Critica Sociale - anno XLII - n. 20 - 16 ottobre 1950
CRITICA SOCIALE 287 Cenerentola senzatetto Conservo tra i miei vecchi libri un volumetto in– yiatomi nel 1923 dall'autore, Garlo Zanzi, deputato socialista di Alessandria, il quale l'intitolò Ceneren– -tola e non credette necessariÒ apporvi alcun sotto– titolo. Cenerentola era per Carlo Zanzi e per noi tutti la scuola italiana e più precis·amente la scuolà ele– mentare, la più derelitta delle creature messe al mondo dallo Stato italiano; la scuola elementare istituita nel 1859, con la legge Casati, retta più mal~ che bene da minist,ri liberali o quasi fino all'av– vento 9el fascismo, dal fascismo avvilita a serva del regime, affidata ora alle cure dei democratici cri– stiani, fautori dichiarati della scuola privata e con– fessionale, come tutti sanno. In un secolo e più Cenerentola non ha trovato la fata benefica. ,Cendrillon, è ancora assisa sulle ceneri del focolare e dorme tuttora in una soffitta, quando. non le capita di peggio. Si legge infatti a pag. 104 del volume « La riforma della scuola >, che riporta i risultati dell'inchiesta regionale sulle condizioni della scuola elementare nella Calabria e in Basilica,.ta: « La scuola elemen– tare che ha qui necessità maggiori e più gravi, ri– sponde alla consultazione con voce particolarmente disperata: le parole « senza tetto », « umide stalle », « bui .,cantinati » ~ simili vengono scritte da quasi tutte le Commissioni provinciali e non sono, come può credersi, espressioni di campanilismo di pes– simo gusto, ma la ferma denuncia, materiata di dure esperienze, di antichi mali cui si è, quasi sempre, risposto con rimedi inadeguati». Molti pensano che il problema della scuola ri– guardi soprattutto i suoi ordinamenti, oppure i pro– grammi, o il metodo, o i maestri, o l'assistenza sco– lastica. Giovanni Papini, badando ai programmi, al me– todo e ai maestri, propone « tre sole medicine» per guarire la scuola, che, secondo lui, è ora « in più basso loco», che non fosse mezzo secolo fa. Papini dimentica, come tanti altri, che per fare, migliorare o guarire la scuola ci vuole ... la scuola, cioè un edi– ficio scolastico che accolga gli alunni (non per adug– giarli, d'accordo) e dia modo agli insegnanti (pagati meglio, s'intende) di svolgere gli alleggeriti pro-– grammi, con mezzi adeguati, tra cui l'aria e la luce. Ora _::_ a quel che si apprende - mancano pro– prio gli edifici scolastici: qualcosa come 70 mila aule, che alcuni ri4urrebbero a 50 mila, tenendo in piedi e rabberciando quelle che non sono del tutto topaie. Non si tratta tanto di ricostituire con cure, tonici e medicine, dunque, quanto di ricostruire e costruire in misura imponente. Impresa ponderosa che è_ appena agli inizi e procede omeopaticamente; ciò che non ha trattenuto un informatore zelante dal proclamare in un grande quotidiano che « la ricostruzione delle scuole è ormai un fatto com– piuto > ~ che si tratta di « un miracolo senza prece– denti, nè in Italia, nè altrove>. Secondo dati ufficiali e ufficiosi, occorrono circa Abbonarsi alla « Critica Sociale » e procu~ rarle nuovi abbonamenti è dovere di tutti i socialisti che vogliano contribuire alla affer– mazione del socialismo nel nostro paese. Ma c'è anche un mezzo facile per aumentare la diffusione della rivista e quindi delle nostre idee. Segnalateci il nome di vostri conoscenti che potrebbero diventare nostri abbonati. BibliotecaGino·Bianco 200 miliardi per la sola scuola elementare e se ne sono spesi, dal 1945 al f949, venti, come è stato di– chiarato dagli uffici competenti in occasione della Mostra della ricostruzione. Siamo ancora lontani, quindi, dalla mèta, e per ora si può parlare di sforzi lodevoli, ma inadeguati, non di miracoli. Bisogna intensificare gli sforzi, mutando, in ,pari tempo, le direttive di- marcia. I provvedimenti legislativi adottati in questa ma– teria dal 1859 ad oggi si sono dimostrati inefficaci: le facilitazioni di credito offerte ai Comuni con la concessione di mutui di favore hanno giovato alle Amministrazioni finanziariamente più salde o parti– cola·rment-e volonterose, ma si sono rivelate insuffi– cienti nèi confronti dei Comuni più poveri, e inef– ficienti nei confronti dei Comuni accidiosi. Per cui l'effetto dell'intervento stimolatore dello Stato venne a man'care proprio là dove le condizioni dell'edi– lizfa scolastica erano ·precarie o addir.ittura disa- strose. · A smorzarè la sollecitudine dei Comuni per l'e– dilizia scolastica contribuì anche l'avocaziorre delle scuole elementari allo Stato, effettuata in due. tempi - 1913 e 1933 - e il successivo inquadramento di tutti i maestri fra gli impiegati statali, che muta– vano radicalmente l'ordinamento amministrativo della scuola elementare, estraniandone le Ammini- strazioni comunali. ' Lo St~to ha non solo assunto direttamente il go– verno della scuola elementare, ma ha altresì assunto l'impegno di assicurare a tutti l'istruzione gratuita per otto anni, come dispone l'articolo 34 della Co– stituzione, ciò che implica uno sviluppo imponente delle attrezzature scolastiche, per il quale i mezzi e le capacità dei Comuni sono assolutamente ina– guati. In linea di diritto si ritiene che spetti principal– mente allo Stato di provvedere ai bisogni dell'istru– zione gratuita ed obbligatoria e pregiudizialmente all'edilizia scolastìca, e comunque una decisione di questo genere s'impone, se si vogliono rendere ope– ranti le disposizioni sancite dalla Costituzione. Rimangano a carico dei Comuni, delle Province e degli altri Enti gli. oneri delle aree, della manuten– zione degli edifici, dei servizi scolastici ausiliari e inoltre l'obbligo di fornire sedi adatte alle' scu~le materne e secondarie, col necessario contributo dello Stato; e basteri!. Abelardo Sacchetto, che propugna questa tesi in un articolo apparso sul Notiziario della scuola e della cultura, edito dal Ministero della P. I. (n. 12 del 1.5 luglio 1950), propone che lo Stato provveda con un adeguato stanziamento nel suo bilancio: 200 mi– liardi da ripartirsi in sei o al massimo in dieci eser– cizi finanziari, e sostiene che, dopo tutto, lo Stato non ci perderebbe; anzi è assai probabile che spen– derebbe molto di più in contributi ai Comuni per pagamento di interessi e quote di ammortamento di mutui a lunga scadenza, ·se - non tenendo conto degli antecedenti - affidasse ai ·Comuni la ·solu– zione del problema dell'edilizia scolastica nei ter– mini indicati dalla riforma. E' una tesi che va meditata. ANDREA TACCHINARDI
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