Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

Se il mondo della cultura itcdiana ha accolto la scomparsa di Cesare Pavese come una delle sue perdite più gravi, per noi la portata,del lutto è tede da non potersi misurare. E «noi» non vuol dire soltanto redattori o collaboratori di questa rivista: vuol dire chiunque ·vi graviti attorno, vi porti comunque interesse. Ché Pa– vese non solo era il maggiore di tutti noi; era stato, di « Cultura e recdtà », uno dei promotori essenzicdi, diremmo addirittura una delle ragioni della sua nascita: e ne costituiva un peso decisivo. Ci è ancora impossibile dare un giudizio su di lui. Per troppi di noi Pavese fu l'amico più prezioso, il maestro di uno stile morcde che impartisce silenziosamente la sua lezione attraverso la frequen– tazione quotidiana; sì-che non riusciamo ancora ✓a distinguere, nel suo ricordo, l'uomo privato da quello pubblico, l'amico dallo scrit– tore. Non abbiamo ancora il distacco necessario a parlare adegua– tamente di lui uscendo dai limiti della memoria personcde. Ciò che non possiamo difjerire è il dovere di continuare, il meglio possibile, questa rivista di cui Pavese era tanta parte, tenen– do dinanzi agli occhi il suo esempio di strenuo impegno cd lavoro, di incrollabile onestà intellettuale e soprattutto di quella eh'egli chiamava « furiosa volontà di chiarezza». È nostro compito ser– bare fra noi la sua presenza. La morte di Cesare Pavese è avvenuta a Torino il 26 agosto 1950. Egli era nato a Santo Stefano Belbo (Cuneo) il 9 settembre 1908, da famiglia contadina. Laureatosi in lettere a Torino, vi esercitò per qualche tempo l'insegnamento privato. Fu poi, a partire dalla fondazione, uno dei principali redattori della Casa Editrice Einaudi, presso la quale lavorò fino alla morte. Biblioteca Gino Bianco

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