Critica Sociale - XXXV - n. 17 - 1-15 settembre 1925

.f' 224 CRITICA SOCIALE che osi pensare alla possibilità, per qualsiasi evento, di strappare ai ·piccoli coltivatori quella terra che non .rappresenta per essi se non lo strumento faticoso del loro lavoro. E allora, se essa non sparisce da sè, e se poi non osiam pensare a distruggerla, bisognerà pure che noi pensiamo come possa conciliarsi la sua persistenza. con le previsioni della nostra. dottrina ~ le finalità del nostro movimento. Non credo di errare pensando che la soluzione balza fuori dalle stesse premesse marxistiche. Il marxismo non afferma già, come scrive il Kautsky, che la grande azicnd:t sia in ogni caso superi.ore alla piccola azienda. Esso afferma quesla superiorità a pro– posito èlçi capitali, la cui concen~razione non è neces– sario che avvenga nelle mani di pochi. Può avvenire - come n•elle società anonime indu.striali - coll'u– nione di capitali anche modesti ai fini ·di una' piìt economica ,organizzazione dell'impresa. Orbene, l'organizzaziohe cooperativa dei piccoli col– tivatori viene a realizzare J.ò stesso processo economico anche in agricoltura. Se adunque l'industrializzaz~one della produzione agricola - premessa necessaria alla socializzazione della terra - non può aversi attraverso la. grande azienda, nulla vieta che possa avvenire sulla base del– l'unione dei coltivatori interessati ad una più econo– mica produzione. Quando _la cooperazione di questi piccoli coltiva– tori sarà riuscita ad organizzare, secondo l'interesse dei suoi associati, l'acquisto collettivo delle materie prime e la vendita dei prodotti, la lavorazione in coµiune di questi suoi prodotti e l'uso collettivo delle macchine·, a organizzare l'acquisto e l'affitto del podere a detri– mento della rendita fondiaria, il credito e la difesa contro gli eccessi del fisco, la produzione delle se– menti selezionate e delle razze bovine miglioratrici, la 1 lotta contro i dazi ipterni e i dazì doganali, l'istruzione professionale e la direzione tecnica, non solo essa avra eliminate dal suo, s.eno tutte o quasi le lamentate de– ficenze, riuscendo ad ottenere una produzione più eco– nomica che porterà direttamente sul mercato: arrivata– a questo punt~, nessuno oserà pensare che l 'organiz.za– zione dei piccoli coltivatori non sia assai più vicina alla socializzazione della terra di quel che non.s;a la grande impresa a salariati. Alla quale socia)izzazione essa si sarà accostata· col concorso di un esercito di lavoratori i quali già co– noscono gl'ingranaggi della produzione, e i cui egoismi individuali avranno finito per identifica~si con l'inte– resse della categoria e, in ultimo, con l'interesse della collettività. Nella Rt\ssia soviettista le aziende collettive più so– lide non sono quelle costituite dai contadini poveri, ma· quelle formate da quei contadini agiati. che possono identificarsi coi nostri piccoli coltivatori. · La cooperazione dei piccoli coltivatori è stata tra- "· scurata in Italia, dove 1 il bracciantato - la nostra scia– gura demografica - coi suoi ptoblemi tormentosi ha servito qualche volta come ostacolo a'l progressivo svi– luppo della vita dei campi, facendoci dimenticare che vi era anche un problema dei piccoli coltivatori che è in gran parte, e va diventando sempre più, il problema stesso della nostra agricoltùrd. Ma la colpa non è soltanto del bracciantato! A. que– sto risultato siamo pervenuti anche a motivo di quei dogmi che abbiamo in principio indicati e pei quali·, mentre attendevamo la sparizione inesorabile della pic– ~ola impresa. agricola, _la quale invece si andava dif- · fondendo, prevedevamo la socializzazione della terra BibliotecaGino Bianco come il prodotto esclusivo d_el dilatarsi ~lella grande impresa industrializzata, la quale inveèe va dissolven- dosi sotto i nostri occhi.. BIAGIO Rrnuzz1. POSTILLA Come abbiamo avvertito in principio,_ lo scritto del fiiguzzi, frutto di esperienza personale accop– piata ad una spregiudicata e appassionata ricerca della verità, ci lascia tuttavia qualche dubbio, che qui accenniamo in forma sommaria. · 1) Che la grande azienda abbia, sul totale del reddito lordo, una percentuale di spcsé per mano d'opera Sl,lperiore alla piccola azienda possiamo ammettere, se anche il R. non conforta con suf– ficienti dati la sua affermazione. Ma bisognereb– be vèdere quale sia il prodotto Zc/rdo per· unità di superficie Rella grande e nella piccola azienda, essendo evidente che, se il prodotto lordo è, nella prima, notevolmente superiore (come è proba– bile) che nella seconda, può avvenire che, anche se si debba. togliere da quel prodotto lordo una percentuale di spese assai più elevata, ne resti tuttavia un prodotto netto anch'esso superiore nella grande che ne/la piccola azienda: sicchè quella rappresenterebbe, in confronto di questa, una maggiore utilità sociale per il più elevato prodotto lordo e una maggiore utilità indivi_duale per il più elevato prodotto netto. 2) Per questa fagione non· ci sembra che ab– bia molta importanza. la facilità con cui il R. riesce a superare l'obiezione che il piccolo colti– vatore si -comporti in modo antieconomico~ in quanto [o. stesso prodotto gli costa una maggior somma di lavoro. Sta bene che questa circo– stanza non ab'()ia grande importanza per il pic– colo coltivatore; c'he non tiene a far nessun ri– sparmio del suo lavoro; ma si tratta di vedere se questo sistema non venga, ad un certo momento, ad urtare contro esigenze impre.scindibili di vita soçiale, che impongono un incremento della pro– étuzione lorda per provvedere a. crescenti bisogni, la cui trascuranza condurrebbe a pericolo di _pa– ralisi o di crisi violenta. 3) E verissimo che l'accusa di esser mossa da un intento ·egoistico non si può muovere alla sola piccola azienda agraria, perchè quell'impulso è legge generale del mondo capitalistico. Ma ci sono organismi che .hanno la capacità, nel soddi– sfare al loro egQ1'smoJ di provvedere all'interesse sociale in grado infinUamente superiore ad altr{; e sono quelli che hanno. in. sè una virtù progres– siva.'e magg{ore probabilità di sepravvivere e di espandersi. Ora ·siamo d'.accordo che la grande azienda agraria, guidata da capitalisti, mira an– ch'essa più all'altezza del profitto che a quella del prodotto lordo; ma si tratta appunto di ve– dere se, aspirandò alla prima, non ci arrivi at– tra'!erso il conseguimento della seconda: il che appunto segnerebbe la sua superiorità sulla pie-· • cola azienda, indipendentemente dalla presenza o assenza· di impulsi morali nella loro condotta. . Poniamo questi quesiti· in forma astratta; solo per fissare i punti della questione che vanno ap– profonditi; ma riteniamo che soltanto una co~ piosa raccolta di esperienze, di dati, di cifre possa permetterci di risolvere il problema. · LA CRITICA SOCIALE. Rigamonti Giuseppe - Djrettore responsabile OH. Tip. EIIRICO LIZZARI a [. - MILAHO (24) Via larbavara, 2 - lei.38-124

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