Critica Sociale - anno XL - n. 18 - 16 settembre 1948

422 CRITICA SOCIALE sarebbe stata i-esponsabile della guerra, e quindi privata dell'aiuto francese. Sbalordito e angosciato, Benes definì Ja cosa « un crudele ultimatum »; gli fu correttamente risposto trattarsi di « un urgente consiglio amichevole». Autom~ticamente quel passo troncava anche le speranze sull'aiuto della Russia, che era tenuta, e decisa, a fare onore ai suoi impegni &olo nel caso di intervento da parte della Francia. La Cecoslovacchia era sola; che fare? I richiamati afflui– vano con canzoni e con bandiere. ai distretti. A Praga, . ulla Vaclavske -Namesti, intorno alla statua di San Ven– ceslao, una folla di 100.000 persone pregava, e cantava il vecchio inno: « Non periremo noi, nè i nostri suc– cessori "· Ma nelle regioni sudetiche i radicali di Henlein tumultuavano; elementi del Freikorp tedesco-sudetico pat– tugliavano lungo le frontiere. A Praga larghi strati delle classi conservatrici, che erano state per anni all'opposi– zione, contro la riforma agraria e contro il rinnovamento politico del paese, proprio insieme con le minoranze te• desche, vedevano nella guerra una minaccia per gli affari e per i beni, e nella capitolazione uno smacco d'efinitivo per i partiti ·di sinistra. C~sì gli uomini del partito agrario ·dichial'8vano « miglior cosa essere occupati da Hi– tler che difesi da Vorosciloff »; e i ministri Cetny e Macnik tenevano contegno disfattista in consiglio dei mi– nistri. Nel corso di una riunione di grandi banchieri cechi, tenuta nella villa Jaroslav Preiss, fu deciso di far pres• •ione sul governo per la capitolazione. La Polonia asso– ciava le sue rivendicazioni a quelle tedesche e ungheresi; Hitler apriva le cateratte delle minacce e delle ingiurie; l'Occidente era muto e inesorabile: la Cecoslovacchia era sola. E venne la capitolazione; fu Monaco, con le lacrime di gioia alla Camera dei Comuni, con le piazze in delirio, a Occidente. A Praga le strade erano piene di folla sin– ghiozzante; si trovavano per terra brandelli di bandiere francesi; si vedevano svenire uomini forti, e persino sol– dati. Il simbolo ·evidente della rotta fu dato d!ille dimis– sioni di Benes, cioè dell'uomo che si era distinto come paladino della politica della Società delle Nazioni, che aveva dichiarato sterile il panslavismo romantico e dan-. noso il neoslavismo antitedesco, che aveva difeso la supe• riorità materiale, e soprattutto morale, delle democrazie occidentali sul mondo intero, e che quindi aveva fondato l'intera politica estera cecoslovacca sulla base della col– laborazione con le Potenze occidentali. Il dottor Zenkl, sindaco di Praga, espresse i sentimenti di quelle ore a nome di tutti: " Credevamo nella democrazia. Credevamo negli accordi e negli impegni solenni assunti da grandi nazioni e da Stati potenti. Sfortunatamente, per- essi i diritti di una piccola nazione contano meno della crudele supremazia di una forte · e potente. Ci troviamo ancora una volta in una crisi storica, in cui la forza vince sul diritto ». Alla. Cecoslovacchia il convegno di Monaco costò la mu• tilazione di Runciman, e quindi .sette anni di oppressione nazista, con le deportazioni e con le torture tradizionàli, con 200.000 morti e trenta miliardi di sterline di danni; ma all'Occidente costò la Cecoslovacchia, perchè ogni mor– to e ogni giorno di schiavitù sembra aver piantato in testa ai cechi la delusione di quei giorni, e una convinzione fatale e profonda. Orniai la Cecoslovacchia non vedeva che una scelta, una sola, tra l'isolamento e la Russia. E le conclusioni non potevanç, essere dubbie. Per esempio, il 12 novembre 1942, a Londra, Benes · aveva con1inciat,o a dire essere la guerra una •occasione decisiva per fermare il Drang nach Osten germanico, e per dimostrare necessaria la collaborazio.ne amichevole del– la Polonia, della Cecoslovacchia e dell'Unione Sovietica. Poi era andato in. Russia. Aveva inoontrato i grandi cimi• Ieri di carri armati tedeschi che hann_o per sfondo le vette. del Caucaso; aveva visitato i campi di battaglia del Don, dove la maccliina da guerra tedesca aveva subito la prima incredibile marcia indietro. Aveva passeggiato sotto la luna 'tra le rovine di Stalingrado e il sindaco gli raccontava de.i 14.0.000 tedeschi disfatti e falciati dall'Armata Rossa, e poi p,ortati via con autoc'arri, come animali feroci abbat- BibliotecaGino Bianco Inti, e scaricati infine, come tronchi rec1s1, a migliaia e a diecine di migliaia in grandi e profond.