Critica Sociale - XXXV - n. 20 - 16-31 ottobre 1925

.~ ~--'------- ---'--'--_çRJJI_ç A_ SqçlALE_· ____________ --,---26_· 1 Oggi l'Halia fa meglio che non leggere Voltai– re ( 26). Oggi l'Italia lavora alacremente a rico– struire il mondo, che Voltaire minò indefessamen– te in. circa settant'anni di lavoro; o, per dir me– glio, disseppellisce cadaveri. . . . . . . . . . . . . . Con quanto entusiasmo una parte della sua gio– ,·cntù si addestra a rifare, o Voltaire, quello' che tu ayevi disfatto! « Yoilà 11ourtai1f ton· oPiwre,-Aronet,- voilà l'homme– Tel q11e tu l'as voulu. -'- C'esl dans ce.siècle-ci, C'psf hi<'r.seulemenl qu'on peut mourir aiiisi ». No, gli italiani non' Yogliono morire (( ainsi )). Essi vogliono morire col :rvf.edio-Evo ·che li illumini e li benedica. · . . . . . « Écrasons l'infame » •. Qual'è? E vero, vieil A.roùet, l' « Infame » non è semplicemente la Chiesa di Roma, non è la Società feudale-, non è soltanto l'intolleranza e il fanatismo clt-ricale.. L'«lnfame» è tutto ciò che asservisce un uomo ad un altro uomo in nome di un'astrazione (d:1o,pati;ia, umanità, e'tc.) dìetro cui si nasconde un interesse umano; tutto ciò che sacrifica una persona ed un individuo _capace della sua libertà ed atto a rnanifestarl~, ad un altro individuo, ad- un'altra classe, ad un'astra– zione e ad un idolo grammaticale. « Vieil Arouet », non è punto vero che tu abbia demolito abba– stanza. _La prova è il mio Paese, questa patria che è la sostanza ste,ssa dclla mia vita morale, e che io amo, come tu amasti la tua. Tu· devi ri– tornare~ noi. - Non ci ritorni certo in questa mia operetta, che è un omaggio ed è un invito a farti meglio onorare, da chi ne abbia la forza ed abbia il. sentimento della tua forza; che pretende solo dimostrare che ·tu non sei punto morto, e chi n,ol Yivere deve ritornar a te, al tuo secolo alla filosofia che tu cerlo non inventasti ma che-'pro- .cl amasti con uno stile che sfida i s~coli. - Que– st~ filosofia è vita ed ·è forza. Guai ai popoli che non l'~anno aYula 1 che non la sanno compren– dere e che se ne sdegnano ! ARTURO LABRIOLA. parlisce e le s~bisce,. e nella copia delle- scuole farraginose e della pr~duz~-O!le efunera da~no -argomen~o di paura, non pure _per . 1~ d1~etto ~ la nullità del pens'lrero, ma per :la negaz10ne d ogni pensiero ». G. Carducci, ça Ira nelle Prose ]!107, p. 1033. ' ' (26) • t incredibile quanto poco sien lette e note appo n·oi le opere del vecch1-0 Arouet ». Viltorio Imbriani . Volteriana· in Studi letterari e bizzarl'ie satiriche, Bari 1'907 p. 395'. - Credo che l'ultimo «lettore» di \'oltaire fu 'Guerr~zzi. Il frazionamento deUe aziende agrarie 1. 0 - NPl ginepraio delle cifre statistiche. Per seguire nel tempo e nello spazio la formazione delle piccole aziende agrarie ·e le variazioni che si sono create e si vanno creando nella proprietà terriera - ' se cioè vi sia tendenza verso l'accentramento o verso · il fraiionamento - la prima idea è di ricorrere alle cifre della statrstica. Dobbiamo subito dichiarare che cljsgraziatamente, la ~talistica non ci dà ancora elementi sufficienti per un giudizio clel'initivo: chi non ha vo– glia di stfracchiare dei numeri per farlÌ servire a tesi preconcette farà bene ad attendere, dati più esatti e più completi. Le cifre che abbiamo rivelano, a primo colpo d'oc• chio, insufficienze; almeno dal punto di vista della no– stra rice1'.ca, che subito le svalutano. Prima di tutto bisogna preoccuparsi dei ·metodi con cui le cifre furono raccolte e oompifate: i servizì sta:- BibliotecaGino Bianco tistici non funzionano dappertutto con uguali meto– di e con uguale cura. Poi si presenta la q:!:lesUone del limite fra- la piccola e la media azienda: a che numero di ettari cessa l'una e. comincia• l'altra? E come· l'una e l'altra possono e,ssere definite? Da :pe Gasparin in poi la teoria