Critica Sociale - anno XLII - n. 7-8 - 1-30 aprile 1950

90 CRITICA SOCIALE erano pagati con il reddito ricavato da inv~stimenti europei in altre zone del mondo e un decimo con le cosiddette entrate invisiblH, cioè con il reddito dei noli, del turismo ecc. La situazione era pre– caria, ma era mascherata da una ragione di scam– bio ancora favorevole per l'Europa. E infatti nel ventennio tra le due guerre già si erano levate voci di allarme. Uomini politici ed economisti avevano scritto volumi e pronunziato discorsi sul declino dell'Europa (citiamo Nitti, De– mangeon, Herriot ecc., ecc.). Un « Convegno Volta », riunendo a Roma nel 1932 scienziati di tutto il mon– do, aveva denunziato e sottolineato il fenomeno; ma invano ne aveva cercato i rimedi, e invano aveva ammonito gli europei che l'abisso era vicino. La situazione europea nel 194 7 e il Piano Marshall La seconda guerra mondiale ha fatto aprir'e gli occhi anche ai più ottimisti. L'Europa si è trovata attonita di fronte al suo grande dissesto. Nell'imme– diato qopoguerra, occupata a sgomberar le mace– rie e a riparare ai danni più gravi (cioè nella pri– ma fase ·che va dall'aprile 1945 all'estate 1947) non se ne era resa ancora ben conto. Gli aiuti dell'UN– RRA, i prestiti americani consentirono allora un'o– pera di pronto soccorso all'Europa. Ma nell'estate del 1947 la situazione apparve in tutta la sua gra– vità. Focolai iqflazionistici aperti, e che sembravano dover divampare in nuovi e più gravi incendi; im– possibilità per i paesi europei di pagare con oro o con dollari le materie prime e le derrate necessa– rie; terminati gli aiuti del pronto soccorso e la ricostruzione appena avviata agli inizi, raccolti scarsi aI,1Che per le avverse condizioni climatiche dell'annata. Occorreva subito una trasfusione di sangue al malato fortemente anemizzato. Fu allora che, dal luglio al settembre, rispondendo all'appello del generale Marshall, sedici paesi europei tenta– rono a Parigi di misurare le loro risorse, le esi– genze immediate,. le possibilità del quadriennio fu– turo. Fecero il punto con un ampio rapporto, dal quale ebbero inizio i loro reciproci rapporti di col– laborazione, concretatisi con la costituzione del– l'OECE (16 aprile 1948), che seguì immediatamente all'inizio del piano ERP. (La legge istitutiva del– l'ECA, ente amministratore degli aiuti americani in Europa, è del 3 aprile 1948, data in _cui comincia– rono ad essere erogati gli aiuti ERP). Quali allora erano considerati i sintomi più gra– vi? La disponibilità totale di beni e servizi dèi paesi aderenti all'accordo (misurata in dollari attuali) era scesa dai 155 miliardi di dollari nel 1938 ai 138 miliardi nel 1947, cioè del 12 %, mentre la popola– zione era nel frattempo aumentata di un 6/7 % . La bilancia europea dei pagamenti era tale che, dei 14 miliardi di dollari di acquisti (materie prime e derrate) necessari in ione esterne all'Europa, on– de mantenere questo ridotto livello di consumi e dì lavoro, oltre metà (7,6 miliardi su 13,9 miliardi di dollari) non avrebbero potuto essere pagati. alle zone fornitrici esterne, mentre nel 1938 la bilancia si chiudeva all'in_circa in pareggio. Ciò significava la mancanza di' un 5 % del reddito complessivo del– l'Europa, ma di un 5 % che condizionava proba– bilmente la formazione di 1/3 del reddito europeo. Si chiamò questo fenomeno la <e farne ·di dollari ». Ciò confermava che in Europa vi era ormai un rilevante squilibrio tra la capacità di offrire al mon– do prodotti e le necessità minime di occupazione e di consumo dei suoi 270 milioni di abitanti. Il bilancio era fallimentare, ma le prospettive era– no ancor più nere. L'Europa constatava di aver perso i redditi dei propri investimenti ··all'estero; di non potersi pagare più le proprie importazioni necessarie che per il 41 %, di essere costretta a~ BibliotecaGino Bianco ottenere