Critica Sociale - anno XLII - n. 17 - 1 settembre 1950

CRTTICA SOCIALE 233' la civiltà che vede la Chiesa conibattuta per ·effetto della. sua linea politica assai' più che per il conte– nuto delle sue aspirazioni. Nè qui credo d{ dovermi dilungare nelle motivazioni. La seconda è che in questa crisi - la più pro– fonda certo che abbia mai scrollato la storia - la vera vittima non è il credente ma l'uomo. E ciò dipende dal fatto che l'uomo, nella sua individua– lità intellettiva e sociale, sii è venuto a trovare co– m.e il favoloso vaso di_ creta tra due ben ferrati totalitarismi: H conservatore e il comunista. Tota– litarismi che - ciascuno a suo modo - lo. consi– derano come strumento di un disegno più o meno superstizioso, mentre egli non può essere che fine a se stesso. E, pertanto, sacro. Premesso quel consenso, e mi sembra 'difficile che possa essere negato, la ri'vendicazione dell'uo– mo dovrebbe apparire ad ogni spirito religioso più urgente di quella degli stessi principii. O, in altre parole, bisognerebbe fare un princ1p10 dell'uomo stesso. Inteso, naturalmente, nella sua superiore dignità morale. E tale rivendicazione avrebbe senza dubbio un duplice effetto: lo sottrarrebbe, da una parte; alla– servitù economica della conservazione, dall'altra a quella spirituale del comunismo. D'accordo: si tratta di una impostazione rivo– luzionaria. Ma io la faccio nel nome del socialismo democratico, con l'intima fiamma del credente. ·- Il tempo precipita: solo i ci~chi e i sordi noh se ne accorgono. Ma non è lontano il giorno in cui piangeranno, a fiumi, lacrime non meno amare che superflue. ' Mai forse, dopo le guerre puniche, ha assunto una {liù significativa attualità il motto della sferzante ironia latina: « dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur ». Anche oggi come allora, forse più di 1'llora, si CVscute, si delibera, si fanno in quattro ·tutti i possibili capelli e intanto gli altri, « gli at– tivisti», allargano di giorno in giorno la loro e– spansione. Ecco perchè soltanto un'urgente e radicale impo• stazione rivoluzionaria potrebbe sa,lvare ancora, in extremis, la situazione. . Non c'è che da respingere e condannare senza mi– sericordia tutto ciò che mortifica l'uomo, conceden– dogli tutta la giustizia e tutta la libertà a cui ha diritto prima che la nemesi fatale paghi il mirag– gio della giustizia col prezzo tuWaltro ohe meta– forico della libertà. L'uom6 riscattato, infatti, non potrà che essere il mistico difensore della propria emancipazione. L'uomo sfruttato e vilipeso, sarà sempre, e logica• mente, pronto a insorgere. Nè gli importa gran che di sapere per chi e per che cosa. Con che i dottori, fieri di avere salvato la purezza de:lle scritture~ sprofonderanno nel cataclisma sventolandole come superstiziose, sarc_astiche, bandiere. Urge dunque un altro messaggio che non tanto si rivolga alla c6nsumata dottrina dei poehi ini– ziati quanto al cuore impaziente delle moltitudini. E sia il lievito irresistibile della nuovà civiltà demo– cratica e cristiana. Un messaggio che scuota le coscienze, riempia di orrore gli avari e di speranza i poveri. E parli in– distintamente a tutte le creature della terra con un linguaggio assai più ·evangelico che dialettico e po– lemico. Sul terreno delle antitesi non sono ormai possi• bili che gli urti estremi. Nè una lunga guerra di BibliotecaGino Bianco Ai marg1n1 della riforma tributaria Occorre una riforma che porti alla perequazione tributaria e alla lotta contro le evasioni fiscali.- Governo e Parlamento, preoccupandosi forse che delle riforme promesse non una - in due anni di legislatura - è stata effettivamente varata, hanno voluto esaminare ed approvare affrettatamente quei progetti di legge che, elaborati, rielaborati, attutiti, ammansiti, moderati hanno fatto ormai il giro di tutte le commissioni e di tutti i gruppi parlamentari, senza trovare la via che, dignitosamente, li può con– durre sulle pagine della Gazzetta Ufficiale. Praticamente, Governo e Parlamento hanno fatto come quei ragazzi che non avendo studiato durante l'anno scolastico, abborracciano alcune· nozioni pri– ma degli esami, sperando nella bontà dei professori per strappare una miserevole sutficienza. • Tra gli ultimi progetti di legge presentati fo tal modo figura quello sulla perequazione tributaria, che· della vera riforma f_iscale non è altro che un utile primo tempo ed un avviamento giustificato a quelli che .dovrebbero essere i passi successivi. Sul .progetto di legge per la perequazione tribu-• taria - e ancora più su.I contenuto e sulla portata della riforma tributaria - il Parlamento ha espresso -un significativo voto di ù.nanimità: segno evidente che il problema è « sentito » da tutte le classi so-· ciali è politiche (anche se con intendimenti divers.i) e che, pertanto, esso costituisce, una 'delle basi fon– damen.tali di riforma della vita economica e sociaJi'r italiana. Su questo punto, poi, tra Democrazia c~istiana e P .S.L.I. esi.ste una sintomatica affinità di vedute, sia deJ problemi sia deIJ.e soluzioni. E questo fatto ci dona una par'ticolare soddisfazione non solò per– chè abbiamo avuto l'onore di svolgere un-a relazione sulla, riforma tributaria aJ Congresso di Napoli del P.S.L,I., nel gennaio scorso, ma anche perchè pen: siamo - forse a differenza di molti compagni ~ che in Italia un primo, concreto passo verso una. politiaa di democrazia socialista potrebbe essere compiuto se, anzichè al -solo settore salariale e a quello politico generico, i movimenti socialisti de– mocratici rivolgessero la loro attenzione a due o a tre problemi fondamentali: quello tributario, quello della tariffa doganal.e e quello burocratico. Purtr,oppo, in Italia, i socialisti o si camuffano da lupi mannari e da agitatori sovversivi, agit;mdo gli spauracchi - per tm popol9 come il nostro, che è eminentemente borghese. nel senso deteriore - di pos1z1one sarebbe meno logorante sul fronte del pensiero di quanto non lo sia su quello, delle armi, Solo vincerà chi sappia mettersi con supremo coraggio al di sopra della mischia. La térra trema e il cielo è minacc-iosamente buio. Ma insieme aspettano· l'arcobalèno e sognano la quiete dopo la tempesta. Il rimpianto sulla <t inu– tile strage » anche se candidamente sincero e cru– delmentB sofferto, cade sempre troppo tardi. Quan– do non rimane ai morti che seppellire i morti. · E èerto le loro anime, sfuggite alla contaminazio– ne delle false teorie, si salvano, ma come potrebbero avere pace se quaggiù dovesse continuare eterna> mente la guerra? · ~ ANTONIO GREPPI

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