Critica Sociale - anno XXIV - n. 7 - 1-15 aprile 1924

104 CRIITITOA"J SO.CM .!.® slavia il Porto Baross, specializzato per la esporta– zione dei legnami, ma si è concesso per 50 anni al Regno degli S. H. S. il pieno diritto d'uso, con perso– nale proprio, ciel maggior bacino del porto, con tut– ti i magazzini e tutte le istallazioni fisse e coi rac– cordi ferroviarii con la stazione principale, che si trova immediatamente alle spalle di quel bacino e che è trasformata in stazione internazionale. Sembra dunque inevitabile che, almeno in un prL mo tempo, tutto il commercio marittimo della Jugo. slavia per la_via di Fiume debba limitarsi al :porto Baross ed al bacino Thaon di Revel, e che non solo la città italiana, con le sue case di spedizione, con le sue industrie, coi suoi lavoratori del porto, ne debba essere tagliata fuori, ma che il Governo ita_ liano non possa avere al~ui;i. mezzo per attirare nei bacini rimasti effettivamente italiani, un movL mento maggiore. Ma quando si sia riconosciuto che, per quanto almeno riguarda il commercio col suo retroterra immediato, il Porto di Fiume non solo non diventa un porto italiano, ma che esso è de– stinato ad essere effettivamente un porto jugoslavo, resta tuttavia da vedere quali possano risultare, do– po l'ultimo accord0, i rapp@rti tra esso ed il porto di Trieste. Fino al 1914 i progressi di Fiume, giunta assai in ritardo nella gara per il commercio Adriatico, e_ rano stati paralleli a quelli di Trieste, e spesso an– che più rapidi. Tra il 1848 ed il 1913 il movimento delle merci caricate e scaricate n.el porto di Fiume era salito da 550.000 a 2.107.000 tonnellate, mentre quello di Trieste era cresciuto nello stesso periodo da 1 milione circa a 3.450.000 tonnellate. La completa separazione fra i due. Stati della Du– plice Monarchia, come ha reso possibile il rapido sviluppo di .Fiume, aduggiata finora dalla fortuna di Trieste, così ha permesso una netta separazione dei loro retroterra, fra i quali invece le distanze geo– grafiche e ferroviarie non sarebb·ero state sufficienti a fissare un limite ben definito. Nel 1913 1'86,50 per cento delle merci arrivate a Trieste per ferrovia provenivano dalle provincie del- 1 'Austria, mentre quelle di provenienza ungherese non rappresentavano che il 7 % scarso, e la Germa– nia, su c1:1i tanto si sperava, non vi contribuiva che col 3,54 %. Un po' diversa era la proporzione per le spedizioni ferroviarie da Trieste per l'interno; ma anche in queste le provincie austriache, col 72,13 %, avevano un enorme predominio, mentre l'Ungher.ia non vi partecipava che con 1'11 % e la Germania col 10 %. L'inverso avviene per Fiume: su 1.330.000 tonnel– late di merci arrivate nel 1913 per ferrovia, 1.064.000 (1'80 per cento) provengono dall'Ungheria e soltanto 214.000 (17 per cento) dall'Austria. Su 640.000 tonn. di mer~i spedite p.ello stesso anno per ferrovia, 515,000 (1'80 per cento) furono avviate in Ungheria, e solo 97.000 (il 15 per cento) in Austria. Mentre -le statistiche triestine ci permettono di determinare la partecipazione delle diverse provin– cie al traffico portuale (Carniola 12,46 per cento, Au– stria-Inferiore 11,07, Litorale 9,68, Moravia 8,68 Boe– mia 7,87, Carinzia 6,46), le statistiche fiumane non distinguono affatto i varii paesi dell'Ungheria· da cui arrivano od a cui son destinate le merci. Sol– tanto per le merci destinate all'esportazione e son l'elemento più' importante del traffico port~ale, si può approssimativamente dedurre la provenienza dalla qualità. Fra esse le voci più importanti sono: zucchero tonn. 390.000; legname e cellulosa tonnel- late 307.000; cereali 150.000. · Le fabbriche di zucchero, raggruppate nel m1:1,ggior numero intorno a Budapest, erano sparse un po' dappertutto, sicchè oggi esse sono ripartite fra Un– gheria, Rumenia, Ceco-Slovacchia ed Jugoslavia, con prevalenza della prima. Il legname e la ·cellu_losa erano esportati in mas- BibliotecaGino Bianco sima