in doni o prestiti un altro 51 % per finan– ziare i propri acquisti; di avere quasi annullato le sue tradizionali entrate delle voci invisibili della bilancia. Le importazioni da altre zone erano ri– maste, in volume, pressochè al livello del 1938; le esportazioni europee erano scese all'incirca a due terzi (68 %). Si constatò che il patrimonio stru– mentale, formatosi durante le due o tre precedenti generazioni, era gravemente dann,eggiato, e la ri– costruzione appena avviata; ma soprattutto ci si av– vide, che si era persa frattanto molta strada _nel rinnovamento tecnico delle attrezzature produttive, cioè che olti.:e al logorio fisico vi era stato un ra– piào logorio economico. Insomma, la rendita di posizione di cui godeva l'Europa aveva cambiato segino: da positiva diventa– va negativa. E purtroppo, mentre essa aveva perso irrimediabilmente le sue possibilità di vivere da rentier, non aveva perso i gusti del rentier. Gli ostacoli di riequilibrio erano notevolissimi. Estre– ma la resistenza di ciascun paese, di ciascun grup– po sociale, di ciascun individuo, a ridurre il livello di esistenza faticosamente raggiunto. I dopoguerra sono periodi di stanchezza, e quindi ognuno rilut– tava ad accrescere le proprie fatiche per ottenere lo stesso risultato di ieri. .L'opinione pubblica non valutava la tragica involuzione con senso storico, e si fermava ai motivi congiunturali. Le soluzioni ·erano rlue-: .o -diminuire (ortemente il già basso livello di consumo e _di lavoro degli europei, consentendo che un nuovo · equilibrio si formasse dopo un periodo di gravissima depressio– ne; o chiedere l'intervento esterno perchè il pro– cesso di reinserimento dell'Europa avYenisse senza brusche soossè e senza tutte le con.seguenze d'ordine sociale che sarebbero state inevitabili. L'intervento del generale Marsliall consenti di· optare per la se– conda alternativa. Problemi immediati s·i giudicar-0no quelli: a) di ottenere, quale aiuto gratuito esterno dagli Stati Uniti, questa differenza incolmata dì dollari, alme– no per un quadriennio. Si 'calcolò necessario chie– dere circa 22 miliardi di dollari in tale spazio di tempo (5 ½ miliardi all'anno in media); b) di au– mentare fortemente la produzione in Europa e con– seguentemente anche l'esportazione e gli scambi re– ciproci tra i ·vari paesi della zona,· per giungere n1:1lpiù bFeve tempo possibile ad aumentare. l'of– ferta di be·ni ai fini del coI,1sumo interno, e per · g1ungere nel quadriéì:mio ad evitare il ricorso ad aiuto esterni, mettendosi gradualmede in condi– zione -di ipaga·re tutte le merci di necessario a,cqui 0 sto in zone extra europee. Alla prima di queste esigenze sopperì il piano MarshaJI. Esso in ,definitiva al'locherà nel quadrien– nio circa 15 miliardi di dollari (pari a 16/17 di potere d'acquisto) dei 22 richiesti, liberando fino al 1952 l'Europa da,l timore delle catastrofiche con– seguenze di una .-drastica contrazione di riforni– menti essenziali. Alla seconda esigenza avrebbero dovuto ,provvedere, di comune ac,cordo, i paesi inte– ressati legati dal patto dell'O.E.C.E. Si è chiesto molte volte: con i,l piano MaTshall è l'Europa costretta ad un'economia programmata? Evidentemente sì. Si trattava, infatti, di un grande eccezionale intervento sull'economia europea, pro– prio perchè si voleva escludere che un riequilibrio avvenisse in condizioni eccezionalmente gravi e pe– ricolose. Si escludeva cioè la possibilità di giun– gere, per via di liberi e automatici aggiustamenti, ad un soddisfacente e. ·rapido equilibrio in Europa. L'indirizzo iniziale seguito dai paei;i dell'O.E.C.E. doveva quindi essere ispirato ad una politica eco– nomica dirigistica. Nè poteva essere altrimenti, po– sto che: s'intendeva mantenere livelli di consumi e dì lavoro che altrimenti non si sarebbero con,-

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