Critica Sociale - anno XLII - n. 7-8 - 1-30 aprile 1950

92 CRITICA SOCIALE. re, dagli aiuti UNRRA nel primo t!·iennio de_l dopo– guerra, dagli aiuti ECA nel biennio succe_ss1vo pe~ quanto riflette l'Europa occidentale, dalle mtese dei paesi satelliti dell'URSS al di là della cortina di fefro. All'inizio del 1950 il primo periodo di riadatta– mento, dopo il prolungato. moto sismico dei sei an– ni di guerra, può dirsi terminato. Nell'Europa occi– dentale, undici anni dopo quel 1938 che si consi– dera l'ultimo anno di pace e di relativa normalità, si è tornati a livelli uguali o poco superiori sia per la produzione che per il volume degli scambi. Il reddito disponibile, per questi 270 milioni di abitanti presi nel loro insieme, ha lievemente su– perato quello disponibile nel 1938, ed è tale da offrire quasi le stesse condizioni materiali di vita alla media della popolazione europea. Ai pvezzi del 1948 siamo nel 1949 a 164 miliardi di dollari, con– tro i 138 del 1947 e contro i 155 de1 1938: negli ultimi anni si ha un aumento di circa il 6 % mentre . la popolazione è aumentata press'a poco del 7-8%. E' vero che nei 164 mhliardi- sono compr,esi i 4 mi– liardi di dollari _di aiuti americani, ma essi non rap– presentano in sostanza che il 2,51% sul totale, pur riconosc~ndo la grandissima importanza comple– mentare che essi rivestono. In sostanza, dal punto di vista del reddito della zona OEOE è già significativo che in una fase di cinque anni si sia riuscili a rimediare ai colpi in– ferti nell'altra fase più lunga, dei sei anni di guer– ra. Nell'altro dopoguerra il riterno ai livelli di red– dito del 1913 si fece aspettare qualche anno di più, e nei giorni della primavera del 1945 gli europei vedevano questa mèta probabilmente assai più lontana. Altri elementi che possono confortare un pru– dente ottimismo sono quelli che constatano alcuni progressi immateriali, non misurabili quantitativa– mente, ma non perciò trascurabili. Nel primo dopo– guerra procedevamo come un aereo· senza stru– menti di bordo; in questo no. Il mondo sa fare meglio, ormai, i propri inventari (certo più rapida– mente di allora, quando questo compito era lasciato agli storici) sa formulare meglio le proprie previ– sioni; tenta dei programmi 1ProspeUici, adopera gli economisti non più per imporrè loro un profetismo negativo ed illusorio, m,1 per entrare nel campo delle speculazioni limitate e positive; prepara con metodo la propria azione futura, con visione più ampia e lungimirante. Abbiamo progredito nei mezzi per conoscere, ab– biamo progredito nelle conoscenze delle condizioni e dei pericoli che ci sovrastano, abbiamo progre– dito nei congegni per regolare alcune forze torren– ziali che avrebbero distrutto gli argini. Mai nella storia economica del mondo si diSpose di strumenti di indagine che consentissero. una osservazione tan– to ampia ,e compiuta. Si è approntato un ricco ma– teriale .diagnostico per il ·clinico deciso e intelli– gente, il quale lascia fare alla natura, ma ha nozio– ne delle sue sempre più vaste possibilità di gui– darne le forze. Si è diffusa in tutti _i paesi quella gigantesca « contabilità nazionale >> o contabilità so– ciale, che consente una politica consapevole. I pro– .blemi dell'interdipendenza tra mezzi disponibili presso un gruppo nazionale, loro utilizzo e rapporti di pagamento con gli :iltri gruppi nazionali - che erano allo stadio dell'alchimia rispetto alla chimica moderna nell'altro dopoguerra - si vanno ormai C{lmprendendo sempre di più e cominciano a porre le basi di coordinamenti meno fatalistici e meno contradittori. Nei rapporti tra i vari gruppi nazionali, dalle accademiche conferenze internazionali dell'altro do– poguerra si è passati a riunioni di esperti e di poli– tici che fruiscono ormai di un sistema di meccani- BibliotecaGino Bianco smi internazionàli attivi e perfezionati. Dalle