proposizione non è dunque che unai definizione meno perfetta. Lo stesso si dica per tutti quei pretesi sillogismi deduttivi che si posson incontrare in ogni branca del sapere, lasciando a BibliotecaGino Bianco
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