ç fosse scavate lungo il Volga. Quel viaggio nell'Unione Sovietiva doveva appa– rirgli ben presto come il vertice della politica e dei viaggi dei predecessori del 1818, del 1867, dell'inizio del secolo e del 1915-18-. A pooo a poco, come sotto la sp_inta del– l'Armata Rossa cadevano le linee di difesa tedesche, così cadevano le diffidenze verso la Russia bolscevica dei de– mocratici cecoslovacchi, esuli e soli. Ormai, secondo Benes, lo scioglimento dell'Internazionale, l'atteggiamento nuovo verso la Chiesa orto.dossa, il profondo patriottismo, e le simpatie per una politica slava, cioè per la protezione contr-o un nuovo espansionismo tedesco, non potevano es– sere un gioco per il tempo di guerra, e da abbandonare a guerra finita. « Stalin mi ha dato personalmente la pa– rola ohe egli non interverrà nei nostri affari interni. I capi comunisti erano presenti quando Stalin lo ha gin• rato. E' questo che li costringe a contenere le loro am• bizioni ». Poi, a Yalta, la Cecoslovacchia fu compresa, senza sa– perlo, nella zona d'influenza sovietica; e quindi per i cechi la libertà venne da Oriente, coi colori della, Russia sovietica e della vendettà slava: e i carri armati russi di quei giorni stanno sulle piazze di Praga, di Bratislava e di Brno, alti sui piedistalli di granito, come monumenti. La CecoslÒvacchia non è più sola; con Occidente o senza Occidente, non ci sarà più. un autunno '38. Bisogna dire çhe i cecoslovaèchi sentivano veramente la validità di quei singolari momenti. Per esempio l'anno scorso, a Praga, si provava il terrore della rinascita e della vendetta tedesca incredibilmente vivo e operante, nonostante la rovina immensa della Germania. Quello era il tasto pre– ferito della propaganda comunista, sotto spoglie natural– mente patriottiche e slave; e la distribuzione delle terre e delle aziende confiscate ai due· milioni di tedeschi espul– si dopo la liberazione aveva legato a quel sentimento gli interessi e l'avvenire di innumerevoli famiglie. E' difficile spiegare le cose di ·Cecoslovacchia senza ri– cordare la presenza inquietante della Germania alle fron– tiere. Per ese,rnpio, quando nelle giornate-chiave del luglio 194 7, il consiglio dei ministri cecoslovacco prima accetta all'unanimità e poi all'unanimità respipge l'invito per la conferenza di Parigi per il piano Marshall, molti, a Oc– cidente, parlano di pressioni di Mosca, notizia fin troppo verosimile. Ma il dott,or Zenkl, ex -sindaco di Praga e ministro socialnazionale, commenta: e< appena noi com– prendemmo che il fatto di accettare o no il piano Mar– shall toccava direttamente l'alleanza con la Russia, il pro– blema eco~omico doveva per forza di cose passare in se• condo piano. Quanti non comprendono che senza questa alleanza noi saremmo. ancora esposti a una minaccia te– desca; e quanti non vedono <-:hequesta minaccia perdura, e aumenta con l'aumentare della discordia tra gli alleati, dimostrano di aver dimenticato il passato troppo rapida– mente ». E Fierlinger, ex ambasciatore a Mosca e ministro– socialdemocratico: « Si parla di ultimatum, ma in realtà si tratta soltanto di un consiglio amichevole ». (l) E' pro– prio l'espressione rivolta dagli ambasciatori di Francia e Inghilterra, quella notte d'autunno del '38, a Benes. Ora– mai il gioco era avviato, e forse fatto; e Benes stesso conclude: « Noi non siamo tra Oriente e Occidente. Noi siamo tra Russia e Germania ». ITALO PIETRA (continua) (1) Che questo abbia detto Fiertinger, che si ncconciò su– bito dopo a servire la politica di Gottwald e di Stalin, non fa meraviglia. · Ma ci permetta l'amico Pietra di meravi– gliarci che egli adduca come valida la testimonianza di Ficr– lingcr. E anche Benes non poteva dir parole dlvcrsc d:1 quelle sopra ricordate,• per giustificare la sua condotta nel momento in cui la mancanza di energia lo induceva ad ac– c·onciarsi al fatto compiuto, dalla cui prigionia tentò poi dl evadere con le dimissioni ed evase veramente solo con la morte. {Nola di C. S.)

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