Critica Sociale - anno XLII - n. 7-8 - 1-30 aprile 1950

CRITICA SOCIALE 91 servati. Ecco pcrchè accettare l'aiuto E.C.A. voleva dire per l'Europa accettare un'impostazione pro– grammatica, sia in sede europea sia in sede nazio– nale: il che presupponeva una serie d'interventi coordinati, indipendentemente dalle preferenze per un'economia cosiddetta libera o cosiddetta control– lata, per tutto il periodo dell'E.R.P. Purtroppo non tutti i paesi se ne resero conto e ritennero l'aiuto E.R.P. come puramente a carattere assistenziale: errore che sconteranno quando, nel 1952, l'aiuto terminerà, · e quando da un'economia di doni si passerà necessariamente ad un'econoinia concorren– ziale libera e senza aiuti. L'O.E.C.E. che avrebbe dovuto guidare i vari pae– si con un'autorità supernazionale e con un piano d'azione programmato, in verità si limitò, ossequien– te alle varie sovranità nazionali, a dare suggeri– menti. Spesso la linea d'azione dei vari paesi fu contraddittoria e ispirata sempre a un irriducibile nazionalismo. Ciononostante, nel primo biennio del– l'E.R.P. u_na notevole parte del cammino è stata fatta. Gli interventi essenziali furono diretti: a solle– citare anzitutto un energico sforzo di produzione (in un primo momento anche di produzione che potremmo chiamare autarchica, al fine di rispar– miare dollari nell'acquisto fuori d'Europa); a de– terminare e mantenere una situazione finanziaria e monetaria stabiìe r,iei paesi europei.; a stimolare al massimo l'esportazione, contraendo possibilmen– te le importazionì dalla zona dollaro, e favorendo eventualmente ·acquisti in altre zone. Tutto ciò non fu facile. Anzitutto occorse una revisione continua dei programmi iniziali, apparsi \roppo rosei e fi– duciosi. A fine 1948 il primo rapporto interim del– l'O.E.C.E. segnalò le contraditforietà fra i program– mi nazionali e la necessità di aggiustare il tiro. Fu una doccia fredda sugli ottimismi del primo mo– mento; alla quale si aggiunse ìl Suruey dell'E.C.A., che confermava queste preoccupazioni, rilevando il forte divario fra produttività europea - e ameri– cana, il regresso di favorevoli ragioni di scambio per l'Europa, e l'impossibilità di raggiungere per il 1952 un equilibrio della bitfancia dollari. Si era già ai primi del 1949 quando si avvertiva distintamente il passaggio dal mercato del vendito– re al mercato· del compratore, la fine della fame di prodotti nel mondo, il capovolgimento della curva dei prezzi, che era andata salendo ininterrottamen– te per sedici anni. L'Europa avvertiva chiaramente difficoltà maggiori per l'esportazione, specie nell'a- rea del dollaro. - Nel primo J)eri.odo, quando ci si era 1meoccupati dj un qualunque aumento della produzione, il tema dei costi era stato consideràto come subordinato: ora venìva invece in prima linea. D'altra parte l'a– zione dell'O.E.C.E., limitata a quella di organo ero– gatore e distributore di. aiuti, di stanza di compen– sazione di notizie e di previsioni, non era stata tale da incidere sul comportamento dei paesi parteci– panti, ai fini di un'azione comune. Si decise allora di istituire un gruppo consiliare di ministri degli otti principali paesi europei. Si sarebbe in tal mo-• do esercitata una azione più rapida, decisa, evi– tando ritardi diplomatici e burocratici, e si sarebbe creato, così almeno era nelle intenzioni, una specie di supergoverno economico dell'Europa. La solu– zione suscitò molte speranze e nel ·marzo 1949 il gruppo dei ministri (che fu poi soppresso un anno dopo) cominciò la propria azione, fissando le linee del piano ,per il 1949, 111ellequali -si riaffermavano gli obiettivi per il raggiungimento entro l'anno della stabilità finanziaria e monetaria, di un incremento rapido delle esportazioni, di una riduzìone delle im– portazioni dall'area dollaro nei limiti delle possi– bili-là, di un'eiliminazione