Critica Sociale - anno XXXIII - n. 5 - 1-15 marzo 1923

.,, 70 CRITICA SOCIALE ________ _.;.... __ _ Le riforme alle imposte sulle successioni e s~i redditi àgrari Due que5tioni finanziarie. sono og·gP.tto rli notevoli discus,:ioni P presentano aspetti non del tutto comuni da esaminare: la rifornta riel!'imposta successoria e la tassazione dei redditi agrarii guadagnati dai pro– prietarii coU,ivatori dei proprii fondi. Vediamo, senza preconcetti, i fatti e cerchiamo di risolvere le difficoltù nell'intere;:;se dell'erario, riel l'economia nazionale e della giustizia trihutaria Le imposte di successione dopo la. riforma Giolitti. ll notaio Guasti di Milano ha avuto il merito di compilare una pubblicazione. che è arrivata in pochi mesi alla qninta edizione e che, con ,framm~nti di 88 tra leggi e decreti,· è riuscita a far conoscere• quale è veramente l'altezza delle unposte, eh.-,possono colpire una successione e che erano in realtà ignote allo stesso legislatore. Poichè, oltre alle aliquote· tissatè neJla legge GiolHti 21 settembre 1920 e cbe vanno-dal- 1'1 al 27 per cento nelle successioni fra genitorl e figli e dal 18 al 75 per_cento in quelle fra parenti oltre · il quarto grado o fra estranei, sono da contare le addizionali -portate al 20 . per cento a .favore dei . mutilati, le tasse del 0,75 per cento per trascri– zione ipotecaria e la tassa comp!em~mtare varia– bile dal 6 al 12 per cento del valore devoluto, quando chi eredita oltre 200 mila lire ha un patrimoni0, prn– prio superiore i·ispettivamente a L. 200.000 o a L. 600 mila. ln quest'ultimo caso, l'aliquota massima per gli estranei sal_e al 102 per cento e, quando l'eredità consista in immobili, raggiunge, per effetto della tra– scrizione ipotecaria, la cifra, che può far ridere o indignare, secondo l'umore che si ha, di 102,7G per cento. Nel H!20, a proposito delle aliq1Jote proposte dal– l'on. Giolitti, osservavo che esse, forse le più alto di tutto il mondo, facevano molta impressione. non solo per il principio soèiàle che esprimPvano, ma' fl.nchf; per la grande frode fiscale cui dovevano d_ar luo_go,·. con grande danuo per l'Erario e .per la giustizia tri– butaria (1). Il principio, in realtà, nella mente del– l'on. Giolitti, più che sociale, ~ra politico o, meglio ancora, di politica interna, per risolvere la ·situazio– ne del momento. Ma in molti era l'illusione che co– teste impo8te, spinte a tali eccezionali altezze, potes– ser0 risolvere la questione sociale, modificare l'attua– le distribuzione della ricchezza. La verità, appa.rsa finora agli studiosi più sicuri delle esperienze finan- · ziarie contemporanee e del passato, è che le imposte non possono servire che a scopi fisc,ili. ed entrc i limiti di questa loro funzione - limiti soggetti a: vincoli tecnid insormontabili - possono attuare i criterii· politici della giustizia tributaria, che nell'e– poca attuale portano a preleva.menti progressivi in 'misura dell'arricchimento conseguito dal contri: buente. · La f·rode fisr.ale fu grande. Mentre dalla ·riforma si attendeva, alla Camera é al Senato, 1m maggior gettit.:> di almeno 300 milioni, il provento 'dell' im– posta, dal 1920-21 al 1921-22, primo esercizio di. ap– plicazione delle nuove aliquote, sali da 181 miJ.:ioni a 219 e_, nel primo semestre del corrente esercizio 1922-23, è stato rli rno,4 milioni. Volendo ùa're uno sguardo al periodo dal ·1913-14 al 1921-22, il gettito, è passato da 50 a 219 milioni, mentre·le aliquote delle imposte furono, in complesso, almeno quadruplicate (.1) Cfr. a pa,g. ;38 del volùmetto di Lezioni alla • Società· Umaniitaria »: Imposte e prestiti• e .gli interes,,i .d,elle claui