Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950
70 DISCUSSIONI cultura, nessuna azione specificamente wnana possa darsi. Con questo non voglio affatto dire che la conoscenza sia in se stessa (essenzialmente) ordi– nata all'azione, né che l'azione sia dal canto suo ordinata alla conoscenza. La mia idea è piuttosto che, restando la conoscenza e l'azione quello che sono, ordinate ciascuna al proprio oggetto, la seconda è tuttavia formal– mente qualificata dalla prima. Traggo questa idea, com'è chiaro, d1lla convinzione della essenziale razionalità dell'uomo, senza la quale non mi pare che la stessa realtà storica prodotta dall'uomo possa sussistere come tale. Se l'uomo non fosse razionale infatti, se cioè non vi fosse la potenza attiva del suo intelletto, non avremmo storia ma una pura serie di compor– tamenti animali, così come non avremmo altra società che una società sul tipo di quella ,delle api o delle formiche. In parole povere: io credo che dell'attuazione di qualsiasi comportamento umano, in quanto sia specifica– mente umano cioè storico e non soltanto animale, decida la ragione, e quindi che anche e proprio agli effetti pratici la conoscenza sia non solo << importante » ma decisiva. Questo per principio. Aggiungo poi che tale principio, essendo appunto un principio ossia una norma caratteristica non di questa o quella contin– genza storica ma dell'uomo come tale, non ha secondo me eccezioni di sorta. Esso è vero sempre, anche e tanto più in quei momenti in cui la pressione delle cose sembra essere, rispetto ail'iniziativa degli uomini, quasi schiacciante. Vediamo infatti la situazione contemporanea. Molto opportunamente Carocci la pone a sfondo del suo discorso, definendola come una situazione in cui « lo sforzo del mondo è di trovare un nuovo assetto », cioè come una situa– zione di crisi storica radicale. Giustissimo. Ma ecco che, da qualsiasi punto di vista la si consideri, non mi sembra se ne possa dedurre altro che questo: che unicamente in un caso una situazione del genere potrebbe diventare insolubile e quindi catastrofica: qualora si verificasse l'incapacità, da parte dell'intelligenza degli uomini, di comprenderne a fondo le ragioni. Così, io non mi sentirei mai di affermare che « il mondo moderno è malato (solo) di ideologia errata», e tanto meno poi che solo con l'« ideologia giusta» si potrà guarirlo. Credo però che si debba affermare questo: anche se il mondo moderno fosse malato di tutto tranne che di ideologia errata, sareb– be sempre e solo con l'impiego della ragione cioè con atti di conoscenza che si potrebbe scoprire quali e quanto profondi siano i suoi guasti e quali e quanto radicali debbano essere i rimedi destinati a sanarlo. Non mi sembra casuale, a tale proposito, il fatto che coloro i quali fino ad oggi più hanno capito della crisi del mondo contemporaneo siano anche quelli BibliotecaGino Bianco
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