Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950
86 GIACOMO MOTTURA dei limiti alla esigenza che un medico intransigente potrebbe preferire, di proibire il lavoro polveroso; ma di fronte alla egualmente sempli– cistica risposta, dell'impossibilità di abolirlo, un medico che conosca la storia può ricordare che anche il lavoro dei bambini a un certo tempo non si poteva abolire; cosl l'orario di 16 ore; cosl l'intossicazione da fosforo, ecc.; eppure tutti questi pilastri del profitto sono stati eliminati senza che il profitto sia scomparso dalle rispettive industrie. L'uso delle maschere è un ripiego pieno di inconvenienti. Una ma– schera filtrante veramente efficace richiede un tale aumento della fatica respiratoria da essere malamente tollerabile nel lavoro faticoso, tanto più naturalmente quando esso, come spesso avviene in questi casi, è ordinato a cottimo. Altri espedienti comportano spese e cura di im– pianto, ingombro e legame di tubi che ostacolano i movimenti, deli– catezza di funzionamento; onde sovente vediamo ripetersi la risultanza estremamente triste, che di fronte a un necessario aumento di costo da parte del datore di lavoro, di fronte al pericolo di una invalidità lon– tana nel futuro da parte del lavoratore, il cosiddetto libero contratto conduce ad accomodamenti di compromesso su miseri vantaggi im– mediati di salario, che l'operaio antepone a qualunque considerazione sull'avvenire. Quando si sente parlare di « cattiva volontà» dell'operaio nell'adot– tare i mezzi di prevenz10ne forniti dall'impresa, per lo più sono da mettere nel conto situazioni di questo genere. Si è anche pensato ad avvicendare gli operai nei lavori pericolosi, ritirandoli ed assegnandoli ad altro lavoro prima che la malattia abbia raggiunto un certo grado di evoluzione; ma quantunque gli sforzi dei medici siano stati notevoli, per ora non si è riusciti a stabilire con si– curezza quale sia il periodo massimo di lavoro che sicuramente non compromette la futura salute, o quali siano i fenomeni di malattia che sicuramente comportano ancora una guarigione, qualora l'operaio ven– ga sottratto all'azione della polvere. Troppe volte si vedono casi giudicati lievi progredire inesorabil– mente e complicarsi dopo un certo tempo con la tubercolosi. E sarebbe troppo semplice liquidare ogni operaio lievemente ammalato con un indennizzo parziale, lasciandolo con la prospettiva di diventare a una certa scadenza invalido del tutto. Del resto lo stesso operaio che ha conquistato una qualificazione, un salario privilegiato, spesso non vuol saperne di rinunciare al suo lavoro per ricominciare un tirocinio d'altro genere, o per accettare un BibliotecaGino Bianco
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