enun– ciazioni solenni dei preamboli sui grandi diritti umani (le quali rimanevano poi spesso argomento per discorsi enfatici degli nomini politici a confor– to dei fedeli) sì è passati a grandi esempi di solid1c1- rietà concreta. Dagli accordi di Bretton Woods e dall'azione del Fondo monetario internazionaile si è passati a quelli di Ginevra, dell'Avana e di Annecy per i. rapporti di scambio internazionali, dalle inte– se per regolare la produzione delle principali mate– rie prime (grano, stagno, gomma, lana, zucchero, ecc.) e dall'azione vasta della F.A.0. in materia agri– cola e alimentare, si giunge alla formazione di vaste società continentali come l'OECE. Le istanze e i luoghi dove discutere i problemi economici del mondo vanno moltiplicandosi e gli organismi di in– dagine sono sempre pi11 capaci, tempestivi, ricchi di personale ormai bene allenato e addestrato. I paesi hanno preso l'abitudine di lavorare assieme, e sebbene siano ancora riluttanti a questa azione cooperativa, hanno progredito nei ragionamenti in termini collettivi. Si comincia insomma a muovere i primi passi verso una economia internazionale, considerando cerchi sempre più vasti, con più ra– gionevole e fondata speranza che nel ventennio tra le due guerre. Queste conclusioni, che rappresentano la parte attiva del bilancio, confortano il nostro ottimismo ma valgono in prima approssimazione. Dobbiamo vedere anche gli aspetti negativi, la parte passiva del bilancio europeo del dopoguerra. Anzitutto è durevole questo equilibrio? E' soddisfacente? Quali sono le previsioni che si' fanno per il futuro del– l'Europa? Quando ci poniamo queste domande tor– niamo a rabbuiarci. Gravi squi1ibri sussistono an– cora, sia nella produzione, sia negli scambi, sia nel– l'assetto monetario e finanziario del mondo. L'enor– me importanza assunta dagli Stati Uniti nella dire– zione delle cose economiche mondiali fa dipendere in gran parte dal ·loro atteggiamento la prosperità futura di altre zone, come questa frangia dell'Eu– ropa. La spada di Damocle di una nuova guerra è sospesa sul mondo, e un'Europa disunita costitui– sce finora una comparsa estranea al dialogo che si svolge tra coloro che possono spezzarne il filo. Nel ca,mpo economico la forte scarsezza di risparmio reale e le diffièoltà nella formazione di capitali nuovi minacciano di accrescere le distanze tra l'Oc– cidente europeo e il resto del mondo, e di confinare l'Europa alle produzioni per cui non occorrono beni strumentali costosf, cioè d( farla regredire da area industriale ad area artigiana. Gran parte dei nuovi capitali del mondo saranno destinati alle aree sot- . tosviluppate, ricche di risorse materiali poten~iali, mentre l'Europa è considerata ultrasviluppata, ed è povera di risorse materiali potenziali. Il divario tra produttività europea e americana, anzichè re– stringersi, sembra destinato ad allargarsi. E d'altra parte la formazione di più vaste aree di mercato, quella che è stata chiamata l'integrazione economica di continenti, appare fortemente intralciata dalla sussistenza di condizioni fortemente differenziate, quando si voglia raggiungerla per via di intese consapevoli e non per opera di un conquistatore militare. Sproporzioni cospicue appaiono ancora, in quasi tutti i paesi del mondo, tra inderogabili biso– gni -di importazione e capacità di pagamento; ciò indica che questi paesi mantengono un livello di esistenza basso, ma superiore alle possibilità reali della loro vita economica. E si pensi che, di· fronte ad un reddito medio per abitante. di 1400 dollari annui, quale è quello degli Stati Uniti, ab– biamo soltanto 5 o 6 paesi al mondo che raggiun– gono cifre tra i 400 e i 900 dollari per abitante; per 25 paesi siamo al disotto dei 100 dollari, cioè al disotto di un quattordicesimo dell'abitante statu-

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