Cultura e realtà - anno I - n. 1 - maggio-giugno 1950

MONOLOGHI SULLA MUSICA MODERNA 55 essere dalla parte della verità, che nelle sue risposte alle obbiezioni par– ticolari finisce senza avvedersene col far affermare all'avversario più di quello che non affermi. Lo presenta così come difensore di Strauss contro « la musica moderna », laddove Furtwangler accomuna intera– mente Strauss (e anche Ciaikovski, e anche, grazie al cielo, Liszt) alle sorti della musica moderna; lo accusa di parlare della cadenza come dell'unico elemento capace di dar forma alla musica del passato, lad– dove nel libro la cadenza è definita soltanto come il fatto costitutivo della musica tonale in senso stretto (quella dei modi maggiore e mi– nore); lo descrive in atto di {< gettare in un calderone» tutta la musica moderna sotto il segno atonale, laddove Furtwangler, per quanto in modo tutt'altro che esatto, distingue nella musica d'oggi quella tonale da quella che non lo è. . Sintomi già significativi, data l'insospettabile probità intellettuale e pratica dell'uomo. Ma quel che più conta, naturalmente, è dell'altro: è il modo con cui la cultura ufficiale, per bocca di Strobel, ci ripete la ~ua via maestra, canonica, a superare le obbiezioni dì cui sopra. Quelle obbiezioni, torniamo a prenderne atto, si superano senza entrare nel merito, ma ponendo la classica questione di legittimità dello storicismo liberale, quello per il quale tutto è «storico», e dunque tutto legittimo: e insomma, tout comprend1·e e'est tout pardonner. Perché mai scanda– lizzarsi di Schonberg? Vorreste che scrivesse come Beethoven? Ma al mondo non c'è stato solo Beethoven, e neanche soltanto i « classici » dei direttori d'orchestra; c'è stato il gregoriano, l'Ars Nova, i fiammin– ghi, Palestrina, e tante altre cose; oggi c'è Stravinskij, e Hindemith, e Schonberg, e via discorrendo. Tutti diversi e tutti, in certo senso, ugua– li. « La bellezza non è un canone assoluto », dice Strobel, « principi assoluti sono la veridicità e l'ordine spirituale, e per essi non esiste né vecchio né nuovo ». Dunque la discussione non esiste: non è possibile, è rigettata a pnon. In linea di principio, s'intende. In pratica, è spostata su un altro piano; sul quale si riproducono diversità e predilezioni, al lume dei principi esposti, piuttosto antistoriche. Quando per esempio Strobel af– ferma che Schonberg « fu il solo a seguire una via effettivamente nuova e coerente» fa rientrare dalla finestra quello che aveva cacciato dalla porta. Di quale coerenza si tratta? Se ogni linguaggio vale l'altro, purché produca arte, perché mai la soluzio~e di Schonberg sarà più «coerente» che quella di Hindemith o magari di Gershwin? La stessa Biblioteca Gino Bianco

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