parte dalla Transilvania, diventata ora rume– na, e dalla Croazia e Slavonia; i cereali da tutta·la pianura ungherese. Di un tale movimento di esportazione è assai dif– ficile che quello .dello zucchero riprenda presto, nelle antiche proporzioni, la via di Fiume, sia perchè la p:çoduzione divisa e disorganizzata dev?essere enor– memente diminuita, sia perchè nei mercati d'Orien_ te, a cui nell'anteguerra quel prodotto si indi.rizzava di preferenza, esso dovrebbe ora sostenere la rinno– vata e difficile concorrenza dello zucchero di canna. Cosi pure è assai difficile che scelga quella strada i-1 legname della Transilvania, dato che la Rumenia avrà tutt0 l'interesse e tutti i mezzi per avviarlo ai porti danubiani. La diminuzione inevitabile di queste, che erano le ·due massime esportazioni fiumane, potrà essere però compensata dall'ampliamento del retroterra jugoslavo o dalla maggiore importanza 1 che per esso potrà acquistare il porto di Fiume. Bisogna infatti •tener presente che oltre ai vecchi paesi jugoslavi della corona di $. Stefano (Croazia, Slavonia, Backa e Banato se.rbo) entreranno ora, secondo ogni pro– babilità, a far parte del retroterra di Fiume, ·per· evi– denti ragfoni geografiche e politiche, tutta la Ser_. bia -settentrionale e tutta la Slovenia (Carniola, e distretti sloveni della Stiria e della Carinzia). , D'altra parte si deve anche tener conto del fatto che del commercio esterno della vecchia Ungheria appena una ottava pa1·te (in valore) si effettuava attraverso Fiume, mentre i tre quarti si compivano con l'Austria: Oggi( per quelle regioni almeno del– l'Ungheria che sono diventate jugoslave) le ·ragioni di quella preferenza, derivante allora dalla .conti-· guità, dalla comodità della via danuhiana e, sopra– tutto, da una vera e propria divisione del lavoro che si era determinata tra le parti della Monarchia, sono. quasi totalmente scomparse. Come è già ,avve_ liuto in questi ultimi anni, la Jugoslavia si rivolge– rà, non solo all'Austria e allà Germania, ma anche, e forse di preferenza, all'Italia, alla· Francia, alla \nghilterra, agli Stati Uniti per i rifornimenti di carbone, di concimi, di tessuti e ai altri manufatti, e pagherà queste mportazioni coll'intensificare le sue esportazioni di cereali, di legname, di frutta, di , prodotti animali.' E' dunque del tutto verosimile che il movimento del porto di Fiume; in quanto esso diventa effettiva– mente, in forza dell'ultimo trattato, un porto jugo– . slavo, sia destinato in un prossimo avvenire a non restare moJ.to al disotto del livello che esso a,veva raggiunto sotto il regime ungherese. Ci sembra invece assai dubbia la sorte riservata a quella parte del porto che resta sotto l'Amministra– zione italiana e che è più direttamente legata alla vita della città. ;Nonostante infatti gli- sforzi apolo- . , getici-_dei nostri nazionallisti, che per due anni, a scopo puramente politico, hanno magnificato le pos- · sibilità di scambi molto intensi tra l'Italia e la pic– cola Ungheria, noi riteniamo che fatalmente·il com– mercio ungherese, non molto intenso, dovrà ripren– dere, come in gran parte ha ripreso, l'antica via da– nubiana, e che Vienna e Budapest ritorneranno ad essere necessariamente i due fattori· complementari di una stessa unità economica. Ma se anche una parte assai modesta del commercio ungherese doves– se cercare nuovamente fa via di Fiume, non si deve dimenticare che quella via passa sul territorio jugo– slavo, e che perciò quella ripresa Je sarà possibile soltanto in seguito ad una intesa colla Jugoslavia, e questa vorrà valersi della propria situazione van– taggiosa, non a favore del-l'Italia, ma del proprio movimento portuale. Esclusa poi la possibilità che Fiunie possa ser~ vire al commercio della Transilvania e delle provin– cie slovacche dell'antica Ungheria,, al porto italia– no non resterà che il rifornim,ento della città e delle

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