ri• sponde al quesito in questi termini: è piccola azienda– quella sulla quale basta una famiglìa di coltiva_tori per eseguire tutti o quasi tutti i lavori (ben inteso che essa deve soddisfare, direttamente o indirettamrnle:-, i bisogni di quella _famiglia); ed è media a:iencla c1uella sulla quale la famiglia del coltivalore ha nor– malmente bisogno di un sussidio cli mano d'opera. Ma chi-vl!1ole esami11are a fondo il formai-si, il funzio– nare e l'evo-lversi dell'azienda, si trova davanti due gravi difficoltà. •In p1imo luogo: la quantità cli lavoro per ettaro varia da Paese a Paese, da zo,na a zona, e sposta per conseguenza il limite fra la· piccola e la media azienda: in certi pmiti della vallata del Po, un'azienda di 10 etta'l'i è già nella categoria delle aziende medie; in cer.te altre zoBe d'Italia, 10 ettari sono insufficienti alla çapacità lavoraliva e ai biso_gni di una famiglia di coltivatori. Se poi guardiamo all'-estero, trovfamo Paesi, come l'Argenlina, dove si arriva a considerare ancora famigliare un'azienda di oltre 100 ettari. In secondo luogo: mentre, zona per zona, si può .alla meglio stabilire un limite massimo per, ]a piccola azienda, un limite minimo non esiste neanche: si può dire che si va da zero in su (1). (\'i sono piccolo aziende agrarie insufficienti ai bisogni -della famiglia del. coltivatore, -Che procurano a questa un recldilQ complementar~ in quanto una p.arté della l'amigJJa o emigra per procurarsi il supplemento necessario ·ali/\ vita o trova permanenty impiego nelle campagne· o nelle industrie della località). In Italia le statistiche (2) fissano un nu1nero cli circa 4 milioni cli proprietà aven- . ti un'estensione fino a 2 ettari. Ma, ·fra quei 4 _milioni di aziende, che profonde distinzioni bisognerebbe fa– re!· Ve ne sòno ch_e danno un reddito complamentare– a coltivatori, i quali sono più salariati che coltivatori · sul proprio; e ve ne sono che, per il grado estrema– mente elevato dei sistemi collurali (gli orti e i fruiteli, per esempio) bastano ad una famiglia, ed :rnché l'airricchiscono; . · Quando poi si tratta di trarre una norma dalle cifre statistiche relative al movimento delta pr,oprietà, non si può non essere assaliti da qualche dubbio molto serio. Le cifre eh~ si hanno si riferiscono più spesso al territorio cli interi Stati, •ò a regioni· amministrative dove le condizioni agricole· e sociali possono essere 4iverse e imprimere al movimento della proprietà mo• vimenti di vario genere: quà la grande azienda fra– .zionandosi, può far luogo preferibilmente ad azlende di ampiezza media, là ad· aziende piccole, ed altrove ad aziend~ piccoliss'ime; quà l'ulterirore frazionamento avviene a spèse delle grandi aziende, là invece avviene preferibilmente a- spese delle aziende aià p:ccole creando il fenomeno della polverizzaziou~ ,che· tanl~ giustamente ,preoccupa tecnici agrari, giuristi t organi legislativi: E quando si sa che il frazionamento ayvienc a spese delle grandi aziende, resta ancora da oonoscere Ja natura di .queste: sono esse unilà produttive soggetle a sistemi cli produzione estensivi, non industriali o sono ,unità produt live organizzale inclustrialmenie '.! Tutto questo serve a d;mostrare che, a:lo stato altuale delle cose, la statistica non è sufficiente a darci un'idea esatta e completa del movimenlo e dei caratteri della proprietà terriera. Coloro che, per incarico del Con• gresso di Marsiglia, dovranno fornire documenti sul– la situazione della proprielà nei diversi Paesi faranno . - . ' . (1) !n Liguria ch,i scrive assistette ad un'asta per la \'en– d1ta d1 un appezzamento di terreno in monlaana che costava (anno 1908) 8 lire/ "' (_2)_Vedasi. in P_er la Piccola p}oprielà rurale e montana (i\h-!"1slero d1 agricoltura; 1922) la Relazione del Dr. Vigo, rell1, a pag. 47,

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