Critica Sociale - XXXVI - n. 12 - 16-30 giugno 1926

CtUT!CA SOCtAtt 171 che conforto. Riconoscono la fatalità, la necessità, oseremmo dire la legittimità di questa situazione una volta che essi ammettono che le vecchie formJ ~ le vie della lotta ai tempi dell'« Italia tranquilla,, erano condannabili, .inefficienti, e perverse; e che, perciò, le vie nuove - queHe delle antitesi irre– ducibili, quelle della Forza, quelle della Lotta! . - sono le vere, le salutari, le buone. E, di conseguenza•, ripudiando come aberrante, vano, senza pregio il lavoro, le conquiste, le costruzioni, il patrimonio che per le vecchie vie si era andato "facendo e formando, essi non soffrono punto se tuttociò fu disperso. Ci affrettiamo a dire, se quella parola « patrimo– nio » suscita in Prometeo le· più repugnanti impres– sioni di materialità, che noi indichiamo, con essa, cose che erano idee col'lcretate iµ realtà. Aimè, ainiè ! Il difetto di questo nuovo spiritualismo è di amare le idee finchè .restano tali, e di aborrirle - vade retro Satana! - quand'essi si inca,rnano in cose vive. Gli '.i nteressi, che vile faccenda! E tuttavia ogni ideale,' se vuol tradursi in fatto, diventa un inte– resse, come ogni interesse, che tenda all'univ,ersale, e si identifichi in un dilatarsi di giustizia e di .bene, è un ideale r · *** Ma su questa questione del. non avere patito c'è qualche modesta cosa da dire,· perchè non si accre– ditino leggende su frasi generali. La stori_a d'Itftlia - e dunque anche la storia del Socialismo italiano - è. quella· che è. Le sue forze, i suoi elementi, .le sue lotte - di religione, di politica, di classe · - furono quello ·che poterono essere in un Paese che si formò oosì fuor delle linee normali, nella sua sè~onda e terza vita - in confronto dei popoli nuovi che avevano avuto inizio da esso, nella sua vita prima! ..:..... appunto perchè si era oosi potentemente sviluppato e poscia esaurifo nel suo antico meriggi-o e _nel _susseguente tramonto. ... Il. -proletariato, nascendo, è vero che non trovò resistenze? O almeno, non trovò la resistenza for– midabHe, classica, la battaglia campale, risolutiva? E se ciò è vero, perchè accadde.? Ed è colpa nostra anche questa? Vediamo un poco. Questa favola delle facili conquiste (favola, se presa così alla lettera come molti fanno) e della non resistenza borghese, convien pure sgonfiarla. Pooo saldamente organizzate nazionalmente l'una · e l'altra classe, le grandi conflagrazioni mancarono;. e le piccole, le individuali, le punizioni, i boicotti, l'interdictio aqnd et igni nelle modeste città e ·nei villaggi, le persecuzioni nelle campagne, ai primi seguaci della nostra fede, ai saldi credenti nel Socia– lismo, sono troppo oscure per esser note, ,e troppo umili per essere apprezzate. Noi però ne portiamo il ricordo e l'ammii-azione nel cuore, e, senza decla– mazioni, diciamo a questi giovani: « Non calun– niate il popolo italiano. Dei capaci di fede e di sa– crificio, dei convinti e dei tenaci, ve ne furono e ve ne sono anche tra noi, sebbene la sorte li abbia confinati. in un «ruolo» che non li porta al pro- ' seenio. Dio mio, se a Milano o a Roma, in un qualche anno del vecchio o del nuovo seoolo, vi fosse slalo un grosso urto con qualche centinaio di morti, una battaglia di grande stile, come quelle che videro Parigi o Berl:no o Mosca, tutti costoro direbbero che il proletariato italiano ebbe il suo battesimo e ·.la sua cresima, il sacrificio cruento che lo santifica. Ciò era difficile, oltre tutto, perchè I)talia non ha BibWòf·&~<tfffff~Mneéf