degli squildbri nelle bi– lance dei pagamenti reciproche dei paesi membri, 81bl1oteca l:JlnO 01a co di un coordinamento dei nuovi investimenti. Ma il cono di luce del proiettore illuminava or– mai il problema degli scambi. Il malato europeo cercava, adesso, da tale lato la propria guarigione. Anzitutto ci si avvide che, per posar troppo gli occhi sul problema dei pag3menti extra europei, era passato in seconda linea quello dei pagamenti– e degli scambi intraeuropei. Di qui l'esigenza di associare l'aumento delle produzioni in Europa con un aumento degli scambi, il che poteva per altra strada diminuire il ricorso agli acquisti nella zona dollaro. · Ora, se un'intensificazione di .scambi poteva ini– ziarsi, con effetto utile. sulla compressione dei costi, tale intensificazione doveva essere tentata anzitutto tra i paesi europei, provincie di uno stesso conti– nente, meno sperequate tra loro. che nei confronti dell'a•rea esterna. · Di qui l'accordo per i pagamenti intraeuropei, sti– pulato il 16 ottobre 1948, e che permise di evitare la paralisi di circa 700 milioni di dollari. Nel giu– gno· 1949, al rinnovo dell'accordo - che aveva ma– nifestato di-feUi non lievi pur g.iovando per l'im– missione di moneta forte nel meccanismo degli scambi europei - sorsero vivacissime discussioni per far uscire l'accordo dai termini di pura bila– kralità. E il nuovo accordo per l'anno finanziario 1949-50 fu migliorato, reso più flessibile, dotato del congegno di multil_!!teralità per un quarto dei diritti di prelievo accordati. Restava però, e sempre più visibile., l'ostacolo di bilance dei pagamenti 1,quilibrate, derivanti da pa– rità ufficiali monetarie lontane dalle parità reali. Ciò metteva in primo piano il tema del livello delle monete europee. E nel settembre, con la svaluta– zfon,e della sterlina, si attuava· un vasto sebbene incoordinato alliii,eamento monetario. Esso tende– va appnnto a riportare le parità ufficiali a livelli meno lontani daUe parità effettive. Col 1950 si af– fronta la questione dei pagamenti con un serio ten– tativo di costituire un'unione europea per i paga– menti, cioè un clearing europeo dotato di un fondo comune. La storia di questa metà dell'attuazione dell'E.R.P. ci presenta dunque la riprova dell'esigenza di af– frontare questi mali molteplici dell'Europa con una pluralità di rimedi. Ma soprattutto la riprova che gli sforzi individuali dei singoli paesi sarebbero in gran parte sperperati se non ubbidissero ad una linea comune e se fossero incoordin.ati fra loro. Quali sono stati i risultati di questo primo biennio c1.ell'E.R.P.? Anzi, diciamo meglio, quali sono stati i progressi, dal momento in cui ~i è sparata l'ulti– ma fucilata, nel 1945; al momento attuale? I progressi compiuti nel 1945-50 Questi primi cinque anni del dopoguerra sono stati contrassegnati: a) da una ripresa nel campo economico, che appare più rapida e· intensa di quel– la del primo dopoguerra, la quale pure seguiva un conflitto meno distruttivo dell'ultimo; b) dall'assen– za, finora, di una crisi mondiale ciclica, la quale pareva a taluno l'inevitabile taglia dopo il sommo– vimento pluriennale della guerra (nell'altro dopo– guerra si ebbe a tre anni di distanza dalla fine); ci da una politica di diffusi e ampi interventi statali e superstatali, generalmente perfezionati rispetto a quelli dell'altro dopoguerra; d) dal relativamente rapido contenimento dei focolai inflazionistici, i quali nel 1921-24 avevano dato origine a esasperate conclusioni (si ricordi la sorte delle monete tede– sca e austriaca, tra le altre) mentre iin questo dopo– guerra sono stati padroneggiati con successo, evi– tando che sfociassero nella terza fase; e) da esperi– menti giganteschi di solidarietà internazionale (in– tercontinentale e interstatale), espressi, in particola-

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