la- -•~ . - BibliotecaGino Bianco e il valore della ricchezza privata è passato con– temporanea.mente da 110 miliardi a non meno di 4~0. Dunque, per l'anrnento delle aliquote e del valore della .ricchezza: i\ rendimento dell'imposta· cloveva spingersi da 50 a 800 milioni : inve_ce non_ ar_rivò che a 219 milioni. La differema in meno da l'idea. di quanto la frode è cresc.iùta (cr~sciuta, in confron– to a quella già famosa prima della g9erra) sopra– tutto i:er conseguenza delle aliquote eccessivamente inasprite, mentre si sviluppava la proprietà mobi– liare, e per l'aumento dei debiti degli Stati e per la' costituzione di .Soci<',tà, in parte reali, in parte fittizie, sorte, cioè, solo allo scopo di sottrarre il tra– passo della proprietà degli immobili al controllo del Fisco. La riforma dell'imposta successoria. Abbandonando ogni velleità di -volere ciò che non si può ottenere, e cioè la riforma sociale attraverso l'imposta di successione, il problema, nella sua sem– plicità e gravità a un tempo, sta nel combattere l'e– vasione, far rendere all'imposta tutto quelld che può darr senz'il.ingiustizie per i contribuenti e senza dan– ni per la economia nazionale. .Quanto può dare? Se la ricchezza privata in Italia può valntar~i con tutta prudenza a ,:1,00 miliardi, sono 11 miliardi all'anno· che cambiano di proprietario per causa di moTte. Un'imposta media del 10 pe:i:cen– to, che è sopportabile e rappresenta, a mio vedere, una giusta· misura (tenete conto che la maggior par– te della ricchezza scende in linea. retta), dovrebbe rendere all'anno 1100 milioni. Ritenete. pure impos– sibile imp·edire qualsiasi frode e ponete come òppor– tuno acc0rdare pii) larghe esenzioni di quanto oggi siano concesse: per questi motivi un quarto della ricchezza si sottragga all'accertamento. Si dovrebbe- . ro pur sempre incassare 750 milioni all'anno, invece dei 250 attuali. Il programma della nostra finanza dovrebbe essere di procurarsi questo mezzo miliar<lo di maggiori en– trate nel più breve tempo possibile, se.nza procurare molestia all'economia nazionale. Ma· come fare? Si sente la necessità assoluta. di ,di– minuire .le aliquote, sia per non dar esca alle frodi,· sia -per non schiacciare sotto un peso troppo grave e ingiusto i contribuenti che non -vogliono o non pos– sono sfuggire al Fisco, Ma l'abitudine all'occultamen– to della ricchezza è tanto inveterata, che, si teme giustamimte - che; colla. diminuzione delle.· alfquote, abbia, a scemare anche il gettito· già scarso del tri– buto. Si sono pro~pettate due soluzioni: aboliTe ]'impo– sta. successoria sui valori mobiliari e sostituirvi una tassa annua del 5 per cento sui loro frutti; oppure cambiare il processo d'accertamento del tributo. La tassa s·urrogatorìa del 5- per èento Questa dovrebbe sostituire quella, che ora vige,. <lel 15 per centò sui· titoli al portatore, fatta ecce– ·zione per que}Ji di Stato, e colp_ire tutti quanti i va– lori mobiliari, al portatore _o nominativi, pubblici o privati, e i depositi a risparmio. Ne dovrebbe an– dare esente la s0la props_età mobil iare appartener1- te alla Cass_a Depositi e Prestiti e ' l.gl{ Enti soggetti all'imposta di manoworta. Questo !i per cento do: vreobe 'ifare 175 milioni e portare il gettito dell'im--. posta successoria. a: molto di più di quanto è _ora. Ci sono però queste obbiezioni, .che mi sembràI!C' insormontabili e che dimostrano ]'erroneità del prov- vedimento: , 1). Come ha osservato Einaudi. i titoli pu'6blici ~ono esenti da qualsiasi tributo reale presente e fu– turo. Con~anesta 11senzionelo Stato ha garàntlto che , per nessuna. ragione avrebbe cessato .di pagare 5_

RkJQdWJsaXNoZXIy