cui rosse facile concen- trare in· una città-cervello, in una città-!Cuore della Nazione, come f'.arigi o Berlino, le forze e l'urto. L'Italia ha tanti ganglii poderosi, da Torino a Pa– lermo, e· non ha quel centro così centro, che aduni ie metta a cimento gli elementi della lotla. Basti -ri– cordare che la Capitale politica non è metropoli in– dustriale. Ma, se questo episodio saliente di reazione di grosso calibro, di repressione e di strage « di stile», mancò, i Fasci Siciliani non furono senza sangue, il '98 non fu senza vittime, e il risveglio proletario del nuovo secolo, da Berra Ferrarese in poi, fu tutte punteggiato di vittime, negli eccidii proletarii, tri– stissimo fenomeno tutto nostrano, frutt:o di cleficienze dello Stato e di deficienze del popolo: lo Stato che oscillava tra libertà e repressione, le masse che non sapevan decidersi fra legalità e rivoluzione; e, in luogo della rivoluzione, facevano, a lorco spese, ma– cabre esercitazioni di rivolta. .All'incirca come, tra il '19 e il '20, le folle estremiste, e i loro capi, stem– perarono il programma rivoluz:onario in una serie, in uno stillicidio· di scioperi e di azioni isolat0 e inconcludenti: appena quant•o bastava per dare alla b9rghesia lo stimolo della paura e il lievito dell'ira, che poi doveva prorompere in così dispe– .rato furore. S1 v~de che è un male congeni~o, un vizio di famiglia ... Comunque, il grosso conflitto, lo scontro vasto in cui il proletariat,o potesse misurarsi con l'avversario, passare la sua malattia acuta che poi (se non si orepa) lascia immunizzati e mette in moto e· in valore le forze difensive dell'organismo, e ce ne dà la fiduciosa ooscjenza: l'urto dove il' popolo po– tesse dar conto a se stesso dèlla propria forza e d·eJ proprio ardire, mancò. Dovevamo noi promuoverlo artificjalmente? Assalire l'avversario, provocario ,i tenzo1pe? Non dovevamo deplorare quei morti, deprecare quei «patimenti», ma anzi organizzare un patimento più grande, preparare il grosso olocausto, l'ecatombe espiatoria, il ,saérifizio d'Isacco .propiziatorio alle fortune del _proletariato italiano? Quando, oon spensierata baldanza e più spesso con vera inooscienza del pericofo a cui si espone– vano, le folle si facevano massacrare senza un co– strutto al mondo (il .nostr-o Morgari fece, nel 1908, sull'Avanti!, in una serie di articoli pieni di verità crude e coraggiose, un'analisi sottile del fenomeno) e lasciavano i loro morti per le piazze, a noi parevil (avevam9 torto?) che «soffrissero» anche troppo, perchè soffre sempre troppo chi soffre senza scopo . nè frutto. O si doveva invece interpretare quei loro impulsi come un istint,o sapiente, un bisogno di misurarsi col nemico, un esercizio di scaramucce per una bat– taglia campale; e si .doveva convogliare le forze, dare organismo consapevole a quegli impulsi vaghi, poten• ziare le volontà, e preparare la « giornata storica», perchè, siccome gli altri proletariati -l'avevano avuta, anche il proletariato italiano avesse la sua? È una tesi come un'altra: oome quella, all'incirc::1, dell'organi.:zare nel 1900 la Riforma protestante, che mancò a noi nel 1500. Chi dirigeva l'Avanti! nel 1913 (per esempio) al seguito di una catena di eccidii culminati in ~uello crudelissimo di Rocca Gorga, dove restò morto un bambino no~ esitò a far sboccare una serie di ar- , ticoli contro gli eccidii, in una conclusione di attacco a fondo, per promuovere un eccidio su vasta scala, una batlaglia che fosse decisiva, e